21/07/2012
Manifestazione a Barcellona contro le misure di austerità del Governo (Reuters).
Immaginare un futuro in Spagna diventa
sempre più difficile. Mentre un accordo dell'Eurogruppo ha deciso le misure di salvataggio del sistema bancario
iberico, in oltre ottanta città spagnole fiumi di
cittadini si sono riversati nelle strade e nelle piazze - in 100mila a Madrid - per
manifestare il loro dissenso nei confronti del piano di austerità e dei drastici tagli imposti dal Governo
per evitare il collasso del Paese.
«Vivere a Barcellona è diventato più
duro. La vita qui è molto cara, e lo è di più adesso che gli
stipendi medi si sono abbassati». David, 37 anni, vive nella capitale
catalana da una decina di anni. E' arrivato dalla Colombia. Tanti sacrifici, una vita dedita al lavoro e al risparmio. Qualche anno fa ha comprato un appartamento a Barcellona. E nel 2007 ha ottenuto la cittadinanza europea.
Oggi David lavora per una impresa di
costruzioni che si occupa di opere pubbliche e di urbanistica, come la rete dei mezzi di trasporto: «Adesso
l'amministrazione comunale non ha i soldi per pagare le opere effettuate, così
l'azienda è costretta a chiedere finanziamenti alle banche ed è entrata in una grave crisi. Fino a poco tempo fa i
dipendenti erano 350, ora siamo rimasti in 230. E la prossima
settimana altri 50 verranno licenziati».
David è in regime di cassa
integrazione. Per
il momento conserva il suo posto, ma nel prossimo futuro, chissà. «E'
tutto imprevedibile, si vive in un clima di costante incertezza. Ti
possono licenziare da un giorno all'altro. Fra tutte le persone che
conosco in Spagna, non c'è nessuno che non abbia almeno un parente –
padre, madre, fratello, marito, moglie – che non sia disoccupato».
La moglie di David, Andrea, anche lei colombiana, è arrivata a Barcellona per un master in Psicologia familiare, oggi lavora per un ufficio di consulenza per i
lavoratori cinesi. «Il suo è un posto sicuro, per il momento. Ma le previsioni per il prossimo futuro sono negative:
si dice che nel 2013 la recessione peggiorerà ancora». Dallo scorso dicembre David e Andrea non riescono più a pagare il mutuo della casa: «Tra rate e interessi era diventato insostenibile. Così, la banca ha ordinato un'esecuzione ipotecaria. Ma in Spagna le esecuzioni sono tantissime, perché la gente non riesce più a pagare i mutui».
E
allora, all'orizzonte si profila la possibilità di fare le valigie e lasciare la
Spagna, tornare a casa, in Colombia. David e Andrea lo stanno mettendo in conto, anche se si tratta di una prospettiva a lungo termine: «Se
nei prossimi anni la situazione non migliora, se io dovessi perdere
il lavoro, è chiaro che qui non possiamo pensare di crescere e
mantenere dei figli. Allora, a quel punto, torneremo in Colombia,
dove ci sono le nostre famiglie e maggiori aiuti». Del resto, già molti stanno guardando oltre i confini della Spagna: i catalani, quelli che possono, se ne vanno all'estero. Come Enric, ingegnere: dopo essere stato licenziato da un'impresa di Barcellona, mesi fa ha trovato lavoro in Austria, a Linz.
Manifestanti a Madrid (Ansa).
Tanti immigrati sudamericani tornano nei loro Paesi di origine.
Come hanno già fatto alcuni amici e conoscenti di David e Andrea,
architetti rientrati in Cile e in
Brasile, Nazioni che stanno crescendo economicamente e offrono
margini più ampi di realizzazione professionale. Un'altra coppia di
amici, lui ingegnere lei architetto, stanno guardando verso il Perù.
Anche Victoria, 40enne di
Valencia, vive in prima persona la crisi. Un passato professionale prima
alla Commissione europea a Bruxelles, poi al Comune di Valencia, in
seguito al porto della città, Victoria ora sta gestendo la farmacia ereditata da sua
madre. «Ma è molto complicato, perché la Comunità autonoma valenciana, in piena crisi, non riesce più a sostenere i costi della sanità pubblica,
così come quelli dell'istruzione e di altri servizi. E io mi sono
ritrovata con un buco finanziario enorme perché la Comunità non riesce a
sostenere i costi dei medicinali».
E osserva: «Il problema di Valencia è che il Partito popolare ha tenuto nelle sue mani il potere per troppo tempo
e a un certo punto pensava di avere la libertà di fare tutto quello che
voleva, finendo in casi di corruzione. Nella stessa situazione si trova
la Catalogna, che ha puntato troppo sulle istanze indipendentiste. Ma
l'indipendenza ha dei costi molto elevati, che la Comunità non è
riuscita a sostenere». E aggiunge: «In Spagna le amministrazioni
locali e regionali sono cresciute troppo, con dei costi elevatissimi. E
tutto senza un piano di sviluppo a lunga scadenza. Come è successo per
l'America's Cup a Valencia nel 2007: allora non si è colta l'occasione
per sviluppare il porto con una progettualità a lungo termine, guardando
al futuro».
Giulia Cerqueti