22/08/2012
Juventini in festa dopo la vittoria di Pechino nella Supercoppa (foto del servizio: Reuters).
Ci sono due modi di considerare il campionato di calcio che va ad iniziare sabato con Fiorentina-Udinese di pomeriggio e Juventus-Parma di sera, e domenica con tutto il resto in notturna, per quel totale di venti squadre che è ritenuto insieme eccessivo se si vuole avere un forte (non vuol dire smodato) professionismo competitivo anche all’estero, senza il gap tra troppo ricchi e troppo poveri, e imprescindibile se non si vogliono toccare troppi interessi geopolitici.
Il primo modo è quello,diciamo, di trattare del calcio italiano la caratura internazionale, l’altro è quello di stare sulla valutazione interna. Cominciamo con il considerare il primo, un poco perché ci sono già stati i primi vagiti delle coppe europee, un poco perché il mercato dei giocatori è ancora in pieno divenire, e l’impressione è che finirà davvero soltanto con lo stop ufficiale del 31 agosto, vigilia della seconda giornata.
La Serie A 2012-13 rischia di diventare storica perché non solo ci dirà che in Europa contiamo, con i nostri club, sempre meno: questo ci era già stato detto nella scorsa stagione, e almeno i tifosi intelligenti (ce ne sono, ce ne sono) lo avevano capito, anzi lo avevano addirittura previsto al via. Ci dirà che contiamo ormai poco, a dispetto della stima per la Nazionale azzurra, e che comunque, in un certo calcio di alta caratura economica e finanziaria siamo dietro alla Spagna che pure quanto a crisi “assoluta” pare star peggio di noi.
Il tutto intanto che la distanza fra le società italiane e quelle inglesi si è ancora ampliata, nonostante certi allarmi relativi a certi bilanci albionici (i club tedeschi non sbracano, anche se la loro economia lo permetterebbe: una lezione, sì), e che in Francia il denaro arabo sta cercando di dare a Parigi lo squadrone, spendendo al di là dei limiti stessi del buon gusto, con già messo a dura prova il disegno di fair play finanziario del francese Michel Platini presidente del calcio europeo.
Zlatan Ibrahimovic accolto a Parigi dai tifosi del Paris Saint Germain.
Non ci sono in Italia investimenti sceiccali o quanto meno “petroliferi”
(i soldi della Libia nella Juventus sono poca cosa), gli unici
stranieri a seriamente investire qui sono stati i parchi statunitensi
della Roma. Il calcio inglese è stato salvato e gonfiato dai russi,
dagli arabi e persino dagli americani con acquisti grossi anche per
squadre con allenatori nostri, su tutte il Manchester City di Mancini e
il Chelsea campione d’Europa di Di Matteo, quello francese presenta
oltre al Paris Saint Germain arricchito dal Qatar e farcito fra l’altro
di “nostri “ (Sirigu, Menez, Pastore, Verratti, Thiago Motta, Thiago
Silva, Ibrahimovic…, più Ancelotti allenatore e Leonardo direttore
generale) un Monaco che, sceso in B, è irrorato di denaro russo per un
rapido rilancio affidato ad un allenatore italiano con cognome che più
monegasco non si può, Ranieri.
Da noi Juventus contenuta, accorta, e
intenta adesso a vendere per tappare i buchi di bilancio dopo avere
comprato non certo spensieratamente, Inter misteriosetta e comunque
indebolita dagli interrogativi su un Moratti che si scopre risparmioso,
Milan addirittura dimesso, con Berlusconi che ha persino scoperto che
forse i soldi nella vita non sono tutto e gioca al gioco dell’austerity.
Il pronostico è tutto bianconero, ma ne diremo prossimamente, scendendo
ai dettagli delle squadre, e comunque può spostare qualche
considerazione preventiva dal Nord al Centro-Sud, da Milano a Roma (più
Roma che Lazio, forse) e a Napoli. Intanto che tutti dobbiamo tifare
per l’Udinese, che fa i preliminari della Champions League, che ha come
ogni estate ceduto i pezzi migliori e che promette di lanciare altri
giocatori forti, specialmente stranieri, scoperti saggiamente, pagati
poco e destinati a rapide supervalutazioni.
Siamo arrivati sin qui
senza parlare dei processi, delle sentenze, di Scommessopoli sempre bene
(cioè male) frequentata. Il fatto è che pensiamo di averne detto già
abbastanza nel passato anche recentissimo, e soprattutto che avvertiamo voglia di calcio comunque e
quantunque (e la avvertiamo dovunque), come voglia di droga ma anche di
cibo, nonostante il banchetto olimpico. Il che non è bello - ci
mancherebbe altro – ma nel bislacco paese calcistico di Scandalusia
“è”. E basta.
Gian Paolo Ormezzano