Palermo ricorda la "Strage del pane"

Nel 1944 reparti militari spararono sui palermitani che chiedevano pane. 24 i morti, poi una lunga serie di menzogne e false verità.

23/10/2012
In una foto dell'epoca, la dimostrazione dei palermitani poi soffocata nella "Strage del pane".
In una foto dell'epoca, la dimostrazione dei palermitani poi soffocata nella "Strage del pane".

In una mattina di fine ottobre del 1944, a Palermo, un Reggimento dell’Esercito italiano sparò, ad altezza d’uomo, contro la folla di manifestanti scesi in piazza per invocare “pane e lavoro”. Il bilancio di quella brutale e insensata repressione fu drammatico: 24 morti e 158 feriti. La cosiddetta “Strage del Pane” fu uno degli eccidi più efferati della storia di Sicilia e fu coperta, per troppo tempo, da un oscuro alone di insabbiamenti, depistaggi e false verità ufficiali.

A distanza di 68 anni, per la prima volta, l’Amministrazione comunale di Palermo ha ricordato ufficialmente la Strage, annunciando l’intitolazione di una strada in memoria delle vittime di quella feroce repressione. Il vicolo Sant’Orsola, situato nei pressi della centrale via Maqueda, teatro dell’eccidio, potrebbe cambiare nome in omaggio ai manifestanti uccisi o feriti. Nell’atrio di Palazzo Comitini, sede della Provincia di Palermo, invece, è già presente una lapide con i nomi dei 24 caduti.

In occasione della commemorazione ufficiale lo scrittore Lino Buscemi ha invocato un nuovo processo e l’apertura di tutti gli Archivi degli Stati Uniti e dell’Italia, per conoscere la verità sulla Strage del Pane. Alla manifestazione era presente anche l’unico superstite dell’eccidio, il commendatore Gaetano Balistreri, ferito, all’età di 10 anni, dalle bombe e dai moschetti in dotazione ai militari.

Il vicolo Sant'Orsola, a Palermo, con le macerie e le vittime della strage.
Il vicolo Sant'Orsola, a Palermo, con le macerie e le vittime della strage.

La Strage del Pane fu preceduta, nei primi anni Quaranta, da una situazione insostenibile per i siciliani, stritolati da una parte dalla repressione fascista e dall’altra dai bombardamenti anglo-americani. Tra i due fuochi si trovava il popolo, colpito dal carovita, dalle macerie delle bombe e dall’esiguità delle risorse alimentari.

In quella tragica mattina di fine ottobre del 1944, i palermitani erano scesi per l’ennesima volta in piazza per reclamare il cibo, il lavoro, la pace e la ricostruzione dei palazzi sventrati. La folla era eterogenea e non classificabile ideologicamente: oltre ai militanti indipendentisti, cattolici, socialisti e comunisti, erano presenti anche cittadini lontanissimi dal mondo della politica, donne e bambini.

Il generale Giuseppe Castellano (l’uomo che l’8 settembre del 1943 aveva firmato l’armistizio di Cassibile) era il comandante della divisione Sabauda, da cui dipendevano i militari del 139° Reggimento Fanteria, responsabili della Strage del Pane. Una famigerata circolare di quegli anni consentiva ai militari di sparare ad altezza d’uomo, in presenza di adunate sediziose.

Per troppo tempo, il generale Castellano e i Governi dell’epoca accreditarono la versione ufficiale, secondo la quale i militari della 139 fanteria sarebbero stati “aggrediti dai separatisti” e  nessuno avrebbe ordinato di sparare.

Dopo 50 anni, la verità venne a galla e la versione ufficiale fu totalmente smentita. Nel 1995, infatti, il sardo Giovanni Pala, uno dei militari appartenenti al Reggimento coinvolto nella feroce repressione, affidò alle colonne del quotidiano l’Unità una clamorosa confessione per un vero scoop: “In Via Maqueda non era in corso alcun assalto. Eppure, quando la nostra colonna raggiunse alle spalle la folla, il tenente diede l’ordine di scendere dai mezzi e di caricare i fucili. Tutto accadde in pochi istanti; i soldati che erano in testa al convoglio cominciarono a sparare ad altezza d’uomo e a scagliare bombe. Fu il terrore, una scena bestiale”.

Il contributo di Pala fu particolarmente importante e coraggioso, anche perché il soldato sardo non sparò alcun colpo e non lanciò alcuna bomba a mano, disubbidendo all’ordine dei superiori, al contrario dei suoi commilitoni.

Tuttavia, Pala avvertì il peso dell’omessa denuncia di quanto era avvenuto e dell’assenza di verità e giustizia per le vittime.

Secondo lo scrittore Lino Buscemi, “ci sono voluti 50 anni perché il muro dell’omertà finalmente crollasse. Per almeno mezzo secolo si è brancolato nel buio più fitto, perché la consegna del silenzio è stata assoluta, probabilmente per scelta politica e militare. Vi erano poche carte in circolazione, nessuna foto, qualche scontato rapporto di polizia. E la sentenza del processo-farsa tenutosi presso il Tribunale militare di Taranto, che inflisse pene lievissime nei confronti dei pochi, marginali e sfortunati imputati. Il processo d’appello addirittura non ebbe luogo”.

Anche gran parte del mondo politico dimenticò, per troppi anni, la Strage del Pane, con l’eccezione di alcune manifestazioni organizzate dai movimenti indipendentisti e “sicilianisti” oppure dalle formazioni della sinistra antagonista (come il Partito Marxista-Leninista). Eppure, già nel 1944, il leader siciliano del Partito d’Azione, Vincenzo Purpura (testimone oculare della Strage) aveva dichiarato, in un documento recentemente desecretato, che “i primi a sparare furono, senza dubbio, i soldati, che poi lanciarono alcune bombe a mano”.

Convinzioni analoghe furono espresse dal deputato comunista Giuseppe Montalbano, dal leader separatista Andrea Finocchiaro Aprile e dal giornale “La Voce Comunista”. Nello stesso tempo, i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale della Provincia di Palermo condannarono duramente la Strage del Pane ed attaccarono l’Esercito italiano. Lino Buscemi non ha dubbi: “La prima vera strage dell’Italia liberata meriterebbe di essere ricordata e studiata nei libri di storia, soprattutto con il timbro dell’ufficialità di una sentenza di un Tribunale Militare della Repubblica Italiana”.

Pietro Scaglione
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