Addio a Provenzali, voce del pallone

"Gentili ascoltatori buon pomeriggio, è Alfredo Provenzali che vi parla". Se ne va con la sua voce un pezzo di storia della radio e del pallone e un po' di noi com'eravamo.

13/07/2012
Una recente immagine di Alfredo Provenzali (foto del servizio: Ansa).
Una recente immagine di Alfredo Provenzali (foto del servizio: Ansa).

Ameri, Ciotti, adesso Alfredo Provenzali. Ogni volta che se ne va una voce, colonna sonora del nostro pallone perduto, se ne va un pezzo di noi com'eravamo. Poche cose avevano la capacità di riavvolgere il nastro di domeniche perdute come una chiacchierata con Alfredo Provenzali.

In occasione del 50° compleanno di Tutto il calcio minuto per minuto ci guidò in un viaggio nel calcio com'era, nel senso di sopravvivere come radio alla Tv delle mille telecamere, a Internet e a tutto il resto. Solo alla fine capimmo che era un viaggio nel tempo personale di ciascuno. Aveva una capacità straordinaria di far vivere le immagini a parole. Parlava di calcio e ci parlava di noi.

A chi gli chiedeva che senso avesse un telecronista solo contro mille telecamere rispondeva: «Bisogna cercare di dimenticare che il mondo è cambiato, che noi e il calcio non siamo più quelli di una volta, ma che, tutto sommato, c’è ancora qualcosa che ci unisce a quel calcio e a quel tempo. Bisogna cercare di fare le stesse cose che facevamo allora con l’entusiasmo di allora, sapendo che qualcuno – anche se non siamo più ai 20 milioni di radioascoltatori di un tempo – ancora ti segue e ti ascolta».



Se gli facevi notare che 20 milioni erano la popolazione maschile italiana al netto dei lattanti e degli ultracentenari, replicava: «Ma c’erano anche le donne».
E poi ti raccontava un mondo: «Tutto il calcio minuto per minuto è nata quando ancora esistevano dei punti fermi: la domenica era il giorno più importante della settimana, cominciava la mattina presto con tutta la famiglia che si recava alla Messa, poi le donne tornavano a casa a preparare il pranzo, mentre il capofamiglia andava dal pasticciere all’angolo per comprare un piccolo cabaret di paste. C’era il rito dei dolci riservati alla domenica per la famiglia allargata a nonni e nipoti. Poi quando cominciava il secondo tempo delle partite – i primi tempi non venivano trasmessi allora – gli uomini si riunivano nel salotto buono attorno a quel rudere di legno chiamato radio ad ascoltare un gentiluomo attaccare: “Gentili ascoltatori buon pomeriggio, è Roberto Bortoluzzi dallo studio centrale che vi parla”».

Sapeva bene che la concorrenza della Tv era impari rispetto alla sua voce, ma sdrammatizzava così il timore di rimediare brutte figure: «Si cerca di non pensare alle papere che potresti fare, se no staresti zitto. Continui a fare qualcosa che forse non ha più l’interesse di una volta, con la stessa passione. Poi, però, ti accorgi che i bambini circondati  dai giocattoli più avveniristici, resta incantata da una voce che le racconta Cenerentola. E allora capisci che le favole esisteranno sempre, anche se noi non ci crediamo più tanto».

E adesso chi glielo dice agli ascoltatori che Tutto il calcio minuto per minuto è andato in Paradiso?

Elisa Chiari
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