Le coppe in salita del calcio italiano

Sono rimaste tre squadre, tutte appese alla speranza della rimonta, non sarà che nel nostro pallone sempre più aggressivo e meno efficace c'è qualcosa da rivedere?

24/02/2011
Zuffa in campo contro il Tottenham, cinque giornate di squalifica per Gattuso.
Zuffa in campo contro il Tottenham, cinque giornate di squalifica per Gattuso.

Le tre squadre italiane rimaste a rappresentare il nostro calcio nella Champions League (fuori la Sampdoria già nei preliminari) sono fortissimamente a rischio di eliminazione nel ritorno degli ottavi di finale, tutte e tre impegnate fuori casa. 

    L’8 marzo la Roma dovrà cercare di rimontare il 3 a 2 infertole all’Olimpico dagli ucraini dello Shahktar Donetz, il giorno dopo a Londra il Milan dovrà cercare di ribaltare l’1 a inflittogli dal Tottenham a San Siro, il 15 a Monaco di Baviera l’Inter dovrà cercare ribaltare il suo 1 a 0, patito a San Siro contro il Bayern (tedeschi in gol al 90’, ma prima avevano colpito due pali). 

    Sulla carta il compito meno tremendo pare quello della Roma, che però, battuta all’andata dalla squadra di un paese dove il gelo invernale ferma a lungo il campionato, patirà la migliorata condizione atletica dei rivali, acquisita col passare dei giorni, e dovrà vincere o con due gol di scarto o con un improbabilissimo 4 a 3 (in caso di parità di reti quelle segnate fuori casa contano doppio),  intanto che vedrà stravolto dall’arrivo dei nuovi padroni statunitensi il suo assetto sociale. 

    Alle due milanesi l’1 a 0 servirebbe per portare la partita ai supplementari (idem un 3 a 2 alla Roma): ma se si pensa a 120 minuti anziché 90 si deve anche pensare alla nostra carenza di atletismo puro, mentre se si pensa ai rigori si deve anche pensare al nostro isterismo da risultato, che fa in fretta a tradursi in mancanza o carenza di lucidità.  

    C’è comunque tempo per un infinito bla-bla-bla di pronostico, mentre il discorso su quella che ormai appare come una chiara debolezza del nostro  calcio  in sede internazionale è purtroppo non solo già valido, ma anche urgente. Sembra proprio che a forza di enfatizzare il calcio, di arricchire i calciatori, di catturare stranieri, siamo riusciti a dar vita chez nous ad una bella colonia di furbastri talentuosi, che ci sfruttano badando bene a non consumarsi troppo. 

    Per consolarci possiamo pensare al Real Madrid, che spende tanto e non conclude molto, possiamo prevedere una crisi finanziaria immane del calcio inglese e spagnolo (quello tedesco spende di meno ed ha una economia sua e del paese in migliore salute), ma si tratta pur sempre di consolazione relativa, come di chi confronta i suoi mali con quelli altrui.  Forse è il momento di rivedere tutta l’ideologia del nostro gioco, che col tempo si è fatto sempre più duro e violento, riuscendo pure ad essere gaglioffo quando gli arbitri ce lo permettono, e che blinda le difese aspettando in attacco miracoli quasi sempre da parte di mercenari stranieri. 

    Stiamo ritornando anticipatici, insomma, e persino il nostro paesanissimo Gattuso ha dato il suo contributo, con la sceneggiata contro gli inglesi a San Siro. L’abbastanza fortunoso nostro successo mondiale del 2006 ci ha fruttato più invidie che simpatie, anche perché lo abbiamo usato per cercare di bypassare Calciopoli.  Ma c’è di più. In Italia ormai si gioca con un regolamento che lascia impunite fallosità continue, specialmente le cosiddette “trattenute”,  in area di rigore, quando spiovono per cross, calci d’angolo o punizioni, palloni alti. 

    L’anno scorso l’Inter appiattì il Chelsea appiattendo i suoi attaccanti e godendo di arbitraggi tolleranti. Un arbitro straniero che voglia divertirsi applicando il regolamento può fischiarci contro cinque calci di  rigore per partita.  Giusto comunque sospendere ogni sentenza a dopo le partite di ritorno, il processo di appello. Doveroso però segnalare sin d’ora che l’attesa di uno o più miracolo, nello sport non è una sempre bella cosa. 

    Ultradoveroso notare e far notare che l’Europa non ci vuol bene (e infatti l’Italia è stata umiliata nelle contese per l’organizzazione dei campionati continentali del 2012 e 2016). Si spera molto nella Nazionale di Prandelli per mandare avanti le nostre pubbliche relazioni: ma se la squadra azzurra si farcisce di oriundi raccoglie apriori inimicizia da parte di chi si ritiene saccheggiato. 

    Insomma, la situazione non è bella, anzi. Può diventare drammatica, aggettivo col quale il  nostro mondo del calcio palleggia continuamente. Entro metà marzo l’Europa forse ci sembrerà, calcisticamente parlando, una entità da noi molto lontana, per non dire a noi estranea. Se accadrà, e temiamo che accada, non dite che non vi avevamo avvertiti.

Gian Paolo Ormezzano
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