30/04/2012
Gaby Mudingayi con Roberto Morgantini.
Il Gigante Buono è
pronto al bis. Lo farà probabilmente il 6 maggio per l'ultima partita in casa
del "suo" Bologna contro il Napoli. “Vado a chiedere già oggi per i biglietti”.
I biglietti sono quelli per far entrare al Dall'Ara senza tetto, stranieri,
persone in difficoltà che magari in uno stadio non sono mai entrati.
In 100
l'hanno fatto per la prima volta il 29 aprile. Regalo di Gaby Mudingayi,
centrocampista del Bologna che la generosità non la mostra solo in campo.
Nato a Kinshasa quasi
31 anni fa, a volte si sente “uno che ha vinto la lotteria”. La sua fortuna è di
poter vivere giocando a calcio, dice. Dal 2008 con la maglia rossoblù, prima
nella Lazio e nel Torino e ancora per la Nazionale del Belgio, Paese di cui è
cittadino.
L'idea dei 100 biglietti è stata di Roberto Morgantini,
vicepresidente e anima di Piazza Grande, l'associazione bolognese dei
senza tetto che si è ispirata, nel nome, alla canzone più famosa di Lucio Dalla, 4 marzo 1943. Da tempo si
occupa anche dei profughi arrivati in Italia attraverso la Libia che hanno fatto
richiesta dello status di rifugiati politici. Alcuni l'hanno ottenuto, e
dall'anno scorso quasi 200 sono ospiti in due strutture d'accoglienza a
Bologna.
Mudingayi circondato dai "suoi" tifosi speciali allo stadio di Bologna.
“Roberto è una persona straordinaria, mi ha coinvolto in altre iniziative e quando mi ha proposto l'ultima, ho detto subito di sì. Poi ho parlato con la società e si sono messi a disposizione”, racconta Mudingayi. Per Bologna-Genoa i 100 fortunati (50 clochard e 50 profughi che vengono da Nigeria, Sierra Leone, Tunisia, Marocco) erano seduti in laterale B, accanto alla Curva Sud. Per riconoscerli tra il pubblico, uno striscione: "Piazza grande rossoblù. Grazie Mudi".
Dopo 90 minuti, il Bologna ha strappato un 3 a 2. “Ci hanno portato fortuna. Il nostro obiettivo era la salvezza ed è stata una giornata perfetta. Perciò per l'ultima in casa, se vogliamo vincere, dobbiamo farli entrare di nuovo”, continua Mudingayi ridendo. A fine match, è andato sotto la curva e ha lanciato la maglietta verso i "fortunati" tra gli applausi della gente. “Erano felicissimi, vederli così mi ha toccato molto”.
Alcuni di loro tifano Bologna, per altri è diventata la seconda squadra. “So bene che la loro vita non cambia guardando una partita, ma così almeno per un giorno avranno pensato ad altro. Magari da piccoli hanno sognato di fare i calciatori e poi non hanno avuto la mia stessa fortuna”.
Con alcuni clochard Gaby aveva mangiato e chiacchierato il giorno della befana. Anche allora l'idea era di Piazza Grande che ha organizzato un pranzo al Diana,ristorante della "Bologna grassa" di un tempo. A dicembre invece si era impegnato in prima persona per i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, facendo da testimonial alla campagna per il riconoscimento della cittadinanza. “Secondo me è giusto – spiega - perché se si cresce in un Paese, è difficile poi tornare in un altro che magari si conosce poco o in cui ci si sente stranieri. Non ti senti né di qua né di là”.
Lui ha lasciato il Congo quando aveva 7 anni. E si è trasferito in Belgio con genitori, sorella e tre fratelli. “Lì era più facile per noi ottenere la cittadinanza. Purtroppo in Africa la vita è difficile, soprattutto il futuro dei giovani è molto incerto, perfino per un calciatore”. A Kinshasa, Gaby non c'è più tornato. “Ma voglio farlo presto. Vorrei portarci i miei figli, il primo di 7 anni, l'altro di 8 mesi appena”.
Il centrocampista di colore è in Italia da nove anni e mezzo ed è questo il posto in cui lui si sente a casa. Non solo per aver sposato una ragazza di Formia. “L'Italia mi ha dato tutto, qui sono diventato un uomo. Gli italiani mi danno da mangiare e io gli dirò sempre grazie”.
Patrizia D'Alessandro