03/09/2011
Antonietta Di Martino.
Non aveva vita facile Antonietta Di Martino: partiva con poche gare nelle gambe, e quelle poche però con buone misure. Partiva con davanti due fuoriclasse assolute: Chicherova e Vlasic, accreditate di misure molto superiori alla sua e molto più alte di lei, cosa che nel salto in alto aiuta. Quel che è peggio partiva, da unica vera accreditata a una medaglia possibile a questo mondiale coreano, con sulle spalle una patria da salvare. Ma, come sempre, Antonietta Di Martino ha fatto quello che ci si aspettava da lei, non ha cercato scuse, nemmeno nel piede di stacco fasciato dentro la scarpa.
In questo Antonietta non assomiglia per niente all'altletica in smobilitazione che ha dovuto salvare, dove troppa gente da troppo tempo va in gara già arresa, senza sfidare il proprio limite alto o basso che sia. Antonietta invece il suo limite lo sfida sempre: se ci sono le avversarie si carica, se il gioco si fa duro ci sta, se ha in tasca un bronzo possibile a 1,97 non si accontenta di sperare che resti lì appeso all'errore di un'avversaria, va a prenderselo d'imperio a 2 metri, al terzo tentativo quando tutto diventa più difficile perché chi sbaglia va a casa. E a 33 anni se la gioca ancora come a 20 e non pensa mai che sia troppo tardi per tutto.
E' quello che ha fatto per tutta la vita, fin da quando hanno cominciato a dirle che quel suo 1,69 di statura non sarebbe bastato per saltare in cima al mondo. Antonietta quel limite non l'ha accettato, l'ha sfidato, cercandosi una tecnica di salto che l'aiutasse a superarlo. La sua carriera (un argento mondiale, un titolo europeo indoor, il record italiano 2,04 di quest'anno al coperto 35 cm oltre la sua statura, un differenziale che non ha nessuno al mondo) ne è la prova.
Ha tecnica e forza esplosiva ma quello che ha fatto di Antonietta Di Martino quella che è è soprattutto la sua testa, quella che le fa rifare il viaggio di Ulisse ogni volta: ogni volta le dicono che là ci sono le Colonne d'Ercole. E ogni volta lei non ci sta.
Elisa Chiari