Nemo: tanta neve, pochi danni

Era stata annunciata come la peggior bufera dal 1978. E la tempesta "Nemo" ha confermato le indicazioni dei meterologi. Ma con conseguenze meno drammatiche del previsto.

10/02/2013
Supermercati presi d'assalto a Boston per paura della tempesta "Nemo". Sotto: la città coperta da almeno mezzo metro di neve (fotografie di Stefano Salimbeni).
Supermercati presi d'assalto a Boston per paura della tempesta "Nemo". Sotto: la città coperta da almeno mezzo metro di neve (fotografie di Stefano Salimbeni).

Ventiquattro ore ininterrotte di neve, fitta, orizzontale, sospinta da venti da uragano che creano quello che qui si chiama “whiteout”: visibilita’ zero … e Boston si ritrova coperta da almeno mezzo metro di coltre bianca, e dune simili a quelle del deserto più alte delle auto in sosta. Ad alcune zone del Connecticut, e del Rhode Island, gli stati immediatamente a sud, è andata anche peggio con punte di 40 pollici (1 metro) ma almeno lì, come nella città di New York, il sistema che ha visto unirsi due perturbazioni, una polare e una tropicale, sulla testa della zona più popolosa d’America, all’ora di pranzo aveva già preso la via del mare aperto. Su Boston e dintorni invece le sue propaggini hanno indugiato fino a sera.

Nemo (così l’hanno chiamato ) non tradisce le aspettative di quella che gli esperti avevano annunciato come il peggior Blizzard (tormenta) dal 1978. Quelle stesse aspettative, che tuttavia rispetto a 35 anni or sono, quando addirittura automobilisti bloccati sulle autostrade morirono assiderati nelle loro auto, hanno evitato il peggio. Gli allarmi – spesso eccessivi – delle autorità che in questo caso hanno annunciato lo stato di emergenza preventivo in sette stati e in una mossa senza precedenti negli ultimi 35 anni vietato la circolazione su molte strade pena multe ed arresti, uniti alla martellante copertura, carica di eccitata preoccupazione, dei media sia locali che nazionali, hanno spinto la popolazione a prepararsi, prima, ed a restare in casa, poi. O, nei casi più estremi, ad andare nei rifugi allestiti per l’occasione. Il fatto che Nemo sia arrivato nel weekend ha indubbiamente reso il tutto più facile.

Certo i 650.000 blackout, almeno 100.000 gia’ riparati sabato sera - in molti casi dovuti a un’infrastruttura inadeguata, vulnerabile ad esempio al crollo degli alberi - il traffico ferroviario completamente bloccato e gli oltre 5.000 voli cancellati in tutti gli aeroporti da New York fino a Portland, Maine (poi gradualmente riaperti almeno dal lato arrivi) danno la dimensione di una tempesta che comunque è destinata a rimanere nel libro dei record; per il momento pero’ si registrano negli USA poche vittime dirette (sei in tutto, cinque legate ad incidenti stradali) e nessun allagamento grave per via della marea gonfiata dai venti – anche grazie al fatto che stavolta le alte maree interessate sono state due invece delle 4 del ’78 e che la perturbazione ha ‘graziato’ spostandosi a Nord-Est, le zone di New York e del New Jersey già colpite da Sandy nell’autunno scorso.

Adesso sindaci e governatori cominciano a cantare vittoria, ma per farlo fino in fondo dovranno aspettare che si plachino i venti gelidi, che rischiano di trasformare le morbide dune in rocce appuntite e che arrivino i dati finali dei danni da una zona d’America che in totale conta almeno 40 milioni di residenti. Poi ci sarà da rimuovere la neve e da decidere dove buttarla, tutte operazioni che comunque da queste parti rientrano già nell’ordinaria amministrazione.

Stefano Salimbeni
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