02/01/2012
Il premier ungherese Viktor Orban.
Sarà interessante vedere quali provvedimenti prenderà l’Unione Europea per fronteggiare una realtà nuova ma affatto imprevista come quella proposta dall’Ungheria del premier Viktor Orban. Ovvero, la potenziale rinascita nel cuore dell’Europa e dell’Unione di uno Stato autoritario di tipo fascista o comunista.
Non ci sono, infatti, tanti altri modi per descrivere lo Stato che sta pian piano nascendo. Orban, alle elezioni dell’aprile 2010, ha messo a profitto il discredito del Partito socialista ottenendo per il proprio partito, Fidesz, il 52,7% dei voti. Un trionfo della destra reso ancor più clamoroso dal 16,7% dei voti (e 47 parlamentari) ottenuto del movimento antisemita Jobbik.
Ferenc Gyurcsany, ex premier socialista, arrestato durante una manifestazione di protesta.
Sulla spinta di quel risultato, Orban ha cominciato a smantellare ogni forma di garanzia democratica in vigore nel Paese, dedicando molta meno energia a combattere la profondissima crisi economica che ha portato l’Ungheria a un passo dal default: il debito pubblico è quasi raddoppiato in due anni, i redimenti dei suoi titoli di Stato hanno battuto persino il record raggiunto nel 2009, quando solo un mega-prestito del Fondo monetario internazionale evitò il crollo; e per il 2012 le previsioni parlano di un’inflazione oltre il 5%, di una disoccupazione al 12% e di un affossamento del Prodotto interno lordo.
Il Governo Orban, però, ha altre priorità. Inattaccabile nella maggioranza parlamentare, ha fatto approvare una nuova Costituzione, entrata appunto in vigore il 1° gennaio 2012, per sostituire quella “vecchia” che risaliva al 1949 ma era stata abbondantemente ritoccata nel 1990, dopo il crollo del Muro di Berlino e dell’Unione Sovietica.
La nuova Costituzione elimina la dizione “Repubblica” dal nome dello Stato, limita fortemente i poteri della Corte Costituzionale (i cui nuovi membro saranno scelti dal Governo) e introduce norme modulate secondo le convenienze politiche di Orban e del partito Fidesz. Per esempio: fissa la tassa ad aliquota fissa (flat tax) al 16%, stabilendo nel contempo che tale aliquota potrà essere modificata solo con il voto dei due terzi dei membri del Parlamento, legando così le mani ai futuri Governi e garantendo a Fideszuno spazio di manovra in Parlamento; e sancisce l’obbligo del pareggio di bilancio, ma a partire però dal 2016 e non dal 2012 come chiedeva l’Unione Europea, scaricando così su altri Governi l’onere di una situazione economica che peggiora di giorno in giorno.
La stessa nuova Costituzione si fa paladina del diritto alla cittadinanza ungherese dei cittadini di etnia magiara residenti nei Paesi confinanti, con ciò introducendo un elemento di potenziale conflitto con Paesi come Slovacchia, Romania, Austria, Bulgaria, Slovenia e Croazia e quindi di destabilizzazione della stessa Unione Europea.
Ancora più fosco il quadro se si guarda alla legislazione corrente, quella che Fidesz può implementare in Parlamento senza tema di opposizione. I tempi di intervento durante i dibattiti parlamentari sono stati drasticamente ridotti e non possono superare i 15 minuti. I media sono sottoposti al controllo di una commissione governativa che, infatti, sta già provvedendo a eliminare dalla scena, o a limitare fortemente, le voci dissidenti. Klubradio, emittente schierata con le opposizioni, è stata privata delle frequenze che sono invece state assegnate a una radio recentemente fondata da imprenditori vicini a Orban, Autoradio. Punizione un poco meno pesante è invece toccata a Index.hu, il più seguito tra i siti ungheresi d’informazione: i suoi redattori sono stati banditi dal Parlamento dopo che il portale aveva pubblicato un video satirico sui lavori del Parlamento stesso.
Una manifestazione di sostenitori del premier Orban.
Normalizzata la magistratura: 300 magistrati non allineati sono stati prepensionati e la nomina dei nuovi è ora “supervisionata” da una commissione nominata dal Governo. Modificata anche la legge elettorale e il risultato è che il partito Fidesz del premier, grazie a una serie di clausole e premi di maggioranza, potrebbe restare al potere anche se ottenesse solo il 30% dei voti. Per finire, lo scontro con la Banca centrale: il Governo Orban vorrebbe in pratica tramutarla in un ufficio governativo, nominando propri rappresentanti ai vertici dell’Istituto.
In qualche modo questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il presidente della Commissione europea Barroso ha cortesemente chiesto a Orban di ritirare la legge in proposito, Orban ha risposto “no” in modo un po’ meno gentile. Allora Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale hanno deciso di congelare le trattative che dovevano portare alla concessione di un nuovo, massiccio prestito all’Ungheria.
Ma è proprio la disgrazia economica dell’Ungheria, paradossalmente, a rinforzare la posizione di Orban. Con la crisi dell’euro ancora aperta, l’Europa (e con essa le altre istituzioni internazionali) può permettersi di lasciar fallire l’Ungheria e di creare così un buco nero proprio nel cuore del continente? Orban lo sa e ne approfitta. E l’Unione Europea, molto impegnata a far le pulci alle elezioni in Russia, si trova ora alle prese con un Premier autoritario che fu anche vice-presidente del Partito popolare europeo e con un Paese membro che ha imboccato una deriva antidemocratica e nazionalista che, da quelle parti d’Europa, ridesta ricordi quanto meno imbarazzanti.
Fulvio Scaglione