01/05/2012
Enrico Bondi (Ansa).
Il
governo dei tecnici si affida a un tecnico per mettere mano alla “spending
review”, la revisione di spesa dell’apparato pubblico e dei ministeri che
dovrebbe portare a risparmiare 4,2 miliardi e scongiurare un altro aumento
dell’Iva. Il suo nome è Bondi, Enrico Bondi, il manager 77enne già protagonista
del risanamento di Montedison e Parmalat, aretino, viso scavato da etrusco,
stile sobrio da leggenda, tale da far apparire Mario Monti un gaudente,
incapace di qualunque timore reverenziale nei confronti di qualunque potere
forte o debole che sia (uomo considerato vicino a Mediobanca, non ha esitato a
far causa e ottenere dagli istituti di credito un conto di oltre due miliardi
di euro in relazione alla vicenda del gruppo di Collecchio).
L’aneddotica sul
suo stile di lavoro potrebbe riempire un libro: dalle matite temperate fino al
mozzicone alla circolare in Montedison sull’obbligo di utilizzare buste riciclate. Celebri le sue auto aziendali: utilitarie (una Punto bianca, una Panda grigia)
guidate da lui medesimo, in sostituzione delle auto blu.
“Cercherò
di essere incisivo”, ha detto in conferenza stampa senza aggiungere altro, con
un evidente doppio senso. E un brivido deve essere corso lungo la schiena di
molti ministri. Sulle sue capacità di incidere nella carne viva delle spese non
ci sono dubbi. Tra i risultati c’è stato quello di risanare l’impero Parmalat,
con il suo buco di 14 miliardi di euro, sottraendolo alle grinfie dei francesi
di Lactalis. Vincendo una guerra dei sette anni durante la quale non è stato
sacrificato un solo posto di lavoro. A detta di Monti pare che non voglia un
euro per la sua nuova missione. Il premier, ha spiegato, sta insistendo almeno
per un rimborso spese di 150 mila euro.
Ma
il punto è un altro. Quali sono i criteri per i quali il Grande Risanatore
metterà mano alle forbici? Come è noto, lo Stato non è la Parmalat, nel
senso che non è propriamente un’azienda.
Quanto meno, se proprio vogliamo paragonarlo a un’impresa, è un’azienda non
profit, che reinveste gli utili e si muove nel campo del sociale, in
quell’ampio spazio “tra Stato e mercato”, lo spazio della sussidiarietà, che
Monti e i suoi tecnici sembrano non frequentare molto. I numeri non possono
essere un criterio per tagliare certe spese: assistenza, sanità, istruzione e
via dicendo. Il criterio dovrebbe essere la salvaguardia dello Stato sociale, a
partire dalle famiglie e dai meno abbienti. Lo Stato deve contribuire a instaurare quelle condizioni di equità, di aiuto ai meritevoli, di sussistenza alla base delle sue spese. Fin dove arriva nel caso di Bondi l’urgenza dei numeri e dove finiscono le esigenze dello Stato sociale del nostro Paese? L'attenzione accademica di questo governo dei tecnici alle cifre, ai conti e alle esigenze del mercato è stato frequente. Un po' meno ai bisogni di famiglie e lavoratori. Come si muoverà ora il
tecnico dei tecnici?
Francesco Anfossi