01/05/2012
Mimmo Criscito in un tackle vincente con la maglia dello Zenit (foto del servizio: Reuters).
Russia, l’ultima frontiera del calcio. E un po’ d’Italia a tenere alto il
tricolore. Il nuovo Zar è Luciano Spalletti, campione al primo tentativo,
con il suo Zenit San Pietroburgo. E ora il bis, al secondo campionato, per
di più con largo anticipo. Due stagioni, altrettanti titoli.
Meglio di così,
è difficile: “La verità è che il secondo è sempre più difficile. Vincere è
sempre un’impresa, confermarsi lo è ancora di più. E’ stata dura: eravamo
dietro, abbiamo dovuto rimontare, ma abbiamo vinto scontri diretti
importanti, fino a prendere il largo. Col vecchio regolamento avremmo vinto
da tempo, invece stavolta abbiamo avuto bisogno dei play-off. Ma alla fine è
andata benissimo”.
Spalletti è lo Zar incontrastato, non l’unico italiano.
Quando ha avuto bisogno ha chiamato a sé altri connazionali. Soprattutto,
Mimmo Criscito, strappato al Napoli. Era il sogno di De Laurentiis, lui
preferì lo Zenit, malgrado la voglia di tornare a casa. Questione di soldi,
anche: i russi gli offrirono 3 milioni l’anno, il doppio di quanto avrebbe
potuto prenedere al Napoli. Soldi a parte, non s’è mai pentito della scelta:
“Quando ti cerca un grande club non puoi dire di no. Un napoletano come me
sogna di vestire la maglia del Napoli, ma bisogna pur pensare alla
carriera”.
Carriera e vita felici, a San Pietroburgo: “Il campionato è
divertente e di ottimo livello, la città è straordinaria. Ci sto a
meraviglia. Certo, all’inizio qualche problema c’era, soprattutto con la
lingua. E poi la lontananza da casa, con le distanze ridotte solo grazie a
Internet”. Insomma, una gran bella esperienza. Tanto da invitare altri a
seguirlo: “Si parla di Lavezzi in Russia: sarebbe un giocatore ideale per
questo calcio”.
Il presidente russo Medvedev, tifoso dello Zenit, segue una partita allo stadio.
Spalletti e Criscito, l’Italia che vince in Russia, l’ultima frontiera del calcio europeo. Insieme ad Alessandro Rosina, che allo Zenit è arrivato prima del compagno. Genio (tanto) e sregolatezza (altrettanta), l’ex torinista è andato avanti tra alti e bassi: se Criscito dello Zenit è un punto fermo, lui non trova altrettanto spazio in squadra. Italiani in Russia, non solo a San Pietroburgo. Si affidano all’Italia del football, perfino quando c’è da mettere mano all’organizzazione della macchina calcistica.
La classe arbitrale, ad esempio. In Italia, ce ne si lamenta, a margine di ogni partite con infuocate sessioni di moviola, accompagnate da commenti velenosi e diatribe antipatiche. All’estero, invece, fanno a gara a prenersi il meglio delle nostre (ex) giacchette nere. Pierluigi Collina sarà il non plus ultra (il capo, a livello di Uefa), maRoberto Rosetti se la cava bene, in quando a stima. Manco a dirlo, se n’è andato in Russia, pure lui: ha preso in mano le redini dell’intero settore arbitrale, soprattutto gestisce i 22 direttori di gara del massimo campionato.
La campagna di Russia, stavolta in posizione forza. L’ultimo arrivato della colonia italiana è Salvatore Bocchetti, ex genoano, difensore, perno fondamentale del reparto arretrato del Rubin Kazan. Se i connazionali hanno appena festeggiato il titolo di Russia con lo Zenit San Pietroburgo, anche lui ha prospettive quasi immediate di gloria. Ci ha messo del suo con un gol decisivo in semifinale, e ora potrà giocarsi la finale di coppa: sfida decisiva il prossimo 9 maggio contro la Dinamo Mosca.
Perché la nuova Russia del calcio non è solo l’Anzhi che ha coperto d’oro Samuel Eto’o o il Terek Grozny che aveva fatto altrettanto con Ruud Gullit (salvo licenziarlo dopo poche settimane di lavoro). Sul trono ci sono pezzi d’Italia, emigrati verso la nuova frontiera, quella che conduce a Est, corroborata dai quattrini pesanti di vecchi e nuovi oligarchi.
Ivo Romano