23/12/2012
Francesco "Ciccio" Graziani con Paolo "Pupi" Pulici ai tempi del Torino.
Qualche giorno fa, con discrezione, ha festeggiato i 60 anni Francesco Graziani, campione del mondo
nel 1982, trascinatore dell’ultimo scudetto del Torino e gregario nella Roma
vicecampione d’Europa. Oggi si occupa di ragazzini, in estate aveva fatto tappa
in Sardegna, al Colonna Beach di Golfo Aranci, con la scuola calcio, per la
seconda stagione con Valtur.
“L’anno
scorso", racconta Ciccio, "ero stato in Grecia, poi a Simeri-Crichi, in
Calabria, e ad Agadir, in Marocco. A luglio una tappa a Yydra, in Grecia. In
Gallura ho seguito 25 bambini fra i 5 e i 12 anni, per un’ora al giorno anche
una ventina fra i 12 e i 20, per addestramento tecnico, in collaborazione con
lo staff”.
- Che
piani ha, per il 2013?
“Con
Giancarlo Antognoni cerco di aprire scuole calcio in Sudafrica e Costa
d’Avorio. Non andiamo alla ricerca di talenti, il nostro obiettivo è portare un
sorriso a bambini cui manca tutto. Pensiamo a stage per farli divertire”.
- Alla
Roma aveva proposto un progetto per gli Stati Uniti, giusto?.
“La
proprietà del club è americana e io là ho amici fidati, si potrebbero aprire
vere e proprie accademie giallorosse di calcio, gestite nel modo giusto, per diffondere
il marchio e scoprire nuovi talenti. Negli Usa ci sono tantissimi giocatori bravi,
il calcio ha superato il baseball, potremmo raccoglierne un migliaio, dagli 8
anni alla maggiore età”.
- Anche perché nella
Roma si sta imponendo il centrocampista americano Michael Bradley...
“Mi
raccontava che là si gioca con continuità sino a 18 anni, poi però si smette
per mancanza di prospettive. Ho esposto la mia idea al direttore sportivo Sabatini e a Bruno
Conti, responsabile del settore giovanile, ne riparleremo a fine gennaio,
intanto hanno altre priorità”.
- A Roma lei giocò dal 1983 al 1986, con 12 gol in 57 partite.
“Sono
stato benissimo, sento ancora l’affetto della gente. Negli Usa, ho sempre visto
magliette delle milanesi e del Napoli, poche giallorosse. La Roma ha già un
progetto avviato a Orlando, in Florida, il vicepresidente Tacopina mi ha
parlato di una partnership interessante con la Disney: anche Los Angeles,
Boston, Chicago potrebbero essere località adatte”.
- La
sua storia partì proprio dalla periferia romana, a Subiaco.
“Da
bambino, ogni domenica salivo al monastero di Santa Scolastica per giocare a
calcio nel campetto dell’oratorio: noi ragazzini del paese contro i
seminaristi. Una festa, specie quei pranzi al refettorio con mio zio, fra
Donato Semproni”.
- Fu lui che un
giorno disse a sua madre: “Secondo me Franco ha la vocazione”.
“Mi
chiamava così. Invece feci il calciatore, segnando 130 gol in serie A e 23 in
nazionale. Partii dalla Bettini Quadraro, piccola squadra romana, a 16 anni
andai all’Arezzo, in B, non avevo mai mangiato il prosciutto e quando me lo
portarono in tavola mi sorpresi: “Non c’è la mortadella?”. Guardi che quello è
più buono, mi dissero”.
- Com’era
la sua famiglia?
“Papà
Antonio faceva il muratore, mamma Annunziata era casalinga, ma andava anche a fare le pulizie nello studio di un dottore. Ho un fratello Pasquale, e due sorelle, Luciana, a
Roma, e Maria: nascere poveri dà maggiore forza e volontà di crescere, persino
rabbia, perchè devi conquistarti qualsiasi cosa”.
- Nel 1973 l’acquistò il Torino, il presidente Orfeo Pianelli pagò 5 milioni di lire.
“Avevo
Giorgio Chinaglia come modello, volevo somigliargli nella corsa e nella potenza
di tiro. In granata restai 8 anni”.
- Con
Gigi Radice allenatore, che a 77 anni è malato di Alzheimer.
“Impossibile
comunicare con lui, resto in contatto con la moglie Nerina e il figlio Ruggero,
ex calciatore. Dispiace enormemente, anche mia madre soffrì di questa patologia,
mi rendo conto delle difficoltà familiari”.
- Con
Paolo Pulici eravate i “gemelli del gol”.
“E’
stato l’attaccante più forte e completo della mia generazione, persino più di
Roberto Bettega”.
- Che
all’epoca era più popolare...
“Peraltro anch'io avrei meritato altri 3 scudetti, in particolare con la Fiorentina, nella
stagione ‘81-’82, all’ultima giornata l’arbitro Mattei a Cagliari mi annullò il
gol che ci avrebbe portati allo spareggio contro i bianconeri”.
- Chiuse
all’Udinese e l’avvocato Gianni Agnelli le fece un complimento inatteso.
“Capitan
Beppe Furino gli disse che la Juve avrebbe dovuto prendermi prima che andassi
al Toro”.
- Nel 1982
divenne campione del mondo, ma in finale uscì al 9’, per il riacutizzarsi
dell’infortunio alla spalla destra: entrò Altobelli e segnò il terzo gol.
“Nel
girone ci accompagnarono le polemiche, Italia-Camerun fu regolarissima, io
firmai la rete del vantaggio, gli africani pareggiarono subito ma non ci furono
combine”.
- Enzo
Bearzot aveva qualcosa in comune con Cesare Prandelli?
“Poco.
Il ct di 30 anni fa sceglieva modulo e uomini una settimana prima, motivando
tanto i prescelti, non c’era la pretattica di oggi. E due giorni prima della
partita girava per le camere a vedere come stavano i titolari”.
- A
31 anni arrivò alla Roma per giocare la coppa dei Campioni, che vi sfuggì ai rigori,
contro il Liverpool.
“Mister
Nils Liedholm per scaramanzia non ci fece allenare sui tiri dal dischetto, convinto
che la finale si decidesse prima. Nicol sbagliò il primo per gli inglesi, Bruno
Conti calciò alto il secondo, io con l’ultimo scheggiai la traversa. Paulo
Roberto Falcao non volle assumersi la responsabilità del tiro, così perse più
degli altri”.
- Dieci
anni dopo quella finale, il capitano Agostino Di Bartolomei si tolse la vita.
“Avrebbe
dovuto chiedere aiuto a me, a Conti e agli altri, è rimasto nel cuore di tutti.
Era buono e leale, dev’essere in Paradiso”.
- L’ultima
squadra della carriera fu australiana, l’Apia Leichardt.
“Di
fatto avevo smesso nel 1987, disputai solo due partite in virtù dell’amicizia
con il presidente Carlo Zaccariotto, andai a trovarlo in vacanza. Aveva il club
storico dell’Oceania, assieme al Marconi Sydney, dove crebbe Christian Vieri e
allenò suo padre Bob, ora però l’Apia si è sciolto”.
- Lasciato
il calcio, fu presidente dell’Arezzo.
“Lanciai
Serse Cosmi, tecnico sanguigno quanto umano, mi spiace che proprio nel giorno
del mio compleanno sia stato licenziato dal Siena”.
- Allenò
in serie A la Fiorentina, in B Reggina e Livorno, in C Catania e Montevarchi. Fra
il 2004 e il 2006 il Cervia, promosso in serie D e seguito quotidianamente da
Mediaset.
“Sfiorammo
la C2, ma ai giocatori ripetevo che terminata la trasmissione, Campioni, il
sogno, la vita sarebbe stata più dura. Da cinque stagioni sono opinionista, fra
Premium Calcio, in particolare sull’Europa League, e ora Italia2, nel programma
Undici”.
- E’
sposato con Susanna, 56 anni, casalinga, e ha due figli: Gabriele, che aveva
contributo alla salvezza del Mantova, in Seconda Divisione, e Valentina, 30
anni, impiegata alle Assicurazioni Generali, ad Arezzo.
- “Lei
ama la danza e gioca a tennis. Gabriele mi ha reso nonno di una bambina di due
anni e mezzo. Ha preso il patentino di terza categoria per allenare, a 37 anni
ha smesso”.
- Balotelli
ha qualche affinità con lei, sul piano fisico?
“Forse
io ero persino più potente, Mario è più agile, eppure siamo abbastanza simili.
Personalmente partecipavo alle geometrie, lui è anarchico e atipico, ma ha
margini di miglioramento notevoli”.
- A
60 anni gioca ancora?
“Con
gli amici, a calcetto, per divertimento. Sono molto conteso perchè segno”.
Vanni Zagnoli