12/10/2011
La "Montecristo" ė stata liberata e i 23 membri dell'equipaggio sono sani e
salvi. Un sequestro lampo, quello della nave dell'armatore livornese D'Alesio:
il blitz coordinato dalle forze di pattugliamento antipirateria anglo-americane
è riuscito alla perfezione. C'è però, un'altra imbarcazione italiana che si
trova ancora nelle mani dei pirati somali, ormai da molti mesi: la "Savina
Caylin" con 22 membri di equipaggio, dei quali 5 italiani. Il sequestro risale
addirittura all'8 febbraio scorso e i membri dell'equipaggio sono ancora nelle
mani dei loro rapitori. Tra agosto e settembre i familiari hanno
lanciato ripetuti drammatici appelli alla liberazione, preoccupati oltre che dal
protrarsi del sequestro, anche dall'apparente situazione di stallo delle
trattative per il rilascio.
La facciata di Palazzo San Giacomo, sede del Municipio di Napoli, con lo striscione lungo circa dieci metri che mostra le foto dei marinai della 'Savina Caylin', ostaggio da mesi dei pirati somali (foto Ansa).
Il fenomeno della pirateria - peraltro mai del tutto
debellato, ci sono diversi "punti caldi" nel pianeta dove gli episodi non sono
rari - è tornato di grande attualità proprio per la moltiplicazione dei
sequestri di navi e imbarcazioni di ogni genere nel tratto di mare compreso fra
il basso Mar Rosso, il Golfo di Aden e la costa somala. Protagonisti, sempre, i
pirati somali: piccole bande ben equipaggiate e armate, dotate di veloci
motoscafi d'altura e di una buona rete di protezione a terra. È uno dei frutti
malati della ventennale guerra civile somala: alcune di queste bande sarebbero
formate da quegli stessi miliziani che in altri momenti avevano servito questo o
quel "signore della guerra" somalo, oggi riconvertiti alla più redditizia
atività di pirateria.
Secondo alcuni osservatori, i forti proventi di questa
attività criminale avrebbero portato alcune bande a mettersi in rete, con forme
di alleanze e complicità interclaniche che renderebbero molto più complicate le
trattative e la liberazione dei sequestrati. Il fenomeno, naturalmente,
preoccupa la comunità internazionale, anche perché rende insicura una rotta
commerciale strategica com'è quella che passa dal canale di Suez e dal Mar Rosso
per sbucare nell'oceano Indiano: il 27 aprile scorso il Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite ha chiesto a tutti i Paesi membri di introdurre nuove norme
nelle rispettive legislazioni per punire con maggiore durezza la pirateria.
Dall'11 ottobre, sessanta militari della Marina sono pronti
per essere imbarcati sui mercantili italiani in transito nei mari a rischio
di arrembaggio, in base al protocollo firmato tra il Governo e Confitarma.
Luciano Scalettari