03/11/2012
Il secondo gol di milito contro la Juventus (foto del servizio: Reuters).
La notizia della Juventus battuta dopo 49 partite, con
l’Inter che con il 3 a 1 di Torino le arriva ad un punto nella classifica di un
campionato forse soltanto a due, ha sicuramente riempito di sollievo una certa
parte, quella meglio ragionante, dei tifosi bianconeri. Sì, perché ormai il
filotto di vittorie o al peggio pareggi sembrava tatuato malamente da decisioni
(indecisioni) arbitrali pro Juve di cui magari la squadra, possente, non aveva bisogno.
Una sconfitta pesante e giusta, ma soprattutto lustrale come
quella di Torino, giova alla raccolta di simpatia, o allo scarico di antipatia,
da parte di un club che ultimamente ha come goduto il mettersi al di là, e
secondo i suoi padroni al disopra, della giustizia sportiva, ha coltivato una
campagna di vittimismo anche e soprattutto nel caso del suo allenatore che pure
aveva patteggiato una condanna e dunque riconosciuto una colpa, aveva tenuto
vivi i fantasmi di Calciopoli intanto che veniva ribadita la radiazione dei suoi
dirigenti Moggi e Giraudo e veniva avanzata una richiesta pesantissima di danni
per arbitraggi manipolati da Bergamo, Pairetto, De Santis e Mazzini, tutta gente
amica e non mai rinnegata, ha insistito con la conta fasulla dei trenta
scudetti in spregio alla Federcalcio e al suo albo d’oro ufficiale.
La
ciliegina sulla torta (si fa molto ma molto per dire) era stata messa dal
recente successo di Catania, un gol regolare negato agli etnei e uno irregolare
regalato ai torinesi e soprattutto uno straordinario gioco verbale eseguito a
Torino per trasformare il match in brutta palestra di brutti pensieri, in
malafede, da parte del resto del mondo del calcio. Un’altra ciliegina poteva
essere il gol dell’1 a 0 fulmineo e teoricamente fulminante della Juventus nel
match di Torino, in rete Vidal dopo pochi secondi, ma su passaggio di Asamoah
in chiaro fuorigioco non rilevato, più Lichtsteiner bianconero non espulso al
secondo fallo da ammonizione: poi il perentorio 3 a 1 pro nerazzurri l’ha
vanificata.
L'esultanza di Stramaccioni, allenatore dell'Inter.
Davvero troppo, da qui il sollievo. Che però ha un limite se si pensa che è generato da una impresa, grande dal punto di vista calcistico ma contorta dal punto di vista psicologico, proprio della squadra della società, l’Inter, che con la Juve (e il Milan) divide le massime colpe per la pessima regia di tutto il nostro calcio negli ultimi anni, e che non ha saputo o voluto ribellarsi allo scudetto 2006, assegnatole ingiustamente dopo averlo giustamente tolto alla Juve.
Nelle ore immediatamente precedenti la grande sfida di Torino Andrea Agnelli figlio di Umberto e Massimo Moratti figlio di Angelo, due eredi diretti della presidenza bianconera e nerazzurra, hanno persino giocato al gioco della distensione, della sportività esibita. Un gioco giocato bene, e infatti la partita è stata alla fine pulita e onesta persino nel risultato, ma di recita si è trattato: e ci possono essere belle chiarissime recite onestissime di copioni oscuri, se gli attori sono bravi.
La Juventus resta una grande forte squadra che attende il ritorno di Conte in panchina, a dicembre, per essere insufflata al massimo di furia o almeno di voglia agonistica (e già mercoledì gioca in coppa, a Torino contro i danesi, una sorta di match della sopravvivenza), l’Inter con Stramaccioni promette un gioco piacevole e proficuo di attacco, di divertissement persino. E il sollievo per la fine di quella che ormai sembrava una scommessa statisticamente feroce più che un impegno, la scommessa di imbattibilità comunque e quantunque, può forse rappresentare una svolta intelligente e serena eseguita da tanti. Chiediamo anzi speriamo troppo?
Gian Paolo Ormezzano