29/09/2012
Zdenek Zeman, allenatore della Roma (foto Reuters).
Il successo largo,
impietoso, chirurgico senza uso di anestetico, della Juventus a Torino sulla
Roma ha ribadito la legge del più forte, viene da dire del più fortissimo, appunto
la Juventus, alla quale il 4 a 1 sta stretto,se si pensa che dopo una ventina
di minuti c’era già un 3 a 0 più due traverse e un paio di occasioni mancate
per il solito soffio.
Ma l’evento, la sentenza destinata a segnare forte il
campionato, a tatuarlo come fosse la
schiena di uno dei tanti, troppi nostri
giocatori tanto, troppo “illustrati”, devono accettare la concorrenza di un’altra
legge che serve a tutti: quella per cui, nel calcio, se un evento è demonizzato alla
vigilia dalla paura di fattacci a esso collegati, quasi automaticamente viene
esorcizzato: in altre parole, il teppista annunciato prova più
paura o meno gusto ad esercitare il teppismo previsto, teme precauzioni
“contro” e se ne sta bravo.
Così gli annunci, i timori, addirittura le
predescrizioni dell’inferno bianconero in cui incapsulare Zeman, il perfido nemico
giallorosso questa volta, ma in realtà l’uomo ostile sempre, sono serviti alla
costruzione intorno a Zeman di un sistema di accoglienza perfetto e quasi
cortese. Se si vuole, lui ha ricambiato offrendo alla Juventus, di cui da
sempre critica conduzione sociale, sistema sanitario, rapporti particolari con
gli arbitri, allergia ad ogni tipo di giustizia, sportiva e non, sistematica
recitazione per farsi credere vittima di soprusi, e addirittura inganno nei
conti, 30 scudetti quando sono 28, offrendo dicevamo a questa Juventus una sua Roma a maglie più larghe che mai, una
sua Roma ente calcistico di beneficenza sul campo.
I difensori giallorossi
troppo avanti, perforati dalle verticalizzazioni bianconere, il correre di
tutti, cioè anche attaccanti e centrocampisti, poco intenso e niente convinto,
i marcamenti generosi… Lo Zeman pensiero, un gol più degli avversari, che non può funzionare contro la squadra più
cinica d’Italia, oltre che più forte, mentre magari basta e avanza per un’Inter
(fatto), un Milan, anche un Napoli, vedrete. E addirittura Zeman è stato autore inconscio del rilancio
di Pirlo, il cervellissimo bianconero lasciato liberissimo di ritrovare eccome
se stesso dopo un qualche declino nelle ultime partite e un turno di riposo
coatto.
La gioia dei giocatori della Juventus (foto Ansa).
E la partita del previsto inferno, del pubblico fremente verso il boemo da sempre brutto e cattivo nei riguardi della Signora, è diventata così una faccenda quasi arcadica, in cui la Juventus ha messo la sua maggior forza diciamo anche decisionale. Meglio così, si capisce, per tutto il calcio. Meglio così, nella circostanza della partita di Torino, per la Juventus che non deve immergere nessuna lama rovente nell’acqua gelida per farla più mortifera, le basta il fioretto usato con una eleganza, una semplicità che diventano anche praticità. La Juventus che non ha Conte in panchina (e Zeman anche a Conte si era dedicato, sostenendo che sotto squalifica non poteva o almeno non doveva allenare), ma che fa tutto come se Conte fosse addirittura in campo. La Juventus che sul mercato ha inseguito il top player e per fortuna non ce l’ha fatta a ingaggiarlo, con estri e guadagni lui magari avrebbe destabilizzato l’insieme. ·
E a chi ha visto la partita è venuto ad un certo punto il sospetto che la Juventus si occupasse, oltre che del conseguimento e della gestione del risultato, anche dalla tonalità del match, acciocché esso non risultasse deludente sul piano dello scontro psicofisico. E allora ecco che il bianconero Vucinic viene quasi alle mani con il bianconero Bonucci che tratta male il giovane giallorosso Florenzi, forse un ragazzino che applaudiva Vucinic quando il montenegrino giocava nella Roma: uno sketch che neanche se preparato a lungo poteva venir meglio. ·
E che fa adesso Zeman? Si gonfia di revanchisno (ma come? ma quando?) o si sgonfia di umiliazione? Noi speriamo che Zeman resti Zeman, il censore che rafforza gli interventi a mano a mano che il tempo gli fa roca e debole la voce. E per capire di più di una Juventus che comunque molto e bene già si è fatta conoscere ed apprezzare in tanto mondo del pallone 2012, aspettiamo martedì, a Torino, il turno di Champions League contro gli ucraini dello Shakhtar Donetsk: per capire se la Signora andrà avanti in Europa come in Italia, se triturerà gli Zeman e non solo loro.
Gian Paolo Ormezzano