28/11/2012
Il guardalinee di porta durante la partita del campionato di Serie A Fiorentina-Udinese allo stadio Artemio Franchi di Firenze (Ansa).
Il calcio dei ricchi si permette adesso ben sei arbitri: quello ormai detto capo che ha l’ultima parola e l’ultimo fischio, i due guardalinee che sono diventati collaboratori del capo non solo per il delicatissimo fuorigioco, il quarto uomo che fa quasi esclusivamente da parafulmine beccandosi le continue rimostranze dei due allenatori, e i due giudici di porta (uno per porta), o assistenti di fondo campo, che non solo devono dire se la palla è entrata o no in rete, ma anche devono far notare violazioni eventuali delle regole in area rigore.
Tutti i sei sono collegati via radio, dovrebbero bastare poche parole essenziali o addirittura brevissimi fonemi convenzionali, ma invece spesso sono dialoghi viso a viso con i colleghi giudici, magari coprendo la bocca perché non si intuisca tutto dal labiale.
Gli stessi sei sono pure oggetto di aggressioni verbali continue da parte di giocatori e tecnici e dirigenti, quando soltanto il capitano di una squadra potrebbe dialogare, e garbatamente, con loro, anzi soltanto con il loro capo: e questo è forse il più grosso intanto che meno denunciato sconcio italiano.
Per adesso tutti i sei diciamo giudici provengono da due gruppi, quello degli arbitri e quello,ormai specifico,dei guardalinee. Ma si va verso la formazione di un corpo speciale di assistenti di fondo campo addestrati proprio per questa bisogna: se non altro è creazione di posti di lavoro, e pagati bene (il che però significa che il calcio minore non può permettersi questo vasto collegio giudicante e teoricamente rassicurante).
La domanda è: con i sei arbitri le cose funzionano meglio? La risposta è un bel no. Dodici occhi significano pareri in aumento e confusione in crescita esponenziale. Se poi si assegna il fondo campo ad un arbitro autorevole come Rizzoli, tanto per far nomi, ecco che lui si sovrappone all’arbitro capo: così proprio Rizzoli ha “deciso” un rigore dubbio pro Juventus e contro il Napoli a Pechino nella Supercoppa italiana e l’annullamento di un gol regolare del Catania contro la stessa Juventus, salvo poi diventare un nemico dei bianconeri quando da arbitro capo ha fischiato contro di loro un rigore pro Milan anch’esso assai dubbio.
Comunque il problema (già accennato e “minacciato” da noi) va ormai al di là dello specifico di una partita pur importante, interessa l’essenza del calcio, non solo in Italia ma in Italia più che altrove, perché da noi si va a cavallo del cavillo.
Ovviamente si è messa in moto la macchina della dietrologia, e nessuno la ferma più.
Specie nel Bel Paese, dove questa macchina ha sempre il motore potente di una Ferrari.
Ogni presidente di club predica la calma e la signorilità, calmi e sereni vuole tutti fuorché se stesso. Ogni club tiene ed alimenta un suo dossier di ingiustizia patita e di giustizia non avuta. Ci sono gli statistici attentissimi nel provare che il tale club è sempre aiutato, altri capacissimi di dimostrare che alla fine i torti e i favori si equilibrano, per ciascuna squadra: frottola enorme questa, i piccoli sono sempre vessati (lo dice la storia del mondo, mica solo la storia del football: e il “beati gli ultimi” è nato proprio per offrire una compensazione “dopo”) ma non fanno notizia, e sembra di sentire quel nobile romano che a Rugantino prossimo al patibolo disse che la vita è una ruota che gira, oggi a me domani a te, e al poveraccio morituro il quale gli fece notare che, alla fin fine, i poveri sono sempre la stragrande maggioranza di quelli che pagano, rispose in chiave di percentuale matematica: “Che colpa ne abbiamo noi ricchi se voi siete di più?”.
D’altronde anche il calcio diciamo così di vertice assoluto e teoricamente neutrale patisce la confusione del lungo momento.
Blatter presidente mondiale e Platini presidente europeo sono entrambi contro la moviola padrona in campo (scatenerebbe ogni domenica qualche rivoluzione lì sul posto, allo stadio), anche perché offre possibilità di interpretazioni divergenti e persino contrastanti, ma intanto Platini ha accettato per il campionato d’Europa i due giudici di porta (però ad uno di loro è sfuggito un gol clamoroso) e ora manifesta una apertura alla prova televisiva ma limitata alla soluzione di dubbi legati al fuorigioco decisivo.
E quanto ad una macchina che sostituisce l’uomo, anzi ne fa risparmiare due, per dire scientificamente se la palla ha varcato o no la linea, gli esperimenti sono in corso da tempo, ma sembra proprio che sensibilizzare un pallone grande così sia difficile, anche se la pallavolo c’è riuscita (ma forse il pallone da calcio è più pesante e meno malleabile perché pieno d’oro…).
Prepariamoci comunque ad un campionato sempre più appeso al gancio delle polemiche, con il grazie degli avventori del Bar Sport, alimentati di spunti partita dopo partita. E con persino nostalgia del passato prossimo, quando un gol regolarissimo non concesso a Muntari del Milan contro la Juventus assorbì da solo gran parte della vis polemica disponibile in tutto lo scorso torneo.
E siccome dell’arbitro non si può fare a meno, ci pare lecita persino la voglia di un arbitro sempre responsabilizzato al massimo, magari sempre meglio pagato anche perché resista agli allenamenti duri (è lui quello che deve correre più di tutti) e alle tentazioni, aiutato da collaboratori pochi ma buoni e preparatissimi, e difeso anche se secondo noi sbaglia, anche perché secondo noi sbaglia e dunque è umano.
Due occhi puliti, che cerchino di veder bene, e la macchina che interviene solo in casi estremi e su richiesta dello stesso arbitro capo.
E quanto ai nostri occhi da sentenziatori, da censori, da detentori di supervista, ricordiamo cosa ci diceva Alfredo Trentalange, arbitro decisamente bravo che però, sapendo di non essere un fuoriclasse del fischietto, ad un certo punto passò all’insegnamento, incrementando intanto il suo lavoro per i disabili mentali: “Ci sono due partite, una quella che vedete voi dagli spalti o in televisione, una quella che vede l’arbitro sul campo, dove le mosse, i colpi, i rantoli hanno un significato speciale, una valenza particolare da rapportare al tipo di contesa che si sta svolgendo. Un arbitro fiuta l’irregolarità, intuisce e punisce la cattiva intenzione anche se a voi appare tutto perfetto, pulito, ossequiente alle regole, perché quella che lui vede e deve giudicare spesso in una frazione minima di tempo è una partita diversa, speciale, da annusare stando in mezzo al turbine del gioco”.
Gian Paolo Ormezzano