17/06/2013
Simpatizzandi di Greanpeace posano davanti al Colosseo per manifestare la loro solidarietà ai giovani turchi.
Quello di Gezi è solo uno dei progetti faraonici che Erdogan - ex sindaco di Istanbul - ha varato per la sua città di cui vuole fare una delle capitali del mondo.
Nel giro di pochi anni Istanbul distruggerà e ricostruirà un terzo delle sue case, avrà l'aeroporto “più grande del mondo”, una nuova “enorme” moschea, con i minareti più alti del pianeta, un nuovo canale che sdoppierà il Bosforo, un terzo ponte fra Asia e Europa.
Il progetto di Taksim, che ora Erdogan dovrà rivedere, si inseriva in questo filone.
Sostituire Gezi Parkı con un grande centro commerciale. Al posto del parco c’era un tempo una caserma, danneggiata durante i moti reazionari del 1909, utilizzata come stadio da calcio e poi demolita nel 1940. Il parco che venne realizzato al suo posto era molto più esteso di oggi e arrivava fino alla riva del Bosforo, ma fu poi ridotto per costruire alberghi e uffici.
Il centro commerciale sarebbe quindi l’ultima goccia di una trasformazione urbanistica che assomiglia al boom dei palazzinari nel nostro Paese. Ricordate “Le mani sulla città” di Francesco Rosi?
Occupy Gezi certamente non è soltanto una battaglia ecologista, ma non la si può considerare neanche solo simbolica. Dietro la protesta ci sono trent’anni di speculazione edilizia e di urbanizzazione selvaggia: nel 1980 Istanbul si pensava potesse accogliere un massimo di 5 milioni di abitanti. Al tempo ne aveva, infatti, 3,5 milioni, come Roma. Oggi ne ha 15 milioni.
La Istanbul del futuro sarà una megalopoli senza confini come Il Cairo?
I giovani turchi iniziano a temerlo e parlano di Ekumenopolis, “città senza confini”, immaginata da un urbanista greco nel 1967, l’idea è quella di un mondo in cui le metropoli si fondono insieme in un tessuto urbano esteso senza soluzione di continuità.
Ekumenopolis è anche il titolo di un documentario indipendente turco di prossima uscita, che racconta anche cosa c’è dietro le proteste iniziate a piazza Taksim.
I giovani turchi chiedono di rinforzare la partecipazione della società civile nella protezione dell’ambiente in Turchia, un elemento necessario di una riforma della nuova Legge per la Natura promossa dal governo. E poi, perché Erdogan non ratifica la Convenzione di Arhus per la partecipazione del pubblico e l’accesso alla giustizia nelle questioni ambientali?
Intanto anche in Italia aumentano le manifestazioni di solidarietà con il movimento turco, a partire dal piccolo Gezi Park realizzato a Milano. La partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche e la difesa della qualità della vita nelle nostre città, dove la popolazione diminuisce e il cemento cresce, sono temi sentiti anche nel nostro Paese.
Gabriele Salari