06/07/2012
Don Antonio Mazzi.
«È ora di smetterla di prendere in giro i giovani e diffondere messaggi che costituiscono una vera e propria cultura contro la vita. Io, se mi passa il termine, la chiamo “anticultura”». Non usa mezzi termini don Antonio Mazzi, fondatore della comunità Exodus, nel rispondere allo scrittore Roberto Saviano che sul settimanale L'Espresso ha proposto di legalizzare le droghe leggere per sottrarne il controllo alla mafia e alle organizzazioni di narcotrafficanti.
Don Mazzi è da anni che si occupa del recupero dei giovani finiti nel tunnel della droga. Perché non è d'accordo con Saviano?
«Non esiste nessuna distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Trovo davvero assurdo che ancora oggi, su questo tema, si ragioni esattamente come trent'anni fa. Persino l'Olanda, che è stato tra i Paesi pionieri, ha capito che la via della legalizzazione, partendo da questo presupposto della distinzione, è una strada senza ritorno e si è giustamente fermata».
C'è un ripensamento generale, quindi?
«Sì, l'Europa intera sta cambiando orientamento. Quando un giovane cerca lo sballo in modo indiscriminato, una droga vale l'altra. Queste proposte, in realtà, servono a sviare dalla vera posta in gioco della vicenda».
Qual è?
«La rinuncia ad educare. Dobbiamo deciderci e in fretta. Qui il problema è se vogliamo educare i nostri ragazzi, facendogli capire che la vita non è un capriccio e non va sprecata, oppure no. Il resto è discussione sterile. Anche Stefano Boeri (assessore alla Cultura del comune di Milano, ndr) qualche giorno fa ha proposto la liberalizzazione della cannabis. È un messaggio negativo e irresponsabile, soprattutto perché arriva da un politico».
Antonio Sanfrancesco