02/04/2012
Giorgio Chinaglia, bandiera della Lazio campione d'Italia nel 1974 (Ansa).
In morte di Giorgio Chinaglia, nato a Carrara sessantatre anni fa, è giusto ricordare il campione che trascinò allo scudetto, nel 1974, la Lazio di Maestrelli allenatore ed educatore, ed anche il ragazzone italiano che cominciò a farsi strada nel Galles, a Swansea, non da calciatore professionista ben pagato, ma da cameriere che faceva anche il calciatore. Gran fisico, anche se spesso appariva ingobbito, gran carisma per trascinare i compagni e rovesciare il tavolo dei valori mummificati. E’ arrivato anche alla Nazionale azzurra, e ha finito la carriera giocando a New York, nei Cosmos dove c’era anche Pelè, e Beckenbauer il nobile tedesco, e altri vecchi elefanti, una squadra finta con vecchie glorie non più troppo vere, ma intanto a quel tempo la massima operazione pubblicitaria per portare calcio negli Usa.
(Ansa)
E’ anche giusto ricordare il resto, il tanto che circondò e gonfiò e complicò la sua vita da quando divenne celebre. Nella Lazio la sua partecipazione alla recita persino trucida, ribalda, di una sorta di supermachismo calcistico: i giocatori biancoazzurri usavano girare armati, spesso giocavano al tiro a segno, uno di loro, Re Cecconi, si mascherò e finse una rapina in una gioielleria, l’orefice che pure era suo amico non lo riconobbe, sparò, lo uccise. Bucanieri più che filibustieri, quelli di quella Lazio, Chinaglia era il capociurma, Maestrelli li domava con un sorriso gentile e loro arrossivano e poi facevano quello che volevano.
Ansa)
In Nazionale Chinaglia giocò la nostra prima partita al Mondiale di Germania nel 1974, sostituito dal citì Valcareggi nel match contro Haiti mandò al diavolo, in diretta televisiva e per direttissima, il nobile tecnico dai capelli bianchi, andò nello spogliatoio e spaccò tutto, i compagni rischiarono di ferirsi i piedi con le schegge delle bottiglie che lui aveva rotto.
Da dirigente fu presidente della Lazio per poco, nessuno credeva che la cosa fosse seria, e infatti tutto finì presto, però lui continuò a fortissimamente volere la Lazio, e a un certo punto ci fu per lui la minaccia della prigione per le frequentazioni pessime, addirittura criminali che lui teneva o almeno cercava onde reperire denaro facile e persuasione dura.
Andava e tornava dall’Italia agli Stati Uniti. Viveva da americano fra i i New Jersey e la Florida dove è morto di cuore. Aveva sposato Connie, statunitense oriunda nostra, che di cognome faceva Eruzione ed era la sorella di Mike, capitano della squadra Usa di hockey su ghiaccio vittoriosa nel 1980, ai Giochi olimpici di Lake Placid, con un suo gol all’Urss: per i calciofili di laggiù, specie se oriundi nostri, comunque era Mike Eruzione il cognato del celebre Chinaglia, non Chinaglia il cognato del celebre Eruzione.
L'ex campione della Lazio Giorgio Chinaglia con la famiglia in vacanza a Positano (Ansa).
C’è stato tanto e troppo, davvero, nella vita non lunga e chissà se felice di Giorgione, che pensava un po’ in inglese un po’ in italiano, anzi romanesco. Non dovrebbe essere impossibile ricordare il grande calciatore liberandolo, adesso, dagli errori dell’uomo. Ricordando comunque tutte le volte che fece gridare al gol, di gioia i suoi fan, di rabbia i suoi nemici: i suoi gol furono sempre sanamente gagliardi, anche se non olimpici, in tanti sensi, come quelli del cognato.
Gian Paolo Ormezzano