Elezioni in Siria, l'inganno del voto

Oggi il Paese alle urne per le prime legislative dopo la fine dell'egemonia del partito Baath. Ma di fatto il multipartitismo è solo uno specchietto per le allodole.

07/05/2012
Una famiglia siriana di fronte ai manifesti elettorali a Damasco (Ansa).
Una famiglia siriana di fronte ai manifesti elettorali a Damasco (Ansa).

«L'ennesima farsa»: così tutte le opposizioni, in patria e all'estero, al regime di Bashar al-Assad hanno definito le elezioni legislative che si stanno svolgendo nella giornata di oggi, 7 maggio, in Siria. Quasi 15 milioni di siriani sono stati chiamati a scegliere i rappresentanti del Parlamento: si tratterebbe, in teoria, del primo voto da quando la nuova Costituzione approvata lo scorso febbraio per referendum ha formalmente chiuso l'era del monopolio del partito Baath - il partito arabo socialista, espressione del presidente e al potere da quasi cinquant'anni - aprendo la strada al multipartitismo.

In passato, gli unici partiti legali erano quelli del Fronte nazionale progressista, composto da formazioni satelli del partito Baath, ora altri nove partiti hanno presentato i loro candidati. Continuano invece a rimanere tagliati fuori i partiti di ispirazione religiosa, etnica e tribale. In totale, i candidati in lizza sono 7.195, di cui il 10% donne.

La realtà, però, è ben diversa dai presupposti ed è chiaro che il multipartitismo in pratica è solo uno specchietto per le allodole: la maggioranza dei seggi - 127 su un totale di 250 - rimane di fatto assegnata d'ufficio a candidati di liste vicine al regime.  La minoranza - 123 seggi - viene assegnata ai cosiddetti indipendenti. Le opposizioni e gli attivisti anti-regime hanno deciso di boicottare le urne, accusando i nuovi partiti di essere «delle marionette in mano del regime che mostra una facciata di multipartismo».

Il Consiglio nazionale siriano (Cns), espressione dell'opposizione, denuncia in un comunicato che «chi annega la Siria nel sangue e spara sul popolo siriano non ha la legittimità per redigere una Costituzione o una legge elettorale o per gestire elezioni». Nel Paese la violenza non accenna a placarsi e il regime non ha rispettato il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite: nell'arco dei 13 mesi dall'inizio della rivolta popolare, repressa duramente nel sangue dalle forze militari e poliziesche del regime, il bilancio delle vittime è approssimativo, ma si calcola che siano almeno 9mila, soprattutto civili.
 

Giulia Cerqueti
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