Tremonti, che strizzata!

Una manovra con 22 articoli per trovare con urgenza 24 miliardi di euro. Pagano i dipendenti pubblici e gli enti locali e la crisi sbarca ufficialmente anche in Italia.

25/05/2010
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

“Primum vivere, deinde philosophari”. Avrebbe ragione, il ministro Giulio Tremonti che cita Aristotele (“Prima vivere, poi filosofare”), se non fosse che lui pretende sia di filosofare sia di insegnarci a campare. E siccome è la vita stessa a spiegarci quanto sia duro tirare avanti, vorremmo ci fosse almeno risparmiata la filosofia inutile. Proverbio per proverbio, buttiamo là questo: tanto tuonò che piovve. Avendo mille volte sentito dire che la crisi stava ormai per finire e che comunque noi italiani stavamo meglio degli altri, ecco che ci ritroviamo in piena emergenza da debito pubblico e a fare le stesse brutali manovre che fanno tutti gli altri.

     L’unica cosa davvero chiara di questa manovra è che bisogna trovare alla svelta 24 miliardi di euro, dei quali 16 da tagli alla spesa pubblica e 8 da maggiori entrate.

Questo secondo aspetto rischia di essere esilarante. Quasi 7 miliardi di euro dovrebbero arrivare, nel primo anno (la manovra vale per il biennio 2011-2013), dalla lotta all’evasione fiscale. La domanda è: quale evasione? Solo qualche mese fa lo “scudo” fiscale varato dal Governo, e accolto con grandi fanfare trionfali, ha condonato tra 80 e 90 miliardi di euro. Possibile che nel nostro Paese ci sia ancora tanta evasione da stroncare? E’ possibile che l’ex ministro Visco, ai tempi del Governo Prodi dipinto come un Dracula selvaggio, si faccia un’amara risata sotto i baffi, visto anche che viene abbassato a 5 mila euro il tetto massimo per i pagamenti in contanti e instaurato l’obbligo di fattura telematica oltre i 3 mila. Misure, potremmo dire, davvero “alla Visco”.

     Più complesso il discorso sui tagli alla spesa. Che la politica e la gestione dello Stato debbano costare meno, è scontato. Che il debito pubblico vada ridotto, altrettanto. E per finire, è certo maturato un largo consenso intorno a questi due obiettivi. Quello che si dovrà fare nei prossimi giorni, quindi, è spulciare le 100 pagine e i 22 articoli del testo completo della manovra e capire se i calcoli del ministro Tremonti vanno in questa direzione.

     Sarà bene ricordare, intanto, che tutti i Governi di Silvio Berlusconi hanno prodotto l’aumento del debito pubblico, non la sua riduzione. E poi chiedersi chi farà davvero i sacrifici da (quasi) tutti considerati inevitabili. Berlusconi ha come sempre ribadito che non sono state aumentate le tasse. Bisogna vedere se il cittadino medio ci ha guadagnato. Difficile che siano contenti i 3,5 milioni di dipendenti del pubblico impiego i cui salari sono congelati fino al 2013. Possibile invece che applaudano i proprietari di case irregolari o mai denunciate, per le quali si prospetta un condono. Difficile che piaccia alle famiglie il congelamento dei ranghi degli insegnanti di sostegno o che siano felici i figli dei dipendenti degli enti e degli istituti di ricerca che la manovra abolisce.

     In ogni caso, la manovra spazza in un sol colpo le favolette sull’eccezionalità italiana con cui ci siamo consolati in questi due anni, ascoltando perplessi il racconto delle difficoltà altrui al telegiornale della sera. E per essere più chiari: alla crisi della Grecia abbiamo dedicato 5 miliardi, gli altri 19 sono debiti nostri.

Fulvio Scaglione
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