Il meraviglioso mondo di Oscar

Oscar Pistorius, primo disabile nella storia dei Mondiali di atletica, ha corso la semifinale dei 400 metri. La finale è sfumata. Ma il sogno non è ancora finito.

29/08/2011
A sinistra Oscar Pistorius
A sinistra Oscar Pistorius

Oscar Pistorius ha corso la semifinale dei 400 metri, arrivando ottavo, con nella pancia le stesse farfalle degli altri, anche se gli altri hanno due gambe e lui due protesi. Una sentenza del Tas tempo fa aveva deciso che lui poteva partecipare ai Mondiali di tutti e lui non si è accontantato di partecipare. Sta provando a giocarsi la finale. Vuol dire stare tra i migliori 16 al mondo come minimo: i 16 uomini più veloci al mondo sull'anello di pista.

C'è stata una lunga disputa, fatta di ricorsi, di sentenze e di tribunali, per capire se per le gambe artificiali di Oscar si poteva fare un'eccezione in deroga alla norma che impedisce di gareggiare con sussidi meccanici. In molti si sono scandalizzati per l'estenuante serie di prove cui ha dovuto sottoporsi, per misurare la forza elastica delle sue gambe di carbonio. Qualcuno ha trovato eccessivo che lo si passasse al setaccio come un normodotato che - con quel mezzo meccanico- avrebbe potuto barare.

E invece è probabile che quella lunga battaglia, quel non guardare in faccia nessuno (nemmeno un ragazzo senza gambe) che sta alla base dell'autonomia e indipendenza del giudizio senza pregiudizi della giustizia, sia stato il vero passo che ha fatto di Oscar Pistorius un campione come gli altri, senza discriminazioni nel bene e nel male.

Il fatto che lo si sia setacciato come un altro qualunque, senza ombra di pietismo, è quello che oggi lo fa stare come sta e dove sta con identica dignità: è quello che gli ha dato diritto a scendere in pista per la semifinale esattamente alla pari con gli altri, volendo vincere quello che chiamano il giro della morte, esattamente come gli altri e con lo stesso diritto di farlo. Perché tutto è stato vagliato, compreso il rischio che ci fosse un vantaggio, e alla fine, come avrebbe fatto con chiunque altro, un tribunale ha deciso che quel rischio non c'era. Ugualmente, come si sarebbe fatto con chiunque altro, qualcuno ha trovato da eccepire, vedendo in Oscar, forse per la prima volta, non un disabile ma un avversario.

Quelle dispute sull'elasticità delle protesi, che molti hanno definito ingrate e ingiuste, sono state il corollario perfetto dell'educazione che Oscar Pistorius ha ricevuto in una famiglia sudafricana che non gli ha mai detto che cosa non poteva fare, con le gambe amputate alla nascita sotto il ginocchio, ma gli ha sempre ricordato quello che invece con quelle gambe poteva fare: vivere, correre, come i suoi fratelli, come gli altri, come tutti, senza pietismi e senza strade spianate.

Senza quella famiglia oggi Oscar non sarebbe dov'è, si sarebbe arreso molto prima. E senza quelle dispute e senza quei tribunali oggi Oscar sarebbe un atleta disabile con un bel sogno. E invece è un campione - senza aggettivi -, con un sogno realizzato e altri da realizzare. Non ultimo quello di portare in finale il Sudafrica nella 4X400.

Elisa Chiari
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