22/02/2013
Le conseguenze degli attentati a Damasco (Reuters).
«Camminiamo sul sangue. Ho girato un po' per i quartieri di Damasco per capire la situazione, e dappertutto c'è sangue di gente innocente, donne, bambini. L'Onu parla già di 70 mila vittime. Qui la gente muore in modo orribile. Difficilmente i familiari trovano dei corpi, trovano solo brandelli di carne. È una carneficina». Ce lo dice al telefono, con tono angosciato, monsignor Mario Zenari, nunzio vaticano in Siria, con sede nella capitale.
E proprio a Damasco il 21 febbraio c'è stato un nuovo attentato. Un'autobomba è scoppiata di fronte alla sede del partito Baath, nel quartiere centrale di Mazraa, tra via della Rivoluzione e piazza Shahbandar. Poco dopo, una seconda esplosione in un'altra zona della città, seguita da una sparatoria. Si parla di 53 morti e oltre 200 feriti, ma, come sempre, in questi casi, le stime non sono mai certe. Poi, di nuovo, ieri sera, contro l'edificio dello Stato maggiore della difesa, nel quartiere Omayyade, sono esplosi colpi di artiglieria pesante.
Anche i vetri della Nunziatura ieri hanno tremato per tutto il giorno, ma non è una novità, «sono settimane - continua monsignor Zenari - che conviviamo con il rumore delle esplosioni e dei bombardamenti, è terribile. La città è un cumulo di macerie». L'attentato, che non è stato rivendicato, è stato condannato sia dal Governo del presidente Bashar al Assad sia dai ribelli antigovernativi. La popolazione è ormai allo stremo, sia fisicamente perché in questa situazione, specialmente nei villaggi, ci sono grosse difficoltà per fare arrivare gli aiuti, sia psicologicamente, perché «sta perdendo le speranze», continua mons. Zenari. Ad aggravare il tutto è l'embargo, che lunedì scorso l'Unione Europea ha rinnovato per altri tre mesi.
Il Paese è in ginocchio. I danni all'economia e alle infrastrutture si aggirano attorno agli 11 miliardi di dollari. La gente può ancora contare su sacerdoti e suore, che monsignor Zenari definisce «eroici», perché tutti sono rimasti. Anche suor Paola, delle suore Maestre di S. Dorotea, è voluta restare, perché dice «la popolazione ha bisogno di lei». Suor Paola è la consorella di suor Rima, scomparsa ad Aleppo lo scorso 15 gennaio, vittima dell'attentato all'Università, e il cui corpo non è ancora stato trovato.
In Siria non si entra e dalla Siria non si esce. L'aeroporto di Aleppo è chiuso da settimane; forze governative e ribelli combattono per riuscire a prenderne il controllo. L'aeroporto di Damasco è ancora aperto ma non è sicuro. Così come non sono sicure le linee telefoniche. «La situazione è gravissima - conferma Silvio Tessari, dell'Ufficio Medio Oriente della Caritas Italiana - Ma anche noi non sappiamo molto di più, ci dicono di non chiamare, tanto non possono rispondere».
Monsignor Zenari non si capacita dell'indifferenza della comunità internazionale, che «se ne lava le mani come Ponzio Pilato, quando dovrebbe costringere i contendenti ad arrivare a una soluzione pacifica del conflitto». Intanto, un membro della comunità cristiana apostolica è stato ucciso due giorni fa e rimane ignota la sorte dei due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso), rapiti sabato 9 febbraio sulla strada che da Aleppo conduce a Damasco. Per il momento, non c'è stata nessuna rivendicazione. E il rappresentante vaticano, alla domanda se i cristiani sono un bersaglio, tende a smorzare i toni (anche in merito alla notizia riportata da alcuni blog siriani su un possibile attentato contro di lui), invitando i media a non creare allarmismi, quindi tiene a sottolineare che «in Siria tutti soffrono, non solo i cristiani».
Oggi si concluderà, ad Amman, in Giordania, l'assemblea annuale dei membri dell'organismo regionale di collegamento tra le 17 agenzie nazionali Caritas del Medio Oriente e del Nord Africa, che si è aperta il 20 con focus sui profughi siriani: quasi 380mila in Giordania, 350mila in Libano e 150mila in Turchia (anche qui, le stime non sono precisissime e, soprattutto, sono in continua crescita). Sentiremo nei prossimi giorni quali strategie sono state messe a punto per affrontare un'emergenza umanitaria le cui dimensioni stanno mettendo a dura prova i programmi di soccorso delle organizzazioni assistenziali e caritative.
Romina Gobbo