20/10/2012
Foto Ansa.
Il big-match in numeri. Meglio, in soldoni. Juventus e Napoli, due corazzate. In classifica, ma non solo. Club che valgono montagne di quattrini, secondo i canoni del calcio contemporaneo. Poi, ognuno ha la sua strategia. Chi spende e spande, chi fa attenzione al bilancio. In comune, la necessità di una rapida risalita.
Il Napoli era finito in quella che allora si chiamava ancora C1, distrutto da gestioni disastrose, che avevano condotto al baratro del fallimento. Un primo tentativo, andato a vuoto.
Quindi, il salto in B. E poi in serie A, il posto che spettava. Fino a risalire la china delle gerarchie: in pochi anni, dalla C1 alla Champions League, un miracolo calcistico targato Aurelio De Laurentiis. Altre vicende, quelle di marca juventina. Questioni connesse a Calciopoli, altrimenti conosciuta come Moggiopoli. La retrocessione in B, prima di tornare in alto, alla Champions League, quindi alla conquista dello scudetto.
E’ stata dura, per entrambi. Rapida risalita, coronata dal successo.
E ora, una sfida dal sapore di scudetto. Ci sono arrivati in maniera differente, soprattutto dal punto di vista dei bilanci. Prima di Calciopoli, occhio attento ai conti: ben 7 bilanci consecutivi in utile.
Col senno di poi, la strategia non faceva una piega: per vincere si puntava su ben altro. Dopo di allora, un’irrinunciabile necessità: spendere per tornare a vincere. E così, niente più attivi di bilancio, piuttosto spese ingenti sul mercato, fino ai – 95,4 milioni di due anni fa, poi dimezzati lo scorso anno. Grandi investimenti sul mercato, ma pure in campo immobiliare: innanzitutto il nuovo stadio di proprietà, prima dell’autentica cittadella dello sport che verrà. Lo Juventus Stadium, una specie di gallina dalle uova d’oro: se da un anno all’altro le perdite si sono dimezzate, il merito è dell’investimento più oculato, proprio quello relativo allo stadio.
Altra storia, quella del Napoli. I problemi li ha avuti subìto, quando è finito all’inferno. C’è dovuto restare per due stagioni, prima di tornare quanto meno in B: e De Laurentiis, che aveva investito per mettere le mani sul club, è stato costretto a sborsare altri quattrini (un po’ di soldi da spendere, contributi quasi pari a zero: in terza serie, niente ricchi diritti televisivi et similia).
Imboccata la strada del ritorno in alto, la musica è cambiata. Mercato ricco, spesso e volentieri. Ma sempre con un occhio (o qualcosa in più) ai conti. Cinque bilanci in attivo, uno in fila all’altro: si parte dalla stagione 2006-2007: 1.416.976 euro di attivo. Si continua poi, annata dopo annata: + 11.911.041 nella stagione successiva, quindi + 10.934.520, +343.686, fino all’ultimo, che vale oltre 4 milioni di euro. E non è detto che sia finita qui. Tornato tra i grandi, ma senza svenarsi: la scalata del Napoli.
Foto Ansa.
Certo, poi i conti tornano, come sempre. La Juve ha speso di più, il Napoli molto meno. La Juve ha una rosa più ricca (come valore di mercato dei suoi giocatori) rispetto al Napoli.
I conti li fanno gli esperti, quelli che del calciomercato conoscono tutto, cifre comprese. E dicono tutto, naturalmente. La Juve ha investito, il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Nessuno come la Juve nel calcio italiano: il valore di mercato dei suoi calciatori è pari a 307 milioni e 200mila euro, un dato di gran lunga superiore anche a quello fatto registrare dalle altre grandi, milanesi in testa (230 milioni per il Milan, quasi 220 per l’Inter).
Il confronto col Napoli, poi, è quanto mai eloquente. Il valore dei calciatori azzurri non arriva a 200 milioni: per la precisione, è pari a 190 milioni (quarto club di A nella speciale graduatoria). Differenza enorme, che non si traduce in punti in classifica.
La Juve vale di più, ma è affiancata dal Napoli. A dar retta ai numeri (anzi, ai soldi), non dovrebbe esserci partita. A guardare la classifica, sarà un big-match. Perché i numeri (e i soldi) contano, ma non sempre bastano.
Ivo Romano