Stato-mafia, tutti a giudizio

Il giudice dell'udienza preliminare Piergiorgio Morosini ha rinviato a giudizio tutti i 10 imputati. Confermato l'impianto accusatorio della Procura di Palermo. Il processo a maggio.

07/03/2013
Antonino Di Matteo, Pm alla Procura di Palermo e con titolare dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (Foto Lannino/Fotogramma).
Antonino Di Matteo, Pm alla Procura di Palermo e con titolare dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (Foto Lannino/Fotogramma).

Tutti rinviati a giudizio. Sugli accusati di aver trattato con e per la mafia ci sarà il giudizio della Corte d’Assise di Palermo. Il giudice Piergiorgio Morosini, che ha celebrato l’udienza preliminare, ha deliberato di rinviare al processo i 10 imputati.

La maggior parte di loro dovrà rispondere del reato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Mentre Massimo Ciancimino (figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito) dovrà difendersi dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia; infine, l’ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza.

Per la prima volta nella storia giudiziaria italiana boss di Cosa nostra, ufficiali dei carabinieri ed esponenti politici saranno insieme alla sbarra. Oltre a Ciancimino e Mancino, gli altri rinviati a giudizio sono i mafiosi Leoluca Bagarella, suo cognato Totò Riina, il pentito Giovanni Brusca e Antonino Cinà; il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e tre ufficiali dell’Arma: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno (Sono state stralciate le posizioni dell’ex ministro democristiano Calogero Mannino, che ha chiesto il rito abbreviato, e quella del boss Bernardo Provenzano, per le sue condizioni psichiche che gli impedirebbero di seguire le udienze).

Il processo comincerà il 27 maggio prossimo davanti alla Prima sezione della Corte d’Assise di Palermo. «Quella di oggi», è stato il primo commento a caldo del Pm Antonino di Matteo (titolare dell’inchiesta insieme a Francesco Del Bene, Lia Sava e Roberto Tartaglia), «è la decisione di un giudice terzo particolarmente preparato e rigoroso: questo costituisce la riprova che molte critiche mosse all’indagine erano preconcette e, a volte, in malafede».

«La decisione di oggi», ha detto ancora Di Matteo, «è per noi uno stimolo ulteriore ad approfondire anche tutti i temi di indagine residui a carico di altre persone, collegati all’inchiesta sulle stragi mafiose e sul periodo relativo al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Le indagini proseguiranno».

Attraverso un comunicato ha commentato la decisione del Gup anche Antonio Ingroia, l’ex procuratore aggiunto di Palermo che prima della scelta di impegno politico con Rivoluzione civile era stato contitolare dell’indagine: «La decisione di rinvio a giudizio», ha sottolineato, «conferma in pieno la ricostruzione della Procura e attesta la bontà di un’indagine fondamentale per il Paese».

«La decisione del giudice», ha aggiunto, «ristabilisce la realtà delle cose. Direi che di fronte all’enormità della prova che lo Stato italiano ha trattato con la mafia mentre c’erano ancora per le strade i detriti delle stragi, un Parlamento responsabile risponderebbe istituendo immediatamente una Commissione d’inchiesta sulla trattativa. Speriamo che finalmente i tanti che hanno pontificato contro questa indagine abbiano il buon gusto di tacere o quantomeno di chiedere scusa».

Nicola Mancino, all'epoca dei fatto ministro dell'Interno, rinviato a giudizio per falsa testimonianza (Foto Ansa)
Nicola Mancino, all'epoca dei fatto ministro dell'Interno, rinviato a giudizio per falsa testimonianza (Foto Ansa)

È intervenuto anche Nicola Mancino, ministro dell’Interno dell’epoca ed ex vicepresidente del Csm, ora imputato per falsa testimonianza: «Ritengo che il giudice si sia preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa sulla conoscenza da parte mia dei “contatti intrapresi da esponenti delle Istituzioni con Vito Ciancimino e per il tramite di questi con esponenti di Cosa nostra” e, perciò, abbia accolto la richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza formulata dal Pubblico Ministero. Non condivido la decisione: sono certo che le prove da me fornite all’udienza preliminare sulla mia totale estraneità ai fatti contestatimi saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi».

Così l’avvocato Basilio Milio, legale degli ex ufficiali del Ros: «La decisione di oggi non ci sorprende più di tanto. Siamo tranquilli perchè comunque si tratta di vicende già chiarite e sviscerate in altre sedi per cui affronteremo il processo con tranquillità e con distacco».

Infine, Massimo Ciancimino, che si è definito «l’unico che sperava di essere rinviato a giudizio». «Chi ha tradito deve essere stanato dallo Stato», ha aggiunto. «La conferma dell’impianto accusatorio della Procura, che si basa molto sulle mie dichiarazioni, è una confermate anche delle mie dichiarazioni».

L’Associazione dei familiari della strage a via dei Georgofili di Firenze ha già annunciato che si costituirà parte civile al processo.

Luciano Scalettari
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