15/10/2010
Michele Santoro durante l'ultima puntata di Annozero.
Sembra, di nuovo, il caso Santoro. Invece è, di nuovo, il caso Rai. Di qua il caso di un conduttore che usa la rete pubblica a propria discrezione, forte non del sostegno aziendale ma di una sentenza del magistrato (e, beninteso, dell’audience: che però, quando lo scontro è politico, conta poco o nulla). Di là il caso di un direttore generale che le prova tutte per liberarsi dell’incomodo, senza riuscirci e dando anzi l’immagine della mosca presa nella ragnatela.
A subire danno e beffe non è infatti il dipendente Michele Santoro. E’ il padrone Mauro Masi, che sembra aver capito assai poco dell’azienda che dirige e dell’ambiente che la circonda.
Masi per esempio non ha capito che gli influenti nomi della destra invitati da Santoro, ultimo esempio Formigoni e Santanché, non lo appoggeranno mai contro una rubrica a grandi ascolti come “Annozero”, dalla quale ricavano un surplus di popolarità. Costoro hanno pure, rispetto a Berlusconi che palesemente tira i fili a Masi, un alibi di ferro. Come dice appunto la Santanchè, «più Santoro va in onda e più voti prendiamo noi». Verissimo, solo il burattinaio Berlusconi sembra non rendersene conto.
Chi segue Santoro da sinistra si sente rafforzato nelle proprie opinioni. Chi sta a destra non solo non cambia idea ma apparenta l’intera sinistra a un furbacchione che fa il rivoluzionario con il permesso dei carabinieri, un libertario che canta Gaber e “Bella ciao” come se non provenisse dai gruppuscoli più illiberali, un martire con lo stipendio, e quale stipendio..., che continua a correre. Uno che voleva uscirne con una ricchissima buonuscita ed è ancora là, grazie all’incompetenza degli avversari.
Il tutto in una Rai dove non si vede più né capo né coda, dove non si sa né comandare né ubbidire.
Ultima annotazione. Nemmeno la sinistra dovrebbe sentirsi molto appagata da questo caos. A parte le sue colpe passate nella gestione Rai, c’è il rischio che le lettere agli utenti chieste da Santoro finiscano con l’avere più peso del “porta a porta” annunciato, e per ora procrastinato, dal leader democratico Bersani. Un altro, e non l’ultimo, che tarda a capire il rapporto fra politica e Tv.
Giorgio Vecchiato