Vilanova, Mondonico spiega com'è

Che sente uno sportivo alla prova della malattia più temuta? Mondonico, due volte operato, racconta il dramma di Vilanova, allenatore del Barcellona.

24/12/2012
Emiliano Mondonico (foto del servizio: Reuters).
Emiliano Mondonico (foto del servizio: Reuters).

E’ di nuovo ammalato l’allenatore del Barcellona, il club più titolato del secolo, con 3 Champions League nelle ultime 6. Tito Vilanova, 43 anni, pochi giorni fa è stato operato d'urgenza. Era finito sotto i ferri nel settembre 2011, per l’asportazione di un tumore alla parotide, l'ultimo controllo ha evidenziato la ricaduta. La squadra è affidata al vice Jordio Roura, 45 anni, ex centrocampista blaugrana per appena 11 partite di campionato. Dopo le cure, Vilanova si era rimesso bene, era tornato prima come vice di Pep Guardiola per avvicendarlo, nell'estate scorsa, sulla panchina più ambita del calcio europeo.


- Emiliano Mondonico, lei è guarito perfettamente, dopo due interventi chirurgici...

“Chi passa attraverso questo percorso", racconta l’allenatore cremonese, 65 anni, "deve convivere con il rischio di recidiva, ogni 3-6 mesi serve un controllo, per una decina d’anni, e uno qualsiasi di questi controlli può dirti che non va bene. Peraltro aiuta conoscere già quanto succede”.

- Guidava l’Albinoleffe, quando nel gennaio 2011, le fu diagnosticato il tumore all’addome.

“Che alleni il Barça o nella Bergamasca non importa, il calcio ha la facoltà di portare i pensieri lontano dalla situazione, è l’unica materia che permette di dimenticare la malattia, almeno per quell’attimo”. 

- La prima volta tornò in panchina dopo una ventina di giorni, salvò la squadra orobica ai playout, contro il Piacenza, e si fermò a giugno, per un nuovo intervento.

“In entrambe le occasioni fu il mio vice, a prendere in mano la squadra. Ricordo quando il presidente Gianfranco Andreoletti venne da me: tengo Daniele Fortunato, aspettando il suo rientro. Mi infuse speranza”.

- Un mese dopo l’asportazione della massa addominale di 5 chili, seppe che era in atto un altro tumore.

“Dietro al rene, in una posizione balorda, serviva un nuovo intervento importante. Ero molto provato dal primo, aspettai la fine del campionato per farmi rioperare”.

- Il Barcellona ha 16 punti di vantaggio sul Real Madrid. Vilanova è così fondamentale da meritare di essere atteso?

“In campionato ha fatto meglio dell’ultimo Guardiola. La società ha grande fiducia nella guarigione, gli farà riprendere il lavoro come prima. Nella nostra professione non puoi non essere bravo, magari i risultati non dipendono sempre dalle qualità, sono da accettare. L’esonero preserva dall’infarto: anni fa era una frase ricorrente, al corso di Coverciano, forse una giustificazione”.

- Il tumore dello spagnolo è piccolo e circoscritto alla zona del precedente intervento. Dovrebbe tornare a casa per Natale, però è atteso da 6 settimane di chemioterpaia. Non converrebbe richiamare comunque Guardiola o affidarsi all’ex romanista Luis Enrique?

“Attenderlo è una prova di grande sensibilità, significa che hanno la certezza del ritorno. Io non ho fatto la chemio, per le parti molli basta l’asportazione”.

- Altri tecnici calcistici hanno storie analoghe?

“Qualche sera fa, in una trasmissione Tv, a Verona, Osvaldo Bagnoli ha rivelato di non essere stato bene, ma aveva già lasciato le panchine. La malattia è capitata anche agli ex torinisti Paolo Pulici e Angelo Cereser, a carriera terminata. Sul momento preferirono tenere riservate le notizie”.

- Ecco, magari se il cancro si rivela durante la stagione un allenatore fatica a tenerlo nascosto...

“Esiste la privacy, si riuscirebbe. Ma perchè avrei dovuto evitare di renderlo pubblico? Chissà quante persone vivono situazioni simili, mi sono sempre ritenuto una persona uguale alle altre”. 

- L’ultimo esame quando è avvenuto?

“La scorsa settimana, tutto ok, per i prossimi 4 mesi sono tranquillo. Il bello è che ci si controlla da soli, non serve più evitare di mangiare questo o l’altro, la vita diventa regolare per forza, spariscono gli eccessi, comunque la malattia porta ad avere riguardo. Spesso il modus vivendi incide, certe forme tumorali dipendono molto dalla condotta”.

- Lei dove ha ecceduto? 

“Forse nel calcio, ma è la mia vita, sono contento così”.

- Stupisce che la malattia di Vilanova si sia manifestata a soli 42 anni.

“La gioventù è determinante nello sviluppo delle cellule cancerogene. Più è bassa l’età, più la malattia degenera alla svelta, la vecchiaia permette di avere più tempo per controllarne l’esplosione”.

- In primavera al francese Eric Abidal fu diagnosticato un tumore al fegato, operato due volte. A 33 anni il difensore mancino può tornare in campo, sempre nel Barça.

“Gli hanno trapiantato il fegato, la sua guarigione dà speranza a tantissime persone, con il ritorno da protagonista. Ricordo la vigilia della mia prima operazione, l’oncologo mi parlò della di una ballerina della Scala di Milano ritornata a danzare e di una guida alpina che riprese le passeggiate in montagna, c’è una percentuale molto significativa di gente tornata nella normalità. Certo, non ti raccontano le cose negative, bisogna però essere propositivi e positivi”. 

- Come in una partita di calcio, votata all’attacco?

“Sul campo serve abilità in entrambe le fasi, anche in difesa, nella vita molto dipende dalla voglia di uscirne. Sul momento sei nelle mani del chirurgo, il giorno dopo dipende da te: serve darsi da fare per accelerare la ripresa e non tutte le giornate sono uguali. Pensare che più di uno sia riuscito a farcela, tanto più gente conosciuta, con il tuo stesso problema, rappresenta un grosso beneficio, aiuta a uscirne”.

- Di recente è stato a Roma, dal presidente Giorgio Napolitano, per una relazione dei ricercatori sul cancro.

“C’è speranza di debellare le patologie accompagnandole. Attraverso il Dna si fa in modo che le cellule cancerogene guariscano, non serve più l’attacco, nella maggioranza dei casi basta seguirle: non ucciderle ma farle rinsavire. Restano mortali i tumori al cervello, al polmone e al pancreas”. 

- A gennaio lei subentrò per 6 partite a Tesser, al Novara. Vinse a Milano con l’Inter ma tre partite più tardi venne esonerato. Ora allena la squadra di persone dipendenti da alcool o stupefacenti.

“Al mio paese, Rivolta d’Adda. Sono partito quasi dieci anni fa, il dottor Giorgio Cerizza, psichiatra, riteneva inutile togliere l’eroina dando semplicemente il metadone: voleva che reagissero, anche a livello corporeo. L’esercizio fisico unito all’appartenza al gruppo è un aiuto valido, ci vediamo una volta la settimana”. 

- Ormai è in pensione?

“Guai esporre bandiera bianca e alzare le mani. Punto sempre alle 1.100 panchine da professionista”.

Vanni Zagnoli
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