23/05/2012
Ivan Basso alla testa del gruppo in fuga (foto del servizio: Reuters).
Ci sono
volute le Dolomiti più vere, col tappone da Falzes a Cortina d’Ampezzo, per
fare più grande e anche più italiano il Giro d’Italia. Anche se ha vinto in
maglia rosa Joaquin “Purito” Rodriguez, lo spagnolo che si è aggiudicato due
tappe e comanda la classifica sempre con 30” sul canadese Hesjedal e 1’22”sul
nostro Basso, lo spagnolo che è forte ma sicuramente non è un Contador, lo
spagnolo che ora scivolerà tranquillo nell’ultima frazione offerta ai velocisti
e dunque prenotatissima dall’inglese Cavendish, lo spagnolo che venerdì dovrà
difendersi in due salite al colle di Pampeago, la seconda con arrivo in salita,
e che sabato dovrà scalare, dopo il Mortirolo, lo Stelvio con arrivo in altissima
quota e paure di neve. Il tutto per poi fare 30 chilometri forse decisivi
domenica a cronometro per le strade di Milano.
Le premesse per una splendida conclusione di
un Giro bello, quasi grande, e teso e onesto ci sono tutte. Ivan Basso ieri in
salita ha fatto prima lavorare la sua squadra, poi si è messo in testa, facendo
l’andatura sua tipica da diesel e mandando in crisi tantissimi. Questo ha
voluto dire la sparizione di Kreuziger, il cecoslovacco tra i favoriti, il minidimensionamento
di Cunego attardato, il cedimento ripetiamo di tanti, ma anche l’emersione, con
lo stesso Basso, di Scarponi – il vincitore sia pure a tavolino del 2011, non
dimentichiamolo - assai reattivo (anche ai crampi), di Pozzovivo sempre più
bravo, di Hesjedal sorprendente, del colombiano Uran di turno come
rappresentante di giornata del ciclismo sudamericano da montagna, e si capisce dello
stesso Rodriguez.
La maglia rosa Rodriguez.
La volata a sei, questi sei, non dava abbuoni, come sempre sui traguardi di montagna, e dunque non ha fornito indicazioni sullo stato di freschezza dei protagonisti, e l’ordine d’arrivo ha valore solo per come testimonia la reattività della maglia rosa. Rodriguez ha rimontato alla fine Basso che poteva peraltro dirsi soddisfatto, lui che non ama le discese e che dunque ha patito la calata su Cortina.
Basso che ha la pedalata più bella, forse sin troppo bella e rotonda, specialmente se la salita chiama ad uno scatto nervoso. Basso che ha già vinto il Giro due volte, ha peccato di doping e ha espiato, e ora gareggia a 35 anni in serenità, capace fra l’altro con un eloquio quasi da intellettuale di spiegare, di spiegarsi.
Bel Giro, come non si credeva possibile dopo l’avvio con offerti a troppi nomi ostrogoti, con tre assurde tappe in Danimarca, come non si osava sperare con le grandi montagne forse allineate in troppo pochi giorni, il che di solito significa prudenza, paura, risparmio, tran-tran. Bel Giro senza i campioni massimi, ma con il massimo dato dai campioncini. Bel Giro con italiani anche giovani che finalmente prometticchiano qualcosa. Bel Giro senza voci di accordi, di remissività sospette come di sospette esplosioni, senza il pissi-pissi bao-bao delle vere o supposte congiure.
Bel Giro con folla grossa ma disciplinata, con polemiche poche o niente, con antidoping per ora non artigliante nessuno. Bel Giro con un bellissimo abbraccio a Cortina fra Rodriguez e Basso. Il tutto sempre confidando che un fatto, un fattaccio non arrivi non tanto smentire noi, quanto a sporcare tutta la corsa. E ad offendere la gente che altro non chiede che di poter continuare a credere.
Gian Paolo Ormezzano