16/11/2010
Saviano e Fazio con al centro l'attore Toni Servillo (sinistra) e Pepe Servillo, il cantante degli Avion Travel, intervenuti nella seconda puntata di "Vieni via con me", su Raitre.
Ieri sera a Raitre un Paolo Rossi fuori forma ha fatto largamente rimpiangere lo scatenato Benigni della settimana scorsa. Però ha avuto un suo momento di verità quando si è chiesto in quale razza di trasmissione l’avesse coinvolto Fabio Fazio. Quesito legittimo, che ha il pregio di comportare risposte multiple. Dopo questa seconda puntata, e in estrema sintesi, si potrebbe dire che “Vieni via con me” è una rubrica di educazione civica. Mezzo secolo fa il maestro Manzi usava la Tv per insegnare l’alfabeto. Adesso Fazio tiene agli italiani un corso di democrazia. Nobile intento, salvo il fatto che i precedenti lasciano qualche dubbio.
In realtà il successo di questa rubrica non è derivato soltanto dall’abbinamento, chiamiamolo culturale, tra Fazio e Saviano. A stuzzicare al massimo la curiosità pubblica è stata la dirigenza Rai, che dopo il placet iniziale ha fatto di tutto per bloccare o almeno arginare. Ottenendo, come inevitabile, l’effetto opposto. Incoraggiato appunto dall’impotenza dei vertici, dopo la serata contro Berlusconi il fertile Fazio ha pensato bene di rilanciare convocando Bersani e Fini. Uno per la sinistra e uno per la destra, anche se “Repubblica” – non Feltri né Belpietro, per capirci - aveva fatto notare che i due leader avranno anche idee diverse, ma oggi “sono dalla stessa parte”.
Ne è venuto fuori il putiferio che conosciamo, con l’ovvia speranza di altri clamori. A questo punto, però, non era nemmeno necessario che i due politici sparassero a palle incatenate. Infatti, responsabilmente seppure un po’ pedestremente, si sono limitati a due compitini scritti, con appena qualche minuzia polemica. Ma avessero anche recitato un canto della Commedia o la Vispa Teresa, la selvaggina – cioè la fusione tra scandalo e audience - era già in carniere.
Resta da dire qualcosa sul coté strettamente televisivo della rubrica. Paolo Rossi si è perso fra accenni all’attualità e richiami a Nostro Signore, senza che si capisse dove andava a parare. Anche il pubblico in studio, pronto a entusiasmarsi, anzi a delirare, si è ammosciato. Saviano è stato efficace nel descrivere le diramazioni mafiose a Milano – e qualcuno dovrà ben dirci se è tutto vero, specie per i riferimenti alla Lega – usando poi le tragedie di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby per porre sotto accusa la diocesi romana. Polemica fuori tempo, chiaramente premeditata. Il bravo Ligabue e i bravissimi Servillo hanno fatto le loro cantatine. Alla fine un comico sbracato e sboccato ha offerto, chissà perché, un Berlusconi che parla napoletano. Tutti voti per la destra.
Come tecnica di conduzione, all’infuori delle gag, il cerimoniere Fazio chiama e l’ospite arriva con una cartuccella in mano. “Elenchi” da leggere. Anche realistici questi elenchi, dolorosi, materia su cui meditare. Ma appunto la lettura sa di precotto e annulla la spontaneità. Sarà pure questo un modo di fare Tv. Ma da Fazio, che conosce il mestiere, ci si poteva aspettare di meglio. Certo, non maggiori furbizie. Come l’emozione dei primi minuti, quando sudava difendendosi sulla par condicio: davvero un accenno di lacrimuccia, peraltro ingiustificata, o era solo scena?
Giorgio Vecchiato