08/06/2012
Michel Platini, che oggi ha 57 anni, con la maglia della Juventus nella quale ha giocato dal 1982 al 1987.
Ritrovare Michel Platini è ritrovare –
obiettivo sempre più faticoso e affascinante
– l’allegria del gioco del calcio, il
suo football en fête che lui praticava giocando
e che difende e comanda adesso da presidente
(eletto nel 2007) dell’Uefa, la federazione
delle federazioni europee. Un incontro
che potrebbe anche essere di routine,
nell’imminenza del Campionato europeo, in
programma tra Ucraina e Polonia dall’8 giugno
al 1° luglio, con pronostico vago e auspici
generici, e che invece si trasforma, nel corso
di una conversazione che lui fa diventare
appassionante proprio con la sua passione,
espressa in un italiano perfetto, in un
trekking in salita fra problemi, speranze, certezze
e paure.
A Nyon, Svizzera francofona, la sede
dell’Uefa, in un edificio che si sporge sul lago
Lemano e la sua bella quiete liquida, il giornalista
ritrova il rital, il giovane oriundo italiano che giocava a testa alta, conosciuto a Parigi
nel 1978 e frequentato a Torino in cinque
anni di Juventus, dal 1982 al 1987 con
tanti trofei di squadra e individuali e il titolo
continentale 1984 per la Francia. Ritrova, in
un ufficio pieno di coppe “sue”, il critico comunque
sempre allegro del nostro catenaccio,
il cultore dell’arte picassiana del gioco di
fantasia contro la logica euclidea dei presunti
schemi. Smise presto perché non si divertiva
più, rifiutò un’offerta diretta di Gianni
Agnelli per restare in Italia a lavorare con la
Juve, non si divertì neanche cercando il football-
champagne come selezionatore della
sua Nazionale di Francia.
Michel Platini con l’avvocato Gianni Agnelli e Cesare Romiti in una foto del 1998.
Si diverte adesso, a 57 anni, da presidente
europeo?
«Mi appassiono. C’è chi vuole far morire il
calcio di scandali, di truffe, di denaro eccessivo
e di debiti. Io predico il fair play finanziario
(l’obbligo di chiudere i bilanci senza debiti),
che fra poco batterà i suoi colpi contro i
club trasgressori, predico la lealtà serena,
che non si è estinta. Sono ottimista per il futuro
a lunga gittata e lo sono anche per i prossimi
Campionati europei, in Polonia e in Ucraina,
Paesi dove al calcio si vuol bene, dove ci
sarà e arriverà gente che ha la mia fede».
Anche gente che vorrebbe un’Ucraina diversa
da quella che tiene in carcere una sua
ex leader...
«Lo sport davanti a certi problemi ha il diritto
e anche la chance di rimanere sé stesso.
Noi produciamo sport, non possiamo sottomettere
lo sport a cause che vogliano fargli
visita. Cinque anni fa sono state scelte liberamente
le sedi delle partite, noi siamo al di sopra
di ogni sospetto sulle votazioni. Nei posti
alti dell’Uefa c’è un turnover importante di
persone, ma resta fissa in tutti la convinzione
generale che ci attende un grande torneo
europeo».
Troppe, le partite ormai condizionate da
sospetti, come conferma l’ennesimo scandalo
italiano, e da paure, quando non da violenze
in campo e fuori...
«Lo so, dall’Uefa segnaliamo ai Governi
anomalie, stranezze, tensioni, flussi assurdi
di denaro nelle scommesse. Poi tocca alle autorità
preposte. Ma so anche quale arma è la
nostra volontà di andare avanti comunque.
Si gioca per i vecchi come per i giovani, per i
grandi saggi come per i bambini della scuoletta.
Si gioca per l’altra metà del cielo. Io vedo
in glorioso arrivo la donna nel calcio: non
solo la spettatrice, ma l’attrice, la giocatrice.
Il calcio femminile secondo me sarà la grande
scoperta dei prossimi anni, anzi se a Berlino
vanno in 80 mila a vedere una partita fra
donne vuol dire che ormai ci siamo. Le donne
giocano bene e sono leali, e questo fa spettacolo
sano e vero: per tutti quelli dello
sport, non per i voyeur. Fra poco i pessimisti
sul futuro del calcio saranno presi a pallonate
dalle donne».
C’è pure l’assalto della tecnologia, che vuole
sostituirsi alle decisioni umane, agli errori
dei nostri poveri occhi sempre meno importanti
di fronte a macchine perfette...
«Sarei un pazzo a rifiutare il progresso. Ma
ci vogliono trentacinque telecamere per monitorare bene una partita. E solo il calcio ricchissimo
se le potrebbe permettere: per offrire
poi noia di giudizi meccanici, o spunti per
rivoluzioni popolari se l’arbitro dice no e la
macchina dice sì. Al massimo possiamo aumentare,
e lo stiamo già facendo con i giudici
di porta, gli occhi umani. Niente di più. Il
calcio non deve essere snaturato nella sua affascinante
irrazionalità che sta in ogni partita,
mentre alla fine di un campionato c’è il razionale
esito finale».
Il calcio delle discussioni da Bar Sport...
«Il calcio che gustiamo. Le discussioni sono
sale».
– Il Platini giocatore diceva che a un certo alto
livello le differenze sono fatte soltanto da
fortuna, prodezze individuali specie di portieri
e attaccanti, e arbitri.
E il Platini dell’Uefa?
«Confermo. I giocatori sono importanti, si
capisce, ma gli arbitri sono basilari, sono la
garanzia umana di un bel futuro umano.
Non possono vedere tutto, però devono essere
aiutati a vedere bene le cose essenziali. Il
problema arbitrale è mondiale, è della Fifa».
E Platini punta alla presidenza della Fifa?
«Non ci penso. L’Europa mi riempie le
giornate, la vita. Mi vedete ingrassato, ma è
perché appaio sempre accanto a giocatori
magri. Però il tempo passa, il tifoso giovane
che mi chiedeva l’autografo per sé e poi per
suo papà, ora me lo chiede per suo nonno.
Ho lasciato la famiglia a Parigi, compresi
due nipotini, sono sempre qui a Nyon o in
viaggio. Il calcio europeo possiede i valori
massimi, andate a controllare le classifiche
dei campionati mondiali. In Ucraina e Polonia
non sentiremo la mancanza di Brasile e
Argentina».
Il Platini giocatore diceva anche che bastavano
tre accorgimenti per vivificare le
partite...
«Vero. Il primo, vietare il retropassaggio
volontario, antisportivo al portiere: fatto. Il
secondo, far sì che dopo il fischio dell’arbitro
il giocatore falloso si allontani comunque
e sempre dal pallone, senza calciarlo
lontano o metterci il piede sopra, pena l’ammonizione:
quasi fatto. Il terzo, cartellino
giallo per ogni giocatore che parla con l’arbitro,
capitano escluso: spero che sia fatto presto.
Decide il board dei custodi-padroni del
regolamento, non l’Uefa».
Gian Paolo Ormezzano