14/02/2013
Lo stadio Is Arenas di Quartu al centro dell'ultima inchiesta. (Ansa).
Se qualcuno non l’avesse capito, le travi che reggono il pavimento dello sport stanno scriocchiolando non poco. L’ultima notizia avvisa che è stato arrestato Massimo Cellino, presidente del Cagliari, con l’accusa di tentato peculato e falso, nell’ambito di un’inchiesta che riguarda le periclitanti vicende dello stadio Is Arenas di Quartu Sant’Elena, lo stesso attorno al quale poco tempo fa Cellino medesimo aveva invitato i tifosi a ignorare “le porte chiuse” decise dalla pubblica sicurezza.
Sono passati pochi giorni da quando la Gazzetta dello sport ha sollevato lo scandalo Cipollini, accusato di doping, alla corte del dottor Fuentes, al cui cospetto evidentemente si sono inginocchiati sportivi d’ogni contea, che per una gara hanno venduto il regno e il cavallo. Negano tutti ovviamente, ma non sarà facile davanti ai giudici smontare i riscontri delle tabelle schiaffate sui giornali, dove si leggono assunzioni di farmaci in corrispondenza di gare e di successi. E non sarà facile neppure trovare una giustificazione che stia in piedi per numeri di fax e telefoni che testimoniano contatti di cui si dovrà rendere conto.
Vale ovviamente per tutti la presunzione di innocenza e quello che deve venire è un lavoro per avvocati e magistrati. Come lo è il complicato lavoro delle Procure di Bari, Napoli e Cremona, che sta facendo emergere nel pallone un giro di scommesse in apparenza senza fondo, con appendici che si radicano dentro la criminalità vera, organizzata anche.
Però c’è una domanda che non si può più rimandare. Dov’erano le Federazioni sportive mentre tutto questo, che è solo l’ultimo scampolo di una lunga teoria di vicende, accadeva? Dov’era il Coni, cui tutte le Federazioni fanno capo? È una domanda che giriamo ai nuovi vertici del Comitato olimpico italiano, proprio in questi giorni in corso di ricambio. E non varrà la scusa di essere vergini e nuovi, perché i problemi non finiranno oggi. Sappiano i nuovi vertici – siano avvertiti preventivamente -, che i proclami non sono una risposta: li sentiamo invano da decenni e ogni giorno intanto si scende un po’ la china.
Possibile che, anche qui, serva una sentenza di Cassazione o del Tnas per accendere in chi comanda lo sport la lampadina di un dubbio, di un sospetto, di un pericolo? Anche per lo sport, come per altri ambiti - e sarà pur vero che gli altri ambiti sono più importanti ma lo sport parla a tutti e questo pesa - esiste una responsabilità politica, un discorso di opportunità, per cui non servono giudici e tribunali, ma soltanto una coscienza. Tanto più che fino a prova contraria lo sport maneggia una materia delicata: i ragazzi, fin da piccoli. E dell’esempio che dà loro i vertici sono, forse non penalmente, ma politicamente responsabili.
Per questo ai nuovi vertici del Coni, quando arriveranno, chiediamo una cosa sola: di smettere di nascondere la polvere sotto i tappeti, come s'è fatto per troppo tempo, in attesa che la giustizia la scopra, per poi cadere tutti dalle nuvole. Si guardi dentro, lo sport, si ripulisca dall’interno. Perché prima o poi quel pavimento scricchiolante ci casca in testa facendo macerie di tutto il suo corredo di affari e di simboli. E quel giorno nessuno potrà dire che non si poteva prevedere.
Elisa Chiari