01/08/2011
Sebastian Coe, ex campione olimpico e presidente del Comitato organizzatore di Londra 2012.
Sebastian Coe, un Lord chiamato Olimpiade (due ori nel mezzofondo, a Mosca e Los Angeles, ora presidente del Comitato organizzatore di Londra 2012), scruta l’orizzonte dietro le vetrate del suo quartier generale di Canary Wharf e prima che il suo sguardo si imbatta nel grigiore del cielo londinese incrocia l’incessante divenire dell’Olympic Park: l’imponente sagoma dello stadio Olimpico (516 milioni di sterline per 80 mila spettatori), quella del velodromo, il tetto ondulato dell’Acquatic Centre (design di Zaha Hadid, architetto di natali iracheni e scuola londinese), gli edifici del Villaggio Olimpico, la stazione dell’Alta Velocità, che una volta a regime vomiterà fuori da ultrarapidi Eurostar migliaia di appassionati provenienti da una Parigi mai così vicina in termini di tempo (un paio d’ore, non di più, per ritrovarsi nel bel mezzo del circo olimpico), senza dimenticare il favoloso Javelin, il treno che vi convoglierà gente dalla stazione di St. Pancras, nel centro della capitale, con un viaggio (si fa per dire) di soli 7 minuti.
Lord Coe vi si posa con lo sguardo e conferma: “Stiamo rispettando i tempi, i piani vanno secondo le previsioni, la crisi mondiale non ha rallentato i progetti”. Tempi rispettati, costi pure. A un anno dall’Olimpiade, impianti pronti all’88%, senza alcun lievitare di costi. Un anno ancora, poi sarà tempo di dar la parola e campioni e comprimari dello sport mondiale.
L’Olympic Park, il luogo dei sogni. Una volta completato, comprenderà non solo impianti sportivi e Villaggio Olimpico, ma pure 45 ettari di parco naturale, che farà dei Giochi londinesi i più ecologici della storia. Adesso, manca ancora qualcosa. Dettagli, più che altro. Il cantiere avanza nei suoi lavori, che a breve saranno completati. Un pezzo consunto della vecchia Londra industriale che si trasforma in circo per campioni e figuranti dello sport. E che così della capitale deforma l’antico panorama, modifica il paesaggio, sottopone a lifting il profilo d’un tempo.
L'enorme cantiere del villaggio olimpico nel distretto di Newham.
Cinque distretti da riscattare
Sport, ma non solo. Un’occasione unica, per tutto quello che
un’Olimpiade si porta dietro. In termini di quattrini che girano
vorticosamente e vite che cambiano i propri connotati. E’ Londra
orientale, l’East End, crogiuolo di razze e mix di culture, culla di
povertà e luogo di violenza. Cinque i distretti (boroughs, in lingua
locale) della capitale interessati, cinque come i cerchi olimpici. Newham,
Hackney, Tower Hamlets, Waltham Forest e Greenwich (che ospiterà un
terzo delle gare), quest’ultimo lontano dagli altri, in termini di
degrado.
Newham, soprattutto. E’ sul suo territorio che insiste gran
parte dell’Olympic Park, è lì che tra un anno (giorno più, giorno meno)
verrà accesa la torcia olimpica. Rigenerazione, la parola magica. E sì
che Newham ne ha bisogno, stretta com’è in cifre da record negativo: un
centinaio di razze differenti, la popolazione più giovane di Londra, ma
pure disoccupazione (circa il 40% dei residenti vive di sussidi
statali e abita in case popolari) e criminalità senza eguali nella
capitale.
Altra storia, dopo le Olimpiadi. Almeno si spera. Perché 15
milioni di sterline non potranno non lasciare il segno. Newham, dalla
stazione di Stratford scendendo verso Sud. Un cantiere infinito, non
solo l’Olympic Park. Ristrutturazione completa, in tempo per le
Olimpiadi. Già lievitano i prezzi delle case, che schizzeranno alle
stelle quando il nuovo che avanza sarà bello e pronto, portandosi dietro
controindicazioni non da poco: chi resta indietro non potrà
permettersele.
Per ora fanno festa i commercianti, i cui affari sono
lievitati a dismisura. Poi, cambierà la vita del posto, in tutto e per
tutto. Un’Olimpiade, due volti. Sportivo e sociale. Londra si sottopone
al lifting, la capitale cambia volto. Rigenerazione, parola magica. Tra
un anno, si comincia. Mentre un pezzo di città cambia vita.
Ivo Romano