30/04/2011
Ibrahimovic, caratteraccio "domato" da Allegri.
Il Milan aggancia il suo diciottesimo scudetto con un allenatore al primo anno sulla panchina rossonera: Massimiliano Allegri, livornese, 44 anni, nessun precedente glorioso, un po’ di fama acquisita con il Cagliari (ma il feeling si è rotto bruscamente, non ben chiaro il perché), un bel po’ di diffidenza al suo arrivo.
Ma allora il mestiere di allenatore è così facile che non occorre esperienza intensa, conoscenza profonda dei giocatori, quelli propri prima ancora che quelli avversari? Oppure è così difficile che il successo premia chi – creatura rarissima – riesce a lavorare senza pregiudizi magari travestiti da esperienza, senza soggezione verso i grandi nomi? La risposta è sì alla prima domanda, sì alla seconda: nel senso che le due tesi possono convivere, ora se ne afferma una, ora l’altra…
Allegri ha potuto gestire nel Milan grandi giocatori, si dice, in primis Ibrahimovic, poi anche Cassano e Van Bommel arrivati col mercato di gennaio, qualcuno sussurra in concomitanza con i calcoli pre-elettorali del presidente Berlusconi, così scoprendo l’acqua bollente. Ma si dimenticano i dubbi, avanzati da grossi esperti di uomini, cose e palloni, sul caratteraccio proprio di Ibrahimovic e Cassano, e soprattutto le perplessità sul centrocampo rossonero e sulla difesa, con giocatori vecchi e con Nesta pieno di acciacchi e con un portiere “da decidere”. E si dimentica che il forcing più produttivo del Milan è stato messo in atto proprio in assenza (per squalifiche) dello svedese, e con l’handicap supplementare di un inquietante infortunio a Pato, intanto che il centrocampo è andato positivamente al di là dell’ineluttabile occaso quanto meno fisico di Gattuso e Ambrosini, e la difesa ha sempre tenuto, fra l’altro riscoprendo in Abbiati il grande portiere che l’estroso ma anche buffo e strano ed incostante Dida aveva fatto mettere da parte.
Seedorf e Nesta (qui contro la Juventus), due degli arzilli vecchietti del Milan.
Un verdetto credibile sul campo
Insomma, come sempre nel calcio parlato - e persino pensato,
ragionato - funziona tutto ed il contrario di tutto, tanto la palla è
rotonda e rotola spesso a casaccio. Una cosa chiara e confortante è che
il Milan ha vinto con merito, la svolta il derby di ritorno in cui ha
umiliato l’Inter: ha vinto bene nel e anche per il nostro calcio che non
ce la fa a chiudere, attraverso sentenze chiare della giustizia
sportiva e non, con il passato dei Moggi e succedanei.
Un verdetto forte e credibile, sul campo, dovrebbe essere la norma,
qui da noi è una manna. Il Milan dunque ha diritto alla soddisfazione
piena, intanto che deve coltivare con forza critica il suo rimpianto che
si chiama Champions League, con eliminazione ad opera del Tottenham
ingigantito dalle paure dei rossoneri capaci di trasformare in mostro di
bravura un giocatore britannico, Bale, la cui sola arma, importante ma
controbattibile con i famosi schemi (di marcatura, questa volta), è la
velocità da recordman dello sprint, nonché imbarazzati dalla ribadita
allergia di Ibrahimovic per le grandi manifestazioni europee di club.
Milan dunque, legittimamente, proprio mentre si pensava che ormai
il ciclo dell’Inter fosse destinato a durare. Milan che ha persino
superato lo scoglio chiamato Leonardo: nel senso che il brasiliano,
lanciato come allenatore di stampo nuovo ma dopo una stagione fatto
fuori dal club rossonero, per qualche settimana d’inizio del 2011 è
apparso, trasferitosi sulla panchina dell’Inter, un supervendicatore di
grosso torto subito: e se l’”ex” fosse andato avanti sarebbe stata, per
il Milan, un’umiliazione pesante.
Milan da “sottoscrivere” con, per quel che riguarda alcuni suoi
uomini, scadenze anagrafiche che non appaiono ancora come decadenze: ma
il mercato estivo dovrà essere almeno un pochino rivoluzionario. Milan
da applaudire ma intanto da aspettare alla prova europea della prossima
stagione: necessari alcuni acquisti mirati, speciali, che non siano
soltanto ritocchi sapienti ma di routine.
Gian Paolo Ormezzano