Addio Magni, terzo uomo del ciclismo

Il nostro ricordo di Fiorenzo Magni, morto a 91 anni, che ha fatto la storia del ciclismo italiano accanto a Bartali e Coppi. Uomo duro e tenace, passista in sella così come nella vita.

19/10/2012
In queste immagini alcuni momenti della carriera sportiva di Fiorenzo Magni (Olycom).
In queste immagini alcuni momenti della carriera sportiva di Fiorenzo Magni (Olycom).

Fiorenzo Magni era nato nel 1920 a Vaiano presso Prato, avrebbe compiuto 92 anni il 7 dicembre. E’ stato il terzo uomo del ciclismo italiano: Bartali, Coppi e poi lui. E’ morto ma non di fisiologica vecchiaia, lo ha spento un’emorragia. Lavorava ancora, vendeva auto a Monza e a Seregno. Abitava in Brianza, andava tutti i giorni in ufficio, dove teneva  in cornice la prima pagina della Gazzetta dello Sport, quasi tutta vistosamente dedicata al suo successo in un Giro d’Italia. Un titoletto in basso annunciava il Milan che nello stesso giorno era diventato campione italiano nel calcio. Erano quelle le proporzioni mediatiche fra bicicletta e pallone, allora.

Era un duro, un toscanaccio temperamentale, un pratese alla Malaparte. Professionista dal 1940 con la Bianchi,  aveva poi guidato la Wilier-Triestina, sempre fabbrica di bici, lasciando le corse nel 1956. Nel 1954 si sarebbe cucito addosso la maglia della Nivea-Fuchs, prima sponsorizzazione (una crema emolliente) che non fosse di bici o accessori: ha inventato lui il ciclismo impataccatissimo di adesso.

Ha avuto una vita piena di cose, non soltanto di ciclismo. Da giovanissimo aveva aderito alla Repubblica di Salò, dopo la liberazione era stato epurato e dunque squalificato per un anno, il 1946. Poteva dirsi vittima di una iella epocale, per essere nato nel tempo di Bartali e Coppi, e invece si  è sempre detto fortunato: “Quei due mostri mi hanno insegnato a perdere”. Comunque ha trovato spazio per vincere molto: tre Giri d’Italia (1948, 1951 e 1955), tre campionati italiani, tre Giri del Piemonte, tre Trofei Baracchi... E tre sensazionali Giri delle Fiandre, la classica belga, una delle ”corse monumento”.

Nel 1948 si era ritirato, nel 1949, 1950 e 1951 aveva vinto correndo con un solo gregario, Tino Ausenda, che con lui aveva spartito il viaggio in treno (il ”lusso” della cuccetta soltanto l’ultima volta) da Milano a Bruxelles e poi a Gand. “Leone delle Fiandre” era il soprannome che gli piaceva di più. Poi c’era “maglia rosa della volontà”, per il secondo posto nel Giro d’Italia del 1956, a 36 anni, correndo la seconda metà delle tappe con una clavicola incrinata per una caduta (leggendaria la sua foto mentre pedala tenendo fra i denti un tubolare che si tende e va ad attorcigliarsi al manubrio).

Magni nel 1944 si era definitivamente trasferito in Brianza (dove si era sposato), senza mai cercare di tornare a vivere nella sua Toscana natale, dove aveva patito, in un processo, la richiesta di una condanna a trent’anni, per la sua partecipazione, con i brigatisti neri, alla strage di Valibona, dalle parti di Prato. Assolto e poi anche amnistiato (Togliatti il guardasigilli) da altre accuse. Decisiva la testimonianza di un altro corridore toscano, Alfredo Martini, suo amico da ragazzo, e legato ai partigiani. Alfredo ha 91 anni e piange Fiorenzo di cui è stato anche gregario. Ultimamente uno storico inglese ha scritto che Magni, una volta trasferitosi in Lombardia, aveva addirittura aiutato con denaro il Cln: comunque lui Fiorenzo mai aveva rinnegato il fascismo, pur senza praticare il culto delle sue scorie.

Era amico di Bartali anche se al Tour del 1950, a metà corsa,aveva dovuto ritirarsi, lui in maglia gialla, per solidarietà con il grande Gino e altri dei nostri aggrediti sull’Aspin da tifosi francesi che ci accusavano di essere dei “succhiaruote”. Era amico di Coppi anche se al Campionissimo declinante aveva tolto, nel 1956, la possibilità di vincere il Giro di Lombardia: Fausto era in fuga, la Dama Bianca compagna di Fausto aveva, dall’auto, fatto a Magni un gestaccio come a dire “lui vi ha messo a posto tutti”, e allora Fiorenzo aveva guidato il riuscito inseguimento, in volata aveva vinto Darrigade francese, Coppi se l’era presa con lei, non con lui.

Era passista, ma soprattutto era discesista. Nessun poteva tenergli dietro. Un altro toscanaccio, Gastone Nencini, cui Magni tolse, con una fuga-beffa in compagnia di Coppi, la maglia rosa alla penultima tappa del Giro 1955, imparò da lui l’arte delle discese folli e vinse così il Giro 1957 e il Tour 1960.

Gian Paolo Ormezzano
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