14/02/2012
Il grado di civiltà di un Paese si misura su come
sono curate le persone più fragili. Se la
collettività scarica la loro assistenza su famiglie,
parenti, beneficenza privata, quel Paese è
sulla via dell’imbarbarimento e della progressiva
ingiustizia. Dove i potenti e i ricchi saranno
sempre più privilegiati. E gli “ultimi”
resteranno tali. Ai margini della società.
A riguardo della situazione italiana, il Censis
ha scritto: «La disabilità è ancora una questione
invisibile nell’agenda istituzionale,
mentre i problemi gravano drammaticamente
sulle famiglie, spesso lasciate sole nei compiti
di cura». C’è un crescente disimpegno pubblico
nei servizi socio-sanitari. Sia a livello nazionale,
che regionale e locale. Lo stesso è per
le disparità territoriali. Inaccettabili in un progetto
di piena cittadinanza sociale, che dia pari
opportunità a tutti gli italiani.
In alcuni territori, Regioni e Comuni tentano
di mantenere quote adeguate di risorse e
servizi per disabili, anziani fragili, persone
marginali, famiglie in povertà e disagio sociale.
In altri contesti (già alle prese con la disoccupazione
e l’inefficienza della pubblica
amministrazione), i servizi socio-sanitari
peggiorano. Lasciando intere aree d’Italia
senza assistenza per disabili e anziani.
Anche il mancato finanziamento a livello
nazionale del Fondo per la non autosufficienza,
chiesto invano da sindacati e associazioni
familiari al precedente Governo Berlusconi
già dalla Conferenza sulla famiglia di Milano
del novembre 2010, ma non rinnovato nemmeno
dall’attuale Governo Monti, è un gravissimo
segnale di mancata attenzione, che
le famiglie e la nostra società non possono
più sopportare.
È tempo di mettere le persone più fragili
al centro dell’attenzione del Paese. I disabili
non sono un “fardello economico”. Sostenere
i compiti di cura delle famiglie non è solo
un doveroso atto di giustizia e di solidarietà,
ma costituisce anche uno strumento di rilancio
della speranza, del progetto e dello sviluppo
del “sistema Paese”. Così si potranno liberare
le energie e l’impegno di tanti uomini e
donne adulte. Cioè di quella “generazione
sandwich” che cura giovani e anziani. Quei
padri e quelle madri alle prese con figli adolescenti
o con giovani adulti disoccupati o
precari. E che, al tempo stesso, devono farsi
carico della cura e della custodia dei propri
genitori anziani e delle persone fragili e disabili
presenti in famiglia.
Un Paese che crede e investe nei suoi cittadini,
anche nel sostegno a quelli più fragili,
sarà capace di rilanciare l’occupazione e l’economia.
Dove prendere i soldi? Basterebbe
abbattere la scure sulle spese militari e “tagliare
le ali alle armi”, rinunciando agli F35.
O sospendere i generosi finanziamenti ai
partiti, per rispetto alla volontà popolare. E
visti anche i cattivi usi che ne fanno.
Con le liberalizzazioni delle attività commerciali,
liberiamo anche le energie delle famiglie.
E sosteniamole nel compito di cura.
Rifinanziare un nuovo Piano per la non autosufficienza,
già presente in molte nazioni europee,
ci farà stare nell’Unione europea a testa
alta. Un’Europa non solo del commercio
e delle monete, ma soprattutto solidale.
Un’Europa ancora da costruire, ma che ci interessa
davvero. Molto di più di quella delle
banche e della finanza.