12/04/2013
Messi e David Villa, del Barcellona. I catalani sperano nell'ennesima finale di Champions League (Reuters).
E’ uscita dal tabellone delle coppe calcistiche europee l’ultima squadra italiana, la Lazio fermata ai quarti di finale dell’Europa League sul pari (1 a 1, ci voleva una grossa vittoria, dopo la sconfitta per 2 a 0 a Istanbul) dai turchi del Fenerbahce, in una partita giocata nell’Olimpico vietato ai tifosi laziali colpevoli di razzismo e non solo. Il giorno prima era stata eliminata a Torino, battuta 2 a 0 come nel match di andata, la Juventus, ad opera del Bayern Monaco, alla fine di una settimana in cui molti avevano fatto finta di credere nell’impresa bianconera per andare avanti nella prestigiosa e soprattutto ricca (la distribuzione dei diritti televisivi) Champions League.
Restano in corsa per le semifinali della Champions League due squadre spagnole, il Barcellona ed il Real Madrid, e due tedesche, il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund. Nella coppa “minore” restano il Benfica Lisbona portoghese, appunto il Fenerbahce turco, il Chelsea inglese (sua la Champions l ’anno scorso) e il Basilea svizzero, la rivelazione dell’anno, praticante un gioco di infiniti passaggini stile barcellonese.
Il sorteggio per le semifinali della coppa maggiore ha evitato derby interni a Spagna e Germania ed ha detto Bayern-Barcellona il 23 e 30 aprile, Borussia-Real Madrid il 24 aprile e il 1°maggio, con finale a Londra/Wembley il 25 maggio.Nell’Europa League Fenerbahce-Benfica e Basilea-Chelsea il 25 aprile e 2 maggio, con finale ad Amsterdam il 15 maggio.
L'esultantza dei giocatori del Bayern dopo la vittoria a Torino (Reuters).
In Italia si è clamorosamente ri-ri-riscoperto – altre volte ci è andata anche peggio - che la nostra stazza internazionale è scarsa, che il nostro regime fiscale penalizza i club italiani (almeno quando pagano le tasse…), che per questo non possiamo più offriamo più ingaggi concorrenziali ai grandi campioni, e che il calcio è lo specchio dell’economia nazionale complessiva, dimenticando che la Spagna quanto a economia complessiva sta più o meno come noi. Questo dimenticando anche che spesso si spiegano i fasti calcistici di un paese povero dicendo che proprio in tempi di crisi economica gli sport ludici prosperano e sono fatti prosperare, perché nutrono al posto del pane…
In realtà il nostro calcio è in crisi di pubblico, questo conta, mentre quello tedesco è in crescita, quello spagnolo tiene, idem quello inglese: Calciopoli e Scommessopoli e violenze sugli spalti hanno esercitato la loro azione, protratta nel tempo, intanto che i prezzi dei biglietti sono cresciuti (i “poveri” tedeschi pagano di meno per andare allo stadio). L’inversione di tendenza portata dall’impianto di proprietà della Juventus quasi sempre esaurito non compensa il calo generale. E siccome siamo un grande pascolo di furbetti, anche il merchandising da noi è scarso, perché grande è l’amore per le magliette contraffatte, per ogni simbolo taroccato. E visto che offriamo un vasto pascolo per la corruzione di ogni tipo, difettano gli investimenti stranieri, e gli arabi e i russi (e presto i cinesi) scelgono un altro calcio per riversarvi i loro soldi, e infatti è prossimo l’avvento ai vertici del mondo pallonaro del Paris Saint Germain (acronimo Psg), di proprietà del Qatar e andato vicinissimo all’impresona, cioè l’eliminazione del Barcellona.
Esportiamo allenatori, questo sì, e se Mancini come pare chiude col Manchester City c’è Ancelotti che da Parigi potrebbe andare addirittura a Madrid, intanto che Mourinho lascerebbe il Real proprio per il Psg. Così almeno si dice anzi si scrive in Italia, dove il calciomercato - di giocatori e allenatori - conta assai più degli esiti del campionato (Juventus e poi Juventus), tanto è vero che all’indomani della nostra sparizione dai tabelloni europei i titoli più vistosi della nostra stampa sportiva sono, oltre che per i signori della panchina, per Ibrahimovic che forse torna in Italia (Napoli o di nuovo Juventus), per Cavani che forse va al Real forse al Psg…
Il tutto impedisce di analizzare un ”perché” speciale della nostra scarsissima rappresentatività nell’Europa grossa e grassa delle coppe. Parliamo di arbitraggi. In Italia non solo si eccede in scene di isterismo ed in simulazioni (di falli subiti ed anche di dolore per un colpetto da niente), il che può persino fare pensare a diffuse e costanti pratiche dopanti, visto che i controlli non sono ferrei, anzi, ma nelle aree di rigore del campionato italiano vige un regolamento per cui abbracci, trattenute di maglia, pizzicotti, colpetti, insomma illecite e assortite irregolarità, sono una costante telleratissima, senza conseguenze per i rei.
Quando invece si accede ai palcoscenici internazionali, con arbitri stranieri non “allenati” ed allineati alla “scuola” italiana, specialmente i nostri difensori devono andarci piano, e il potenziale difensivo delle loro squadre risulta decisamente imitato. Troppo semplice la spiegazione per essere valida? Diciamo che è spiegazione parziale, senz’altro, ma che si basa su cose concrete, sin troppo concrete.
Come appunto un pizzicotto.
Gian Paolo Ormezzano