20/05/2012
Drogba, decisivo nella finale di Champions, festeggia con i compagni del Chelsea (foto del servizio: Reuters).
Chi di noi
calciofili o calciomani o calciologhi italiani ha seguito la finale di
Champions League, vinta ai rigori dal Chelsea di Londra sul Bayern proprio a
Monaco nello stadio degli avversari bavaresi, e intanto è inseguito, raggiunto,
aggredito ogni giorno da notizie brutte, tristi, squallide sul calcio nostrano,
sporcato da Scommessopoli al di là di ogni previsione ed anche immaginazione
(persino Antonio Conte, fresco di scudetto juventino, è messo moralmente in discussione per gli
affaracci di Siena), può e deve pensare che ci siano due modi diversissimi e
inconciliabili di giocare al pallone e di vivere questo gioco.
Se poi ha
fantasia ardita e coraggiosa, può provare a pensare alla stessa partita con una
squadra italiana (o se sadomasochista due) in lizza, e facilmente immaginare i nostri sicuri isterismi in campo e sulle
panchine e sulle gradinate, con abbondanti veleni sparpagliati prima, e subito dopo
raccolti a fare lunga scia.
Riavvolgiamo il nastro del match di Monaco.
Bayern che attacca tanto e sciupa tanto, cercando subito di approfittare non
tanto del fattore-campo, che vale soltanto se significa intimidazione degli
avversari e dell’arbitro e dunque ha grandi cultori in Italia, ma delle quattro
squalifiche importanti che dovrebbero
indebolire il Chelsea.
Bayern che segna nel finale, sembra fatta ma il Chelsea
pareggia all’ultimo con il suo vecchio leone africano della Costa d’Avorio Didier
Drogba, 34 anni, un fisicaccio, tanti vistosi segni della croce ogni volta che
si sente fortunato, si scopre contento.
Drogba ha sconfitto la malaria che lo voleva
distruggere, Drogba all’inizio di questa stagione sembrava morto, dopo uno scontro da coma con un portiere, Drogba ha
sbagliato per la Nazionale del suo Paese un rigore decisivo in Coppa d’Africa,
Drogba ha segnato il rigore decisivo a Monaco, dopo che anche i tempi supplementari
si erano chiusi sull’1 a 1…
Drogba consola gli avversari del Bayern dopo la finale vinta dal Chelsea.
Drogba nel postpartita, prima e dopo la premiazione, ha speso tanti minuti a consolare gli avversari, abbracciandoseli uno per uno, tenendosi stretto più di tutti Robben,l’olandese del Monaco che aveva sbagliato un rigore nel primo tempo supplementare. A fine contratto col Chelsea, ora forse Drogba dirà di sì ad una squadra italiana: sarà dura rovinare, guastare uno come lui ma ci riusciremo.
Così come rovineremmo Roberto Di Matteo, figlio di emigranti abruzzesi, nato in Svizzera, calciatore serio e regolare in Italia, dalla Lazio alla Nazionale, e poi a Londra nel Chelsea e ora, a 42 anni, paradossalmente a piedi anche se Abramovic, il padrone russo del club campione d’Europa, dovrebbe adesso fargli un contratto vero, dopo avergli affidato provvisoriamente e senza entusiasmo la squadra semisfasciata da Vilas Boas, il portoghese “figlio” di Mourinho e prossimo, vedrete, anche lui a farsi ricco da noi.
Di Matteo ha studiato calcio, dopo che a 31 anni un grave incidente lo aveva fermato come calciatore, si è “laureato” in Inghilterra, se ora lo immaginiamo in Italia lo pensiamo subito sulla graticola mediatica, a chiedersi in quale manicomio è finito.
Dunque, centoventi minuti di gioco sempre tesissimo a Monaco, posta altissima, ma non uno scontro violento fra giocatori, non una recita balorda, non uno che preso un colpetto si buttasse per terra come colpito dal pugno di Cassius Clay. Facile per l’arbitro, un portoghese mai teatrale, applicare il regolamento e basta, risultare perfetto. Nessuna rissa in campo ma neanche sulle gradinate, fra il pubblico, e c’erano ventimila inglesi calati da Londra sperando nel primo successo continentale del Chelsea (il Bayern ha già vinto quattro volte quella che nel calcio è detta la coppa “dalle grandi orecchie”), e non c ‘erano barriere a separare e umiliare, fra l’altro si poteva entrare in campo senza problemi..
Era stata pronosticata una finale fra le due spagnole, il Barcellona vincitore lo scorso anno e il Real Madrid, ma il Chelsea ha eliminato i catalani, dopo avere rischiato di essere eliminato dal Napoli, e il Bayern ha eliminato i castigliani. Noi siamo certi che la finale fra le due squadre celeberrime e attesissime sarebbe stata isterica quasi come fra due squadre italiane. Invece due compagini farcite di giocatori di tanto mondo, però ognuna profondamente tipica rappresentante della serietà del suo calcio, quella inglese come quella tedesca, sono riuscite a dare vita ad un grande spettacolo di sport e soltanto di sport.
Intanto che a Roma si viveva una tesissima vigilia della finale di Coppa Italia, con la città blindata per timori purtroppo legittimi di scontri fra tifoserie, non tanto quella del Napoli contro quella della Juventus, insomma le tifoserie “finaliste”, ma quella del Napoli contro le tifoserie romane. A dire quanto il nostro calcio è complicato e contorto, oltre che sporco, brutto e cattivo.
Gian Paolo Ormezzano