07/03/2011
Antonietta Di Martino, neocampionessa europea al coperto nel salto in alto, al centro, tra la spagnola Ruth Beitia e la svedese Ebba Jungmark.
Ci sono gare che bisogna scolpirsi nella memoria perché dicono molte più cose di quello che sembra a chi pensa che lo sport sia solo un gioco. Ci sono gare, come quella di Antonietta Di Martino agli Europei di Parigi Bercy, che ci dicono delle cose di noi, che ci spingono a osare, che ci sfidano.
Non era ancora capitato, finora, che Antonietta Di Martino, di cui già avevamo apprezzato il carattere di grande agonismo in molte occasioni su tutte il Mondiale di Osaka 2007, salisse sul gradino più alto del podio. E vederla là, al posto che all'aperto era stato di Sara Simeoni, è una grande soddisfazione. Lo è in sé ma di più perché Antonietta Di Martino, con il suo metro e 69 centimetri di statura, non dovrebbe saltare come fa e glielo dicono da una vita.
E invece a Parigi lei era là, in mezzo a due che svettavano sopra la sua testa di un bel po' di centimetri. E i centimetri per chi deve saltare in alto aiutano. Antonietta Di Martino salta, visto il 2,04 con cui poche settimane fa ha migliorato il primato italiano, 35 centimetri sopra la sua testa, un differenziale (così si chiama tecnicamente quella differenza tra statura e salto) che nessuna al mondo ha. Più alto è, più è difficile quello che si fa.
Ecco perché la gara di Antonietta è importante per noi, per tutti noi: anche per quelli che di sport non sanno niente, persino per quelli che nello sport non vedono niente, perché la componente simbolica di quella gara ci riguarda tutti. Ci riguarda tutte le volte che ci sentiamo troppo piccoli per affrontare una sfida ardua, ci riguarda tutte le volte che qualcuno ci dice: "A che serve? Tanto non ce la farai mai", ci riguarda tutte le volte che qualcuno ci viene a dire che non vale la pena di combattere per quello che va storto perché tanto niente cambierà mai.
Antonietta dai suoi salti e dal suo podio ci dice che chi non si arrende a volte ce la fa. E di questi tempi c'è davvero tanto bisogno di sentirselo dire. Non a parole, con l'esempio, che vale molto, ma molto di più.
Elisa Chiari