08/09/2012
Fernando Alonso alle prove libere di Monza (Ansa).
Si corre a Monza, grande attesa, ferraristi su di giri: si deve pensare forte a Enzo Ferrari. E’ morto a novant’anni nel 1988, di ferragosto, forse con un sogghigno estremo pensando alle vacanze rovinate a tanti dal funerale, lui che non sapeva cosa fossero non diciamo le vacanze, la villeggiatura, ma nemmeno le ferie.
Il Gran Premio d’Italia vede in testa alla classifica dei piloti di Formula 1, dopo dodici prove, lo spagnolo Fernando Alonso su Ferrari. Ci sono ancora otto gare, Alonso ha già pagato il dazio forte alla iella quando, domenica scorsa in Ungheria, è stato sbattuto fuori pista subito al via, l’auto distrutta, dal francese Grosjean, ed ha pure rischiato di morire.
Ferrari aveva smesso di andare a vedere le corse, i gran premi, e anche le prove, dopo la morte del figlio Dino, nel 1956. Un calo degli interessi, un voto al contrario, chissà. Si concedeva soltanto una volta all’anno una visita speciale, per le prove a Monza. Perché sì. Perché Monza è Monza. Perché negli anni giovanili, quando lavorava a Milano, all’Alfa Romeo, Monza era il posto delle sue sperimentazioni di guida e dei suoi primi grandi sogni: quello di fare il pilota durato poco, quello di fare il costruttore di auto da corsa concretizzato alla grandissima, a segnare una grande via sua e dell’automobilismo mondiale.
Ferrari alle prove di Monza era un rito di due giorni, un pellegrinaggio suo e di tanti per vedere lui, il venerdì e il sabato, spesso bruscamente troncato da lui che decideva di andare via subito dopo la conclusione, di tornare a Maranello, o a Modena per la cena. O con inizio ritardato, il venerdì mattina, perché da Maranello lui non arrivava mai. Sempre accompagnato da Franco Gozzi, famiglio, segretario, confidente, amico silente e fidato.
Basta con le prove nel 1978: ragioni di salute, disagio nel dover fare a tutti i costi il personaggio, ed anche piloti cambiati, troppi soldi e troppe donne e troppi giornalisti intorno alle corse. Nel 1979 la Ferrari avrebbe conquistato il titolo iridato proprio a Monza, con il sudafricano Jody Scheckter, il Grande Vecchio non c’era. Sino al 2000 di Michael Schumacher non ci fu più un pilota Ferrari campione del mondo.
Per pochi anni, e magari per poche ore dei venerdì e dei sabati canonici delle prove, Ferrari frequentò a Imola l’autodromo dedicato a suo figlio Dino (e adesso anche a lui), ma erano visite non “pastorali”, complete” e attente come quelle a Monza. Lui non amava troppo questo autodromo, in una città romagnola di spirito ed emiliana di geografia, perché aveva puntato molto sulla messa a norma, per la Formula 1, dell’autodromo della sua Modena, un impianto davvero suo. Troppe difficoltà, e allora Imola un poco obtorto collo, e Monza un’altra cosa, fortissima sul piano sentimentale.
Enzo Ferrari a Monza nel 1966 (Ansa).
A Imola la Formula 1 arrivò nel 1979, prima in gara non di campionato
mondiale, nel 1980 come Gran Premio d’Italia sostituendo proprio Monza
in ritardo su certi lavori, e dal 1981, tornata agibile Monza, come Gran
Premio di San Marino. Poi la richiesta internazionale di adattamenti
della pista, i lavori che presero troppo tempo, e intanto il circus
della F1 aveva deciso di lasciare un po’di circuiti europei, di andare
in Asia, il nuovo Eldorado e ciao Imola, dove comunque la vita sportiva
continua eccome, con le auto non di F1 e con le moto.
Ferrari a Monza
era anche forte aneddotica. Si dice addirittura che un giorno scoppiò un
ennesimo litigio fra lui e sua moglie Laura, alla presenza di Leopoldo
re del Belgio e grande ferrarista invitato specialissimo ai box. Lei
aveva voluto preparare personalmente il cibo per un pic-nic, nel baule
dell’auto c’era dell’uva secondo lei sopraffina, faceva molto caldo, uscì
dal baule appena aperto un nugolo di mosche, il re fu un bel po’
scandalizzato.
Enzo e Laura litigavano sempre, seguendo una sorta di
perverso copione, e la morte di Dino li aveva lacerati ed allontanati
sempre più uno dall’altro, e c’era anche Piero, che Enzo aveva avuto da
un’altra donna. Quasi una vacanza brianzola dover litigare soltanto per
le mosche repubblicane.
Gian Paolo Ormezzano