11/01/2013
Berlusconi e Santoro nel duello a La7.
Terminato lo show, con nove milioni di telespettatori, cosa resta dell’incontro-scontro tra Silvio Berlusconi e Michele Santoro su La7? Ma, soprattutto, la campagna elettorale di queste elezioni ha ancora dei richiami, dei possibili agganci, con le campagne precedenti? Uno che di elezioni, di campagne elettorali, di partiti in Tv, se ne intende alla grande, è Giorgio Vecchiato, giornalista e scrittore, direttore in passato di giornali come La Gazzetta del popolo per undici anni, vicedirettore de Il Giorno, inviato all’estero e attualmente collaboratore di Famiglia cristiana. Vecchiato è stato uno dei giornalisti più assidui alle molte edizioni di Tribuna politica, quando la presenza dei politici in televisione era, comunque, meno invasiva di oggi.
Vecchiato, il panorama è cambiato totalmente ma sembra che lo spazio per gli approfondimenti sui temi più importanti sia sempre meno…
«Ma, insomma... La politica è diventata spettacolo ma anche lo spettacolo è politica. D’altra parte, non va dimenticato che in Italia la gente è complessivamente diseducata e se si parla di problemi seri di stufa velocemente, s’annoia».
Ha visto Servizio pubblico di ieri sera, con Berlusconi ospite da Santoro?
«Certo, e nove milioni di telespettatori sono un grande successo per la rete che l’ha mandato in onda, più che per Santoro».
Perché?
«Perché la formula “santoriana” si è andata trasformando nel tempo. Dalla piazza è passato agli ospiti come star prevalenti sulla gente. E, per me, dare tre ore di tempo a Silvio Berlusconi è un suicidio, per lo meno dal punto di vista di chi s’è affacciato al televisore domandandosi chi avrebbe vinto il duello».
Quindi, il leader del centrodestra ne esce bene?
«Certo. Le domande erano già state poste in altre occasioni e per mettere in difficoltà Berlusconi bisognava toccare temi - come dire - inconsueti. Stando su argomenti generali o risaputi, la presunta fossa dei leoni diventa per lui un invito a nozze».
Insomma, tutto diverso dai tempi in cui c’era Tribuna elettorale…
«Ovviamente sì, per forza di cose è cambiato un po’ tutto. Però, attenzione: quando sento Santoro e Berlusconi che s’accapigliano con l’accusa di non aver rispettato i patti, vuol dire che dietro le quinte c’è stata una trattativa su come condurre lo show. Ai tempi di Tribuna politica e di Tribuna elettorale non esisteva trattativa di alcun tipo. Nessuno, né da una parte né dall’altra, l’avrebbe accettato. E credo anche che gli stessi telespettatori di ieri sera, se avessero saputo di una trattativa su come impostare quelle tre ore, non avrebbero gradito e non tutti avrebbero guardato Servizio pubblico. Un esempio? Perché Santoro ha fatto vedere quel siparietto di Berlusconi con Angela Merkel costretta ad attenderlo mentre lui era al telefonino, anziché i sorrisi sarcastici della stessa Merkel con Sarkozy? Avrebbero avuto più presa. Ma forse non era nei patti…»
Chissà, magari è proprio così. Ma in passato c’era maggior interesse per la politica, rispetto a oggi?
«In parte, non facciamo un mito del passato. Anche allora si parlava di comunisti che mangiavano i bambini, di fascisti golpisti e c’erano battaglie perfide in ogni partito, anche nella Dc, tra fanfaniani e dorotei, per esempio. Poi, però c’era mamma Dc che tutto aggiustava. Era la Democrazia cristiana il centro del mondo e tutto ruotava intorno a quel partito. Era chiaro per tutti: di qua ci sono i buoni e la libertà. Di là il male. Era molto più semplificato».
Però c’era anche maggior rispetto reciproco, tra politici e giornalisti…
«Sì, ma le “sceneggiate” non mancavano neanche allora. I siparietti tra Romolo Mangione e Palmiro Togliatti sono ricordati ancora adesso. E oggi passano quelli tra Santoro e Berlusconi».
Nel senso che sono due facce della stessa medaglia?
«Certo: uno ha bisogno dell’altro».
Tuttavia, il cosiddetto “berlusconismo culturale” resiste oltre i governi presieduti dal leader del Pdl…
«Assolutamente sì. La prova? Se non c’è rissa televisiva, il pubblico cambia canale. E vale per tutti, non solo per Santoro».
Risse, urla e cadute di stile, non si fanno mancare niente i politici di oggi. E Monti?
«Per me ha sbagliato a candidarsi. Era “super partes”, ora non lo è più e il centro, così, rischia di diventare gregario della sinistra. E poi nessuno parla più di Beppe Grillo. Si fanno conti e percentuali su sinistra, Monti e destra, senza tenere in considerazione che sarà Grillo a condizionare e a poter destabilizzare tutto».
Insomma, il quadro non sarebbe dei migliori…
«No, purtroppo non lo è».
Manuel Gandin