13/11/2012
Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo.
Ora che i termini per la presentazione delle domande per il concorso della scuola sono scaduti, è possibile analizzare nel dettaglio la situazione. Che evidenzia tutta una serie di problematiche. Partiamo dai numeri: 321.210 domande per 11.542 posti. Il calcolo è subito fatto: 1 posto per ogni 28 candidati. Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Giorgio Rembado, ha parlato di un “terno al lotto”. In realtà, nella Pubblica amministrazione questi sono i numeri dei concorsi, anzi spesso i posti disponibili per il totale dei candidati sono ancora più esigui. Certo è che non sarà facile per il Ministero dell’Istruzione gestire efficacemente macchina concorsuale con queste cifre. Almeno se si vuole fare il lavoro in maniera attenta e scrupolosa.
Dove sono i giovani? Proviamo a guardare l’età dei candidati. L’età media di chi ha fatto domanda è di 38 anni per le donne e di 40 per gli uomini. Viene da chiedersi dove siano quei giovani di cui parlava trionfalmente il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo l’estate scorsa, al momento di annunciare il bando imminente. Da subito, avevamo notato che i criteri di accesso molto restrittivi avrebbero escluso dalla partecipazione i neo-laureati. È vero, in una società in cui la durata media della vita avanza e le tappe fondamentali (matrimonio, genitorialità ecc.) sono sempre più posticipate, a 40 anni ci si può considerare ancora giovani. Ma è altrettanto vero che la scuola ha bisogno, accanto all’esperienza degli insegnanti più maturi, anche dell’energia e della freschezza di chi ha da poco terminato gli studi. Questo affinché l’istituzione si mantenga in sintonia, in una percentuale significativa di chi vi lavora, con la sua giovane utenza.
La dominante femminile. Un altro dato rigurada la scomposizione per genere dei candidati. L’80% sono donne, uomini soltanto il restante 20%. Tale situazione ripropone una problematica che nel corso degli ultimi decenni è andata acuendosi: l’eccessiva “femminilizzazione” dell’istituzione scolastica. Va da sé che un’osservazione di questo tipo è scevra di ogni pregiudizio maschilista: non è che le donne siano meno brave in cattedra degli uomini, anzi può essere tranquillamente che sia vero il contrario. Ciò che risulta problematico è, a scuola, l’assenza di modelli maschili di riferimento per i ragazzi. Il discorso è delicato, ma vale la pena affrontarlo, chiedendosi ad esempio perché la professione docente non rivesta più appeal per i laureati uomini. Forse la cosa ha a che fare con il livello, oggettivamente molto basso, degli stipendi?
I quiz, come a scuola guida. Un altro aspetto critico riguarda il criterio di preselezione: i famigerati quiz. Scommettiamo che dopo la figuaccia della scorsa estate sui test di accesso al Tfa (tirocinio formativo attivo), quando diversi test proposti presentavano errori marchiani nella formulazione dei quesiti o nelle alternative proposte come risposta, questa volta a Viale Trastevere saranno non attenti, ma di più. Rimane però la perplessità di molti sullo strumento del test in quanto tale. È comprensibile che questa sia la formula più scontata a fronte di numeri molto elevati di candidati. Tuttavia viene da chiedersi se proporio questo sia lo strumento più adatto a individuare preparazione culturale e passione didattica dei partecipanti, due qualità essenziali per gli insegnanti di cui il nostro sistema scolastico ha bisogno. Fare il maestro o il professore non è come prendere la patente di guida.
La spada di Damocle dei ricorsi. Un’ultima questione riguarda i ricorsi. In queste settimane la redazione di Famiglia Cristiana ha ricevuto molte lettere di supplenti annuali e anche dei loro genitori, che lamentavano una situazione assurda: dopo laurea, abilitazione e anni di esperienza, sacrifici per accettare incarichi in sedi disagiate o lontane da casa, ora coloro che legittimamente aspirano a un contratto a tempo indeterminato rischiano di vedersi scavalcati dai nuovi arrivati. Da qui una serie di ricorsi, mossi dalle associazioni dei precari, che pendono sul concorso. Al tempo stesso, ci sono i ricorsi di alcuni neolaureati, che non hanno accettato l’esclusione dal bando. Ragioni tutte legittime e comprensibili. Speriamo soltanto che, accanto alla tutela dei diritti acquisiti, procedimenti amministrativi e sentenze della magistratura non blocchino tutto, ancora una volta. Rendendo vana l’intera procedura concorsuale.
Roberto Carnero