Tremonti: l'Italia tiene perché...

Il ministro dell'Economia spiega le ragioni delle sue scelte. La politica del rigore, la famiglia, la questione meridionale.

29/06/2011
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

«Lo sento dire spesso: avete “tenuto in ordine i conti pubblici”. Grazie. In realtà noi abbiamo fatto di più: abbiamo “tenuto il bilancio dello Stato”. Come scriveva Quintino Sella, il bilancio dello Stato “riflette e contiene le virtù e i vizi di un popolo”. Non è stato dunque solo un diligente, pulito esercizio di numerologia o di ragioneria. In particolare, tenere il bilancio dello Stato è stato proteggere il risparmio delle famiglie, risparmio che è investito nel bilancio dello Stato – nei bot, nei cct – e che nel bilancio dello Stato trova la sua garanzia di ultima istanza. E’ stato mantenere la coesione sociale, con gli ammortizzatori sociali. E’ stato assicurare le pensioni, la sanità, le medicine. E’ stato infine tenere aperto il canale di finanziamento alle imprese. Lo abbiamo fatto dentro la crisi più grave dopo il 1929, a fronte dello straordinario corrispondente calo della produzione industriale e quindi del gettito fiscale. Il differenziale è stato pagato in deficit, ma abbiamo tenuto sotto controllo anche questo. Posso dire: fare cose ordinarie in tempi non ordinari è, in sé, qualcosa di straordinario. Almeno, io la vedo così. E’ vero, e lo so bene, che ci sono in Italia persone e famiglie, aziende e settori in sofferenza, in crisi. Lo so bene. Però nel complesso l’Italia ha retto. Ed ha retto per la virtù delle persone e delle famiglie, dei lavoratori e degli imprenditori. Lo so bene, non solo per la politica del Governo».

     Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti difende con orgoglio il proprio operato e quello del Governo. Lamenta, semmai, una «visione convenzionale della politica economica e dei fenomeni globali in corso». Visione in cui, spiega con la sua nota cortesia e con la sua altrettanto nota schiettezza, è caduta anche Famiglia Cristiana. Alla vigilia di decisioni importanti per il Governo e soprattutto per il Paese, ecco l’occasione per un dialogo sulla realtà nazionale e internazionale e sulle “relazioni pericolose” tra l’una e l’altra.

    

2008, arriva la crisi e crollano i mercati.
2008, arriva la crisi e crollano i mercati.

     «Per comprendere la realtà che stiamo vivendo», premette il ministro Tremonti, «dobbiamo partire dallo spirito del tempo che viviamo, ed è un tempo straordinario. Sono di colpo mutate la struttura e la velocità del mondo. Sono abbastanza vecchio da ricordare il vecchio G7 e abbastanza “giovane” da vedere il nuovo G20. Dietro queste sigle c’è una fortissima discontinuità storica, che ci aiuta a capire come sta cambiando il mondo”.

- Una rottura, quindi. Di che cosa? In che cosa?

     «Fino a pochissimi anni fa il G7 era il principio e la fine di tutto, per la verità una cosa un po’ misteriosa ma era la “cosa” politica più importante del mondo. Un “corpus” sovranazionale unificato da tre “codici”: da un codice linguistico (l’inglese), da un codice monetario (il dollaro) e da un codice politico (la democrazia occidentale). Il G7 controllava, controllava nel vero senso della parola, l’80% della ricchezza del mondo e lo faceva nell’interesse e per conto di più o meno 700-800 milioni di persone fortunate. Questo mondo, un mondo così organizzato, è durato dal 1975, quando appunto fu inventato il G7, fino alla crisi del 2008. Se stavi dalla parte giusta del mondo, in Occidente, stavi in un mondo caratterizzato da un altissimo grado di stabilità e di felicità. Un mondo che ancora godeva della rendita coloniale, una rendita durata ben oltre il tempo delle colonie. Un mondo in cui l’Occidente piazzava i suoi titoli e i suoi prodotti quando voleva, a chi voleva, a quanto voleva».

- Poi è arrivato il momento in cui questo sistema non ha più tenuto…

     «La crisi del 2008 ha marcato la fine di quel del mondo. Il G7, la crisi è stato probabilmente capace di causarla, anche perché ha accelerato la globalizzazione, ma non è stato capace di prevederla, di prevenirla, di gestirla. E’ per questo che il G7 è stato sostituito dal G20, che all’inizio aveva la missione di affrontare la crisi e poi di fissare i principi di governo del nuovo mondo globale. La differenza tra G7 e G20 non è solo quantitativa, caratterizzata dal passaggio da 7 a 20, nel numero degli Stati partecipanti. Con l’ingresso delle nuove potenze mondiali, dalla Cina all’India, dalla Russia al Brasile, la differenza è più profonda, è qualitativa, è politica. Il G20 non è più unificato dai vecchi codici del G7. La lingua non è più solo l’inglese: al G20 molti parlano infatti con orgoglio la propria lingua, per marcare la loro identità. La moneta non è più solo il dollaro, perché ci sono anche l’Euro e la moneta della Cina. Infine il vecchio unitario codice politico si è rotto, perché intorno al tavolo del G20 non c’è solo la democrazia occidentale, ma anche altri sistemi politici, che davvero non sono linearmente conformi alla democrazia occidentale».

I disordini in Egitto.
I disordini in Egitto.

- Se il G7 controllava l’80% della ricchezza planetaria, il G20 a quale percentuale arriva?

     «La percentuale è la stessa, più o meno l’80%, ma la differenza è fondamentale: mentre il G7 controllava, il G20 solo “rappresenta” l’80% della ricchezza mondiale. La rappresenta, ma non la controlla più. Siamo entrati in un mondo totalmente nuovo. Se posso fare un paragone, il G7 era come un vecchio “mainframe computer”: rigido, verticale, geometrico, monoblocco. Il G20 è invece come Internet: flessibile, orizzontale, interattivo, federale. Uno potrebbe dire: ok, il vecchio mondo era quello e il nuovo mondo è questo, prendiamone atto. Ma la storia corre a velocità folle e in due anni anche il G20 è diventato obsoleto, pur essendo stato “inventato” solo nel 2005».

- E perché?

     «Perché l’idea iniziale era – ripeto – quella di fare del G20 la nuova struttura di governo del mondo. Ma è stata un’idea nata già vecchia. Il G20 rappresenta infatti economicamente l’80% della ricchezza del mondo, ma non è un “corpus” politico che può governare il mondo. Nel G20, pur estesissimo, non c’è comunque una quota enorme del mondo. Fuori dal G20 c’è infatti tutta l’Africa, Sudafrica a parte. Fuori c’è il mondo arabo, Arabia Saudita a parte. La prova che in soli due anni questo organismo è diventato obsoleto ce l’hai se guardi le “rivoluzioni dei gelsomini” iniziate a partire da gennaio nel nord Africa».

     - Il G20 non ha saputo prevederle. Ma a ben vedere non ha saputo prevederle nessuno. 

     “Quello che cerco di dire è che nel mondo c’è stata una crisi, un cambio di paradigma, un’accelerazione. Non è un ciclo economico tradizionale, per cui poi si torna come prima. Siamo passati da meno di un miliardo a cinque miliardi di persone, che sono entrate nell’economia globale. Mentre un miliardo resta ancora fuori. Cinque miliardi di persone immesse di colpo in un mercato globale difficilissimo da amministrare, perché caratterizzato da enormi anarchici squilibri. E’ così che siamo passati da un mondo che conoscevamo ad un mondo che ancora non conosciamo. In più, ripeto, stiamo assistendo a una rivoluzione geopolitica che dall’Atlantico arriverà all’Asia, agganciando un pezzo di Africa».

- Lei pensa davvero che le rivoluzioni del Nord Africa si estenderanno a catena verso Oriente, fino all’Estremo Oriente?

     “Se uno guarda il catalogo dei fattori di crisi, sembra inevitabile. La cosiddetta “primavera del Maghreb” è stata innescata dalla speculazione sul cibo. A proposito: nel 2008 avevo chiesto al Fondo Monetario se c’erano sintomi di speculazione finanziaria sul cibo. Mi arrivò un rapportone del Fondo, un volume alto così con la scientifica dimostrazione che la speculazione non esisteva, che era solo il normale corso del mercato. Firmato Strauss-Khan. Ma la crisi alimentare, con il giovane ambulante tunisino che si dà fuoco perché non riesce a vendere la sua povera merce, è stata solo la scintilla della rivolta. Alla base ci sono masse di giovani istruiti, donne in cerca di emancipazione, una violenta reazione contro regimi oligarchici o cleptocratici. C’è poi il ruolo dei media, che è enorme. Se uno va a vedere le curve di utilizzo di Google, vede che a ridosso dei fatti politici c’è una fibrillazione nei contatti. Alla base, più forte di tutto, c’è infine la reazione contro eccessi di disuguaglianza sociale ed economica. Ecco perché non credo che questa rivoluzione sarà limitata al Nord Africa ma arriverà fino in Asia”.

Le immondizie a Napoli.
Le immondizie a Napoli.

- Quali conseguenze provocherà questa rivoluzione sul piano economico, sociale e politico?

     «Una cascata di rischi concreti. Un esempio banale: c’era un milione di turisti italiani che ogni anno andava in Egitto. Supponiamo che il flusso turistico vada giù. Quante famiglie egiziane che vivono di turismo ne risentiranno? Il calo del turismo può tradursi in una  spinta verso la disperazione e verso l’integralismo. Pensiamo ai Fondi sovrani arabi: che succede se ritirano i depositi? Infine si rischia una delusione traumatica. La democrazia non è una piazza piena di speranza o di rabbia. E’ una cosa molto più complessa. Appena quaranta anni fa in Europa la democrazia non era la regola, ma l’eccezione! La democrazia si costruisce lentamente “in loco”, non è una commodity che si esporta.
La democrazia non è McDonald’s».

- E in Europa, tutto questo cambiamento, che cosa provoca o può provocare?

     «A tutto quanto detto finora dobbiamo aggiungere la opposta deriva estremista in Europa. Sui binari della paura, della paura per il diverso e per il nuovo, c’è in Europa e soprattutto nel Nord Europa una spinta terribile verso l’estremo delle estreme destre. E questo rischia di minare la democrazia. Un altro evento che cambia il corso della storia è Fukushima. Una catastrofe nel senso greco, non un incidente, ma un cambio di paradigma. Questo è lo scenario in cui ci muoviamo nell’anno di grazia 2011».

     - In questo scenario come interpreta il suo ruolo-guida nella politica economica nazionale?

     «Lo ripeto: nell’età in cui viviamo anche quello che deve fare un Governo in Europa non risponde più ai criteri tradizionali».

- Perché, dunque, il sistema Italia ha tenuto?

     «Perché ha tenuto il bilancio dello Stato l’ho detto, ma non solo. L’Italia ha retto perché abbiamo ottomila Comuni, non solo grandi metropoli circondate da anelli infernali di periferia. Abbiamo una struttura più umana e geograficamente più capillare. Abbiamo un sistema sociale basato su due pilastri: l’Inps, ma anche la famiglia. E pensare che il bilancio pubblico tenesse, con dentro il terzo debito pubblico del mondo, nella crisi più grave dal Dopoguerra, senza gravi tensioni sociali, è stato un risultato incredibile, che all’estero sorprende tutti. Fuori dai confini qualcuno pensava che i primi a saltare saremmo stati noi. E invece no. E certo, oggi nel pieno di  una crisi che continua partendo dalla Grecia, dobbiamo continuare. Non abbiamo alternative».

- E’ fiducioso per il futuro?

     «Mi preoccupa soprattutto il divario tra Nord e Sud. La grande questione italiana resta ancora la questione meridionale. L’Italia è un Paese duale, ma non deve e non può essere un Paese diviso. Non è solo questione di soldi, ma di capacità e civiltà di governo. I fondi europei (provvisti dall’Italia a Bruxelles e da questa ristornati all’Italia) hanno un volume enorme. Ma ancora più enorme è appunto il fatto che non vengono spesi. O poco. E che il resto va poi perso, a vantaggio di altri Paesi».

Francesco Anfossi - Fulvio Scaglione
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

Postato da spark il 03/07/2011 17:49

Di fronte al comportamento farisaico di moltissimi italiani,(i quali si accorgono solo ora che qualcuno da un po’ di tempo gli aveva messo le mani nelle tasche e che con la nuova finanziaria, nelle tasche rimangono solo gli spiccioli) sarei tentato di dire :”ben fatto Tremonti, continua cosi che vai bene!” Invece, non posso dirlo, perche’ io, al contrario dei farisei nostrani, questo governo, non l’ho ne votato ne sostenuto e in tutti questi anni non mi sono mai bevuto gli annunci roboanti al ritmo di “tutto va bene, ci vuole piu’ ottimismo, ghe pensi mi, etc etc, ” fatti dal sultano di Arcore e a turno, dai suoi giannizzeri, il superministro dell’economia compreso, di cui mi permetto di riportare alcuni esempi in ordine di tempo: 1)Il 23-11-2010 , davanti all’assemblea egli industriali di Roma, il nostro genio dell’economia diceva: "Certo, esiste un'area del Paese dove c'e' spreco, ma voi pensate che si può tagliare la sanità?". Qui, "in Italia, costa meno della media europea e nell'insieme ha rendimento migliore della media europea". Non capisco allora perche’ adesso ci propone, in finanziaria, l’aumento/ripristino dei ticket sanitari, la mia difficolta’ a capire dipendera’ senz’altro dalla mia ignoranza in materia di finanza creativa! 2)Dal quotidiano Il Secolo XIX del 25 -04-2010. Nell’intervento depositato all’International monetary and financial committee del Fondo monetario internazionale, l’inquilino di via XX settembre osserva che «grazie alla limitata esposizione alla bufera sui mercati finanziari internazionali e al collasso del settore immobiliare, gli effetti peggiori della crisi sono stati solo temporanei in Italia». Per questo Tremonti è fiducioso che l’economia italiana riuscirà a «evitare la maggior parte degli effetti di lungo periodo della crisi». Non voglio infierire oltre, mi fermo qui. Se qualcuno vuole continuare a vedere le perle del nostro superministro, puo’ trovarle senza difficolta’ sul web. All’improvviso i nostri farisei, si sono svegliati: l’Europa ci impone una manovra di quasi 50 miliardi ( a proposito, e gli 80 miliardi di manovre rastrellati durante gli ultimi tre anni dal governo Berlusconi, a cosa sono serviti visto che stavamo meglio degli altri?) , le agenzie di ratings minacciano di declassificarci e via di seguito. Ed ecco che ci accorgiamo che la Grecia e’ vicina, la manovra diventa inevitabile e chi la paghera’.? Stavolta anche i farisei si sono accorti che la pagheranno ,come sempre (loro compresi) i lavoratori a reddito fisso, i pensionati (in primis), i commercianti ed artigiani onesti, i piccoli industriali etc. La Casta, al contrario non sara’ toccata, l’altra sera in TV il nostro eroe, ad una precisa domanda del giornalista sul perche’ del mancato intervento su stipendi e privilegi dei nostri eletti (dopo averlo strombazzato per giorni), ha risposto stizzito che ogni cosa sara’ fatta con calma e che allora i nostri rappresentanti avranno un trattamento pari ai loro colleghi europei!!! Lascio ad altri ogni ulteriore commento. La differenza tra noi e la Grecia, a mio parere , non sta nel diverso ammontare della manovra, ma dal fatto del tutto inusuale per un paese democratico che , mentre ad Atene, coloro che hanno portato la Grecia sull’orlo del fallimento, il centrodestra che falsificava i rapporti sul debito pubblico ellenico da mandare a Bruxelles ( permettetemi questa dissertazione: ma i burocrati dell’Europa, stipendiati a milioni di Euro l’anno, cosa facevano invece di controllare? Delle due l’una, o erano conniventi con il governo greco ed allora sono da mandare tutti in galera oppure se si sono fatti infinocchiare, significa che non sanno fare il loro mestiere e sono da cacciare al piu’ presto, per il bene dell’Europa), sono stati cacciati alle elezioni ed adesso e’ il PASOK che sta tentando di salvare il salvabile a prezzo di enormi sacrifici, mentre da noi coloro che hanno governato nove anni negli ultimi undici e ci hanno portato in questa situazione (come hanno chiaramente e correttamente documentato DOR1955 e Aldo Abenavoli nei loro commenti del 30/6) hanno la faccia e la pretesa di decidere loro come spalmare e gestire la manovra richiestaci della UEE!!! L’ultima volta che sono sceso in piazza era nel 1984, penso sia giunta l’ora di ritornarci!
Osvaldo Bardelli

Postato da dino avanzi il 02/07/2011 14:21

Sono un dipendente degli enti locali e approfitto dell’occasione per dire al ministro Tremonti che bloccare la progressione orizzontale dei dipendenti degli enti locali, nei livelli inferiori, vuol dire negare una “miseria” a chi già percepisce uno stipendio basso. E’ profondamente ingiusto e non significa rimettere a posto i conti. Non è solo sulle persone fisiche che si devono fare i risparmi, ma sui tanti e troppi sprechi e sulle tante e troppe società di consulenza. Serve piuttosto ridisegnare il sistema di gestione delle risorse pubbliche, il modo di impiegarle, la configurazione stessa del sistema pubblico. A partire dall’architettura istituzionale e dall’organizzazione del lavoro: con meno enti, meno poltrone,meno dirigenti.

Postato da Mara44 il 01/07/2011 21:05

consiglio il super (?) ministro di leggere il libro di Nunzia Penelope "I soldi rubati". Potrebbe farsi un'idea di dove pescare i soldi per dar sollievo alle famiglie e ai pensionati che, come scrisse Ungaretti "la vita su sconta vivendo" pagano l'allungamento della vita con una pensione da fame. E meno male che proprio il ministro in questione abrogò la tracciabilità dei pagamenti del governo Prodi, perchè, a suo dire, i poveri vecchietti non sanno usare le carte di credito. E la social card cos'è? Una figurina da gioco? Che ipocrisia! Forse non ha imparato nulla dalla lezione delle amministrative e referendum, con cui il popolo sovrano ha dimostrato di non credere più alle favole.....

Postato da giorgio traverso il 30/06/2011 22:14

Al signor ministro,ho una sola cosa da dire:sono stufo di farmi prendere per i fondelli.Nella vita ho sempre fatto dei sacrifici,e continuo a farli,anche se non mi manca niente.Adesso è l'ora che rinuncino a qualche cosa quelli che hanno molto e di più.
giorgio traverso

Postato da DOR1955 il 30/06/2011 14:51

Ho letto alcune volte l'articolo per capire bene cosa ha intenzione di fare il ministro Tremonti; l'ho letto più volte perchè non mi sembra abbia spiegato in che modo intende occuparsi degli italiani, ma non di quelli ricchi, ma di quelli, e sono la maggioranza, che hanno problemi più o meno grandi di natura economica (parliamo solo di economia e tralasciamo gli altri). In questa intervista il ministro dimostra di essere una persona molto colta, di sapere usare bene verbi, avverbi, locuzioni, preposizioni, paradigmi e quant'altro ci offre la bella lingua italiana (al contrario della "povera" lingua inglese), ci illustra le filosofie della macro economia (anche se non in modo chiaro), parla di conti e di bilanci, di crisi generalizzata (non mi sembra però che tutto il mondo sia in crisi) e con tanti altri "paroloni" sconosciuti ai più, ci fa capire che ..... "dobbiamo arrangiarci". Non leggo, ad esempio, in quali settori economici intende puntare il governo per sviluppare l'economia, ma sopratutto il lavoro che, volenti o nolenti, è alla base dell'economia (e non i giochi finanziari in cui questo ministro è maestro). Risposte a stipendi bassi (esclusi naturalmente politici - burocrati - e quanti altri appartengono alle numerose caste presenti in Italia), disoccupazione reale, e non solo giovanile ma anche delle centinaia di migliaia di "over" che non riescono a rientrare nel mondo del lavoro (compresi cassaintegrati e lavoratori in mobilità) i cui dati aggregati sono di molto superiori a quelli "ufficiali", alla elevata tassazione diretta e indiretta cui persone e le piccole attività imprenditoriali (sopratutto, anzi, esclusivamente) sono sottoposte, alla carenza di servizi, sopratutto nel sociale e sopratutto al sud. Questi che non "mettono le mani" nelle tasche degli italiani ci devono spiegare cosa significa, ad esempio, introdurre un altro ticket sulla sanità di ulteriori 10 € per visite e/o esami specialistici (in Veneto, ad esempio, si pagano già ticket di 18,95 € per visita specialistica, 36,15 € per esame strumentale, 18,5 € e 25,00 € per prestazioni di PS codice bianco pediatrico e normale) con tempi di attesa anche oltre un anno per determinate prestazioni?. Per non parlare delle tasse e imposte "occulte" nei servizi quali energia, acqua, gas, telecomunicazioni, carburanti, assicurazioni e tanti altri, se non indispensabili, importanti. E del fatto che la "scuola dell'obbligo", obblighi le famiglie a spendere centinaia di € per libri?. E delle pensioni?. Potrei continuare con decine e decine di cose reali che condizionano, in negativo, la vita della maggioranza degli italiani e di sicuro non ci sarebbero da parte sua, egregio ministro Tremonti, soluzioni realistiche. La controprova è nella conclusione della sua intervista; di fatto, sua stessa ammissione, l'Italia di salva grazie a "due pilastri, l'Inps e la famiglia". Grazie, non avevamo bisogno che ce lo spiegasse lei (superministro de che?); i soldi dell'Inps sono degli italiani che hanno lavorato (e non del fantomatico stato) e quelli delle famiglie sono sempre degli italiani che lavorano. Grazie signor ministro, portatore sano di "Finanza creativa!!!!!!!".

Postato da aldo abenavoli il 30/06/2011 12:47

Credo che sulle affermazioni del ministro Tremonti sia necessaria una profonda operazione di ristabilimento della verità, operazione che a mio avviso deve partire dal confronto tra il decennio degli anni novanta, riconducibile direttamente o indirettamente a governi di centrosinistra e quello che parte dal duemila che è stato governato quasi esclusivamente dal centrodestra. L'Italia che il centrosinistra ha preso all'inizio degli anni novanta era un paese sull'orlo del baratro; poi le severe misure e lungimiranti dei vari Amato Ciampi Prodi Dini e D'Alema hanno avuto l'effetto di risanare i conti senza incidere sullo stato sociale e sui redditi dei più deboli, assicurando al paese stabilità interna e credibilità internazionale. A titolo di esempio di quanto affermato, ma chiunque sia interessato alla verità potrà controllare i dati Istat, cito il rapporto deficit PIL che all'inizio degli anni 90 viaggiava sul 9%( che significa ad ogni 100 di ricavo corrispondevano 109 di spesa) e che nel 2000, ultimo anno del governo di centrosinistra era arrivato allo 0,8%!!! ( il che significa praticamente al pareggio!!). Poi è arrivato il governo di cui il ministro Tremonti è stato uno degli artefici e tutta l'opera di risanamento è stata completamente azzerata con la conseguenza che ora siamo tornati al livello da brivido di inizio degli anni novanta. Tra l'altro Tremonti è stato il promotore della riforma fiscale del 1994 che ora viene riproposta dopo 18 anni ma che non si può fare perchè, visto lo stato dei conti, la riforma consisterebbe nell'aumento delle tasse allo scopo di creare un gettito aggiuntivo utile per una sua successiva riduzione. Il che significa affermare che le tasse, con buona pace della Lega, non si ridurranno mai più. Dunque grazie al ministro Tremonti e al suo governo una intera generazione è stata sacrificata, proprio come nel ventennio fascista. C'è da chiedersi come tutto ciò è stato possibile e chi pagherà i danni.

Postato da kocise il 30/06/2011 00:56

Il Sig. Ministro come è suo solito ci fa la lezioncina sul G7, G20 e crisi mondiale descrivendoci quello che sta succedendo. Anziché usare il politichese possiamo condensare in una sola parola quello che stiamo vivendo: Globalizzazione. Possiamo essere d'accordo o no ma le leggi economiche sono assolute. Era prevedibile che l'economia mondiale dopo aver elevato il tenore di vita dell'occidente si rivolgesse ai bisogni del terzo mondo Si è aperto così un mercato di 5 miliardi di individui con necessità ed un tenore di vita da migliorare. I nostri governanti hanno favorito gli industriali ad investire in quei paesi per potere accaparrarsi quei mercati. Si sono ritrovati invece con la delocalizzazione e la concorrenza a basso costo ed incontrollabile. Per recuperare occorrerebbe una seria politica industriale, ma la maggioranza è impegnata soltanto a salvare il fondo schiena del premier. Il ministro con molta onestà ci dice che il sistema sociale ha retto per l'INPS e le famiglie che si sono sobbarcate tutte le difficoltà attingendo ai risparmi. Il sistema ha retto grazie agli ammortizzatori sociali conquistati con le lotte sindacali del secolo scorso. Ha retto perché abbiamo aumentato il debito pubblico, in assenza di una seria politica di mantenimento dei costi dei servizi, di una diminuzione di quelli della politica, di una seria lotta all'evasione fiscale ed alla corruzione. Oggi ci presenta una nuova manovra ottenuta nella maniera più semplice, mettendo le mani nelle tasche dei cittadini. Per la maggior parte sempre nelle stesse, quelle più tartassate. Ma com'è che non si rende conto che mentre il novanta per cento dei cittadini fa salti mortali per arrivare a fine mese il restante dieci aumenta le sue ricchezze indisturbato?

Postato da Franco Salis il 29/06/2011 18:14

“I conti in regola” e il bilancio dello stato non sono la stessa cosa? OK, adesso provo a mettere ordine anche nella mia testa: i conti si riferiscono ai saldi,il bilancio alla distribuzione:è così? Se non è così le cose che seguono non hanno alcuna razio. I conti in regola ce li chiede l’Europa,ma è ovvio che l’Europa non può chiederci il bilancio .Il ministro dice che il bilancio “ha tenuto”.Mi pare che il bilancio ha tenuto a causa dei tagli indiscriminati in tutti i settori. Cioè non c’è stato bilancio,ma tagli. Che i tagli fossero necessari non lo nega nessuno ma ciò che molti mettono in discussione è l’utilizzo della falciatrice. I tagli hanno creato disoccupazione ,che è molto più elevata di quel che dicono i dati ufficiali,perché alcuni valori sfuggono al calcolo,è aumentata la cassa integrazione,qualcuno si è tolta la vita. Col degrado economico ,è aumentato anche quello morale, è aumentata la caduta verticale dei valori, è ritardato il matrimonio, ,sono aumentate le convivenze, sono aumenti i divorzi, crescita nascite zero. In Italia non c’è stata “rivoluzione”,non perché il bilancio ha tenuto,ma perché hanno sopperito le famiglie! Il ministro si dice preoccupato per alcune incongruenze per esempio il sotto sviluppo del sud. Se vuole essere, e non solo apparire, galantuomo ci deve dire:chi gli ha impedito di investire al sud,perché ha creato disoccupazione nel mondo della scuola e della cultura,perché ha dato un accontentino al mondo della cultura attingendo dall’accise. F.C., o ricordo male?, ha criticato la politica fiscale della famiglia ha proposto un modello fiscale a salvaguardia della famiglia ( esempio di saggezza,non solo critica,ma anche proposta) . Il ministro ci deve spiegare la “cedolare secca” sugli immobili che va a solo vantaggio di chi ha una aliquota superiore al 40% e a svantaggio degli altri. Ha annunciato la riforma del fisco restringendo a tre le aliquote 20-30-40 senza aver ancora stabilito gli scaglioni corrispondenti. Saranno verso l’alto o verso il basso? Se sono verso il basso,io che sono al 27% corro il rischio di scendere al 20:chi paga il disavanzo? Se verso l’alto corro il rischio di pagare il 30% a vantaggio di chi?,mi pare ovvio di coloro che prima pagavano il 41% e oltre. Delle paure relative alla globalizzazione (G8-G20) e dei fermenti nel nord Africa ad altra occasione. Vi siete scottati oggi al sole? Ma quanto è cinico questo Franco Salis!

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati