25/02/2012
Senegalesi che manifestano contro il presidente Abdoulaye Wade (Ansa).
Alla vigilia delle presidenziali del 26 febbraio, in Senegal si respira un clima di forte tensione. Youssou N'Dour, il cantautore di Dakar famoso in tutto il mondo, che si era presentato come candidato, è definitivamente fuori dai giochi. A fine gennaio il Consiglio costituzionale - che aveva escluso la sua candidatura con la motivazione della mancata presentazione di un numero sufficiente di firme - ha respinto il ricorso del musicista. E' andata invece diversamente ad Abdoulaye Wade, l'85enne contestatissimo presidente uscente, esponente del Partito democratico senegalese, che si presenta per un terzo mandato: il Consiglio costituzionale ha ritenuto la sua candidatura valida, in contrasto con l'opposizione che ne denuncia l'illegittimità (la Costituzione senegalese permette un massimo di due mandati presidenziali, Wade sostiene che per lui si tratterebbe del secondo, dopo la riforma costituzionale del 2001).
L'opposizione è sul piede di guerra. La società civile si è riversata per le strade e nelle piazze per protestare con forza contro il presidente e chiedergli di ritirarsi. Le manifestazioni hanno scatenato la repressione violenta da parte della polizia, con un bilancio di almeno dodici morti e numerosi feriti. Fra questi ultimi, anche lo stesso Youssou N'Dour, che è stato colpito da un proiettile sparato da un poliziotto durante una manifestazione a Dakar. In particolare, a muovere le proteste è il Movimento del 23 giugno (M23), che raggruppa opposizione politica e società civile e prende il nome dalla data in cui, nel 2011, la folla scese in strada contro la proposta di riforma costituzionale che prevedeva l'elezione del presidente al primo turno con appena il 25% dei suffragi.
Il presidente, dal canto suo, sembra non prendere in considerazione le contestazioni e le turbolenze nel Paese e fa finta di nulla: a pochi giorni dal voto ha continuato la sua campagna elettorale presentandosi nella periferia di Dakar con il costume tradizionale senegalese, a bordo di un'auto scoperta e circondato da un ingente servizio d'ordine, vantando i grandi passi avanti che i senegalesi avrebbero compiuto nei suoi dodici anni di governo.
Wade durante un giro elettorale a Dakar (Reuters).
Il voto di domenica sarà monitorato da una missione dell'Unione africana, guidata dall'ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo. Ma anche i Governi occidentali guardano con preoccupazione alla situazione del Senegal, un Paese che, dopo l'indipendenza ottenuta nel 1960, si è distinto come modello di democrazia nel quadro del continente africano e ha raggiunto un equilibrio e una stabilità politica.
Negli anni, però, le critiche nei confronti di Wade si sono fatte sempre più vive e pressanti. Al presidente si rimprovera di non avere fatto abbastanza per combattere la povertà. Aspre contestazioni ha suscitato, nel 2009, l'ingresso di suo figlio nel nuovo Governo. L'anno successivo, ha fatto molto discutere la decisione di celebrare i 50 anni dall'indipendenza del Senegal con un'imponente statua di bronzo, il monumento alla Rinascita africana, costata circa 20 milioni di euro: una cifra spropositata che ha fatto gridare l'opposizione allo scandalo. Da più parti si chiede che vengano indette nuove elezioni con l'esclusione del presidente come candidato. Altri invocano il boicottaggio del voto di domani. Wade punta a mobilitare il più possibile i suoi sostenitori per vincere al primo turno. Se così dovesse accadere, gli oppositori promettono una battaglia agguerrita. E il Senegal, modello dell'Africa, rischia di finire nel baratro.
Giulia Cerqueti