30/10/2012
Catania-Juventus, sullo sfondo Rizzoli (Ansa).
Catania-Juventus, rewind. Sei persone cioè dodici occhi erano delegati a controllare che sul campo tutto andasse bene: l’arbitro diciamo capo, al quale compete il giudizio definitivo, l’unico che valga, i due suoi immediati assistenti detti guardalinee, il quarto uomo cioè l’arbitro che sta fra le due panchine e controlla fra l’altro che gli allenatori non eccedano nei loro comportamenti e che la dinamica dei cambi avvenga secondo le regole, e infine i due arbitri a fondo campo trasformati in giudici di porta: la novità nostra di quest’anno, che ricalca quanto disposto nelle partite di Champions League, cioè quelli che controllano sia se il pallone entra o no in rete, sia se i giocatori hanno commesso fallo o si sono trovati in fuorigioco. Fra tutti costoro un sistema di radiocomunicazioni modernissimo e costoso, irripetibile sui campi minori, dove un arbitro e due guardalinee debbono bastare ed avanzare.
A Catania è accaduto che 1) il Catania ha segnato un gol regolare concesso e poi annullato, 2) la Juventus ha segnato un gol irregolare concesso e non annullato e decisivo per l’1 a 0 finale, 3) ci sono stati nel solo primo tempo cinque giocatori del Catania ammoniti, così che il club etneo ha dovuto giocare con timore di sanzioni ulteriori e, ad un certo punto, con dieci giocatori appena, appunto per via di una espulsione da doppia ammonizione, 4) è nata una polemica altissima che peraltro si è basata tutta o quasi sulla dinamica dell’annullamento del gol catanese, sorvolando fra l’altro sull’atteggiamento aggressivo e però impunito della panchina bianconera. Nell’episodio centrale pare proprio che abbia sbagliato l’arbitro Gervasoni, convinto a cambiare idea su segnalazione sbagliata oltre che ritardata di fuorigioco da parte del guardalinee Maggiani (che ha ammesso l’errore), a sua volta condizionato dall’arbitro di fondo campo, Rizzoli, un fischietto celebre e dunque provvisto di autorevolezza decisiva.
Pare che adesso il cammino verso la moviola in campo, per risolvere casi dubbi almeno nelle partite più importanti e però per risolvere quasi esclusivamente, almeno all’inizio, il caso del pallone al di qua o al di là della linea di porta, sia acceleratissimo, con l’Italia cavia: la vuole Blatter presidente della Fifa mondiale, non la vuole Platini presidente dell’Uefa europea. Noi siamo con Platini, per ragioni eminentemente giornalistiche prima ancora che economiche e democratiche (sarebbe cosa sofisticata e dunque per poco calcio ricco): la moviola ucciderebbe il Bar Sport, che campa sul gol sì-gol no, ma anche e soprattutto sul fuorigioco sì-fuorigioco no, fallo sì-fallo no, e dove ognuno è in possesso di tutte le ragioni del (suo) mondo per avvalorare la propria tesi, e si sa che di questo più che della partita in sé il calcio vive e stravive; la moviola sarebbe comunque spesso non applicabile per motivi di ordine pubblico (segna la squadra di casa, festeggiamenti grandi, annullamento dopo la consultazione, aiuto…); la moviola o comunque un sistema sicuro di verifica al massimo va bene per il pallone dentro o fuori.
Il bello (cioè il brutto affascinante) del calcio secondo noi è l’incertezza, la moviola la vorrebbe uccidere, e al tempo stesso non darebbe sempre certezze assolute (fuorché, ripetiamo, nel caso di gol sì-gol no, anche se la tecnologia ancora non sembra del tutto convincente), per la semplice ragione che la partita ha una sua dinamica che la ripresa al rallentatore non considera, non rispetta, e di cui l’arbitro in campo sa e deve tenere conto. Platini ravvisa negli arbitri la chiave della soluzione futura di tanti problemi. Nell’uomo, insomma, più che nella macchina. Ci sembra che si debba umanamente e anche umanisticamente stare con lui.
L’arbitro è insopprimibile, e fra l’altro serve eccome ad alimentare l’interesse: tanto vale esaltarlo nelle sue funzioni umane, compreso l’errore (confessato e intanto discusso, spiegato) possibile e sportivamente accettabile, a patto ovviamente che lui si prepari bene, si alleni anche fisicamente alla parte come e più dei giocatori. Quando ancora giocava Platini, ci parlò di tre provvedimenti che avrebbe voluto prendere in caso di potere decisionale: a) il divieto del retropassaggio antisportivo al portiere (fatto); b) l’obbligo del giocatore sanzionato per fallo di allontanarsi immediatamente dalla palla,anziché protestare, e di lasciarla agli avversari per la ripresa sollecita del gioco, come avviene nella pallanuoto (non fatto, ci si sta provando); il divieto assoluto ai giocatori, capitano a parte, di aggredire anche soltanto verbalmente l’arbitro (a Catania la panchina bianconera, addirittura, è insorta ed ha “invaso” il campo: neanche un’ammonizione).
Di nostro, magari perfidissimamente ma di certo realisticamente, nello schierarci pro arbitri aggiungiamo che forte è il timore, specie di matrice italiota, che la macchina per la moviola possa essere truccata. Meglio l’uomo… Discussione aperta, dunque, anche se il turno infrasettimanale del nostro campionato e l’incalzare di Juventus-Inter, sabato sera, sembrano fatti apposta per dimenticare o almeno superare Catania. D’altronde la stessa Juventus, arrivata alla partita n.48 senza sconfitte, ha eseguito un favoloso gioco di prestigio, un dribbling eccezionale e inimitabile per arrivare alla posizione di quasi vittima, coinvolta in una rissa non certo aristocratica, facendo sì prima che si parlasse molto del gol annullato agli etnei e poco o niente di quello regalato ai bianconeri, poi parlando di partita comunque da essa dominata e di eventuale 0 a 1 pro etnei recuperabilissimo sul campo.
Come quando Umberto Agnelli, presidente e padre di Andrea attuale numero uno del club, ammetteva la ripetuta sudditanza arbitrale verso la sua squadra, ma la chiamava conseguenza logica di un prestigio glorioso (che in Europa attualmente proprio non si avverte: nove partite della Juventus di seguito senza una vittoria, in piena controtendenza rispetto al campionato). Questo mentre il Catania smaniava troppo, chiedendo l’impossibile ripetizione della partita, e dimenticandosi di chiedere, accademicamente ma con pieno diritto, cosa sarebbe accaduto in caso di una reazione dei suoi, al gol irregolare della Juventus, simile a quella dei giocatori bianconeri al gol regolare del Catania…
E adesso? Niente: avanti così, aspettando la poca o molta tecnologia ma dovendo ammettere che il calcio, in calo di spettatori e di credibilità (per le scommesse che sicuramente continuano), ha bisogno di spezie forti: ideale quella alla catanese in attesa del derby d’Italia fra Juve e Inter, spezia che lì per lì devasta ma provvisoriamente sazia e produce quasi sonnolenza, anche per via della quasi legge calcistica nostrana per cui paventando cose balorde si sdemonizza l’evento stesso che dovrebbe produrle. E Juventus-Inter ha radici di conflitto che datano dal 2006 di Calciopoli…
Gian Paolo Ormezzano