13/02/2013
Antonio Conte e Andrea Agnelli, rispettivamente tecnico e presidente della Juventus (Ansa).
Il problema se la Juventus sia la squadra più amata dagli italiani o quella più odiata forse si risolve cambiando una vocale, mettendo una “e” al posto della “o”. Amata e odiata. E la Champions League, che ha visto i bianconeri onorare un sorteggio benevolo giocare bene e stravincere (3 a 0) ieri a Glasgow contro il Celtic (la squadra degli scozzesi cattolici, i Rangers dei protestanti sono in crisi nera) negli ottavi di finale, impegna un club in forte contrasto con quasi tutto il resto del nostro calcio e intanto vocato ad essere presto l’unico nostro rappresentante nell’Europa che conta, se come è possibile per non dire probabile il Milan, che ha avuto dal sorteggio arcigno il Barcellona, nonostante Balotelli verrà eliminato dal terribile gioco corto dei catalani e di Messi (6 marzo la data dell’incontro a Torino della Juventus, 20 febbraio e 12 marzo quelle dei due incontri del Milan). Il tutto comunque tenendo conto della follia del calcio: non per nulla di recente proprio il Glasgow Celtic, nella prima fase di Champions League, ha sconfitto il Barcellona…
La dirigenza juventina, intitolata sempre alla famiglia Agnelli ma con uno stacco netto e voluto dai modi dell’Avvocato, evidentemente giudicati troppo signorili per il calcio attuale, coltiva l’antipatia come una vitamina che fa bene a chi ne è oggetto, come dimostrato allorché si è trattato di rinfocolare rivalità rugginose con la Fiorentina, arrivando allo scontro verbale in tra Andrea Della Valle e Andrea Agnelli, i due presidenti, dopo quello ben più duro fra Diego Della Valle e Sergio Marchionne, i due industriali.
Calcistica la sfida più recente, che si è richiamata la vigilia del confronto diretto al fattore-campo minacciato e di contro denunciato come scientemente ostile (“Torino sarà un inferno”), ma poi non determinante in Juventus-Fiorentina vinto bene dai bianconeri (un 2 a 0 quasi facile e comunque tranqullo); politicoeconomica l’altra sfida, con Diego Della Valle che si è rivolto addirittura a Napolitano perché fermi o quanto meno condanni un certo modo di agire della Fiat, e Marchionne che lo ha invitato a “non rompere le scatole”.
L’allargamento della rivalità sportiva alla situazione economica e politica è una novità, che se fosse contagiosa cambierebbe il copione tutto del calcio italiano e forse metterebbe fine a tante commedie dei sorrisi finti, delle strette di mano ipocrite, quando poi i club egemoni non riescono neanche ad accordarsi per dare un presidente alla loro Lega.
L’avvento alla presidenza di Andrea Agnelli orfano di Umberto (il Dottore) ha visto la Juventus darsi lo stadio di proprietà, fonte di redditi forti, costringendo gli altri club ben che vada all’imitazione tardiva, l’ha vista diventare campione d’Italia 2012-13 con un dominio netto sul campo, l’ha vista quasi saggia e comunque sicura sul mercato, grazie anche all’amministratore delegato Beppe Marotta, l’ha vista fare quadrato intorno all’allenatore Antonio Conte,un suo ex giocatore, squalificato a lungo per omessa denuncia su un illecito accaduto altrove ma anche sempre moralmente sostenuto dal suo club, l’ha pure vista capace di dare una calmata allo stesso Conte quando certe sue proteste smodate contro gli arbitri si sono davvero discostate troppo dallo stile Juventus, quello della massima dell’Avvocato per cui “lamentarsi è da provinciali”.
Intanto la società si è trovata ad essere in questo campionato la rappresentante assoluta di un Nord pallonaro orbato dei consueti contributi di Inter e Milan e contrastato per lo scudetto soprattutto dal Napoli che è Sud e della Lazio che è Centro. Proprio in una disfida verbale col Napoli la Juventus ha elevato l’antipatia sportiva al rango di sentimento da provare lecitamente, quasi doverosamente verso l’avversario, il quale non deve intanto mancare l’occasione di farsi fiero dell’invidia e dei molti nemici, che come si sa significano molto onore.
Insomma la Vecchia Signora o la Fidanzata degli Italiani, secondo due definizioni antitetiche e però complementari, ha cercato la sfida su tanti terreni nuovi, e sinora ha vinto le battaglie.
I suoi innamorati la amano sempre più e riempiono lo stadio di cui si sentono proprietari, i suoi odiatori si sono come riuniti nello stesso partito, però certe unioni mica sempre fanno la forza, talora sono una somma di debolezze. In campionato il vantaggio sul Napoli secondo è di 5 punti e tutto fa pensare che la visita dei bianconeri al San Paolo il primo di marzo non avverrà in condizioni di classifica tali da dare al confronto il senso di una sentenza. La Juventus riesce addirittura ad andare agli ottavi di Champions League tranquilla del suo sapersi valida in chiave europea anche se sul mercato di riparazione ha preso in fondo il solo Anelka, rudere francese. La società prenota i giovanissimi in un po’ tutto il mondo ed evita le grosse spese, che pure la famiglia Agnelli potrebbe permettersi.
Non si deve ancora pensare ad una autentica cosmorivoluzione bianconera, né all’avvento nel calcio di nuovi definitivi valori. Fra l’altro mica è detto che la politica della saggezza economica sia capita ed apprezzata e premiante, oltre che valida nell’assoluto e nel relativo. Il mondo del pallone è persino più pazzo che carognesco, valori e modi e tattiche e astuzie e recite collaudati altrove lì falliscono clamorosamente. Però questa Juventus che non teme di essere antipatica è quanto meno una novità interessante. E Conte ha dimostrato di sapere come combattere i Della Valle anche se non frequenta un Della Casa.
Gian Paolo Ormezzano