27/03/2012
Da sinistra: l'ex allenatore dell'Inter Claudio Ranieri e il nuovo Andrea Stramaccioni (Ansa).
La notizia era nell’aria, che era aria ammorbata. L’Inter sconfitta dalla Juventus, Claudio Ranieri umiliato di nuovo a Torino, Ranieri che è un signore, lo dicono tutti, e dunque tutto deve fare fuorché l’allenatore di calcio, o almeno di questo calcio italiano. L’Inter ad Andrea Stramaccioni, romano come Ranieri, freschissimo vincitore, con gli Under 19 appunto dell’Inter, di uno strano torneo “new generation” disputato a Londra su campetti minori: chi dice una Champions League dei ragazzi, a inviti per 32 club attenti al settore giovanile, chi una faccenda senza alcuna ufficialità. Comunque l’Inter dei ragazzi ha perso contro il Tottenham (7 a 1!), ha battuto Marsiglia e Liverpool, ha vinto la finale con l’Ajax, in dieci e ai rigori.
C’era Moratti a vedere, abbracciare, sorridere, commuoversi, Moratti che non era andato a Torino per motivi di sicurezza. E che ha fatto la scelta: o altamente provvisoria o decisamente epocale, non si scappa.
Stramaccioni ha 36 anni, come giocatore è arrivato col Bologna depresso alla serie C, ha smesso per infortunio grave. Ha allenato la Romulea, in orbita Lazio, sino al titolo dei dilettanti, poi è passato alla Roma e ha vinto gli scudettini dei Giovanissimi e degli Allievi Nazionali. Un anno fa lo ha preso l’Inter, sottraendolo ad Arrigo Sacchi che stava per offrirgli la Nazionale Under 17.
La mossa di Moratti è populistica e saggia insieme, mica facile sia farla che proteggerla. Il problema è sapere se Stramaccioni avrà il tempo e il modo di lavorare. Speriamo di sì, temiamo di no. La Milano da bere è pronta a chiedere un mister all’altezza delle glorie nerazzurre: non per nulla si parlava di Guardiola, che sta a Milano sazio del suo Barcellona. Stramaccioni ha pure il difetto di costare stramaledettamente poco: e potrebbe addirittura portare alla prima squadra alcuni dei suoi ragazzi, anziché fare spendere milioni in giro, distribuendo anche percentuali ai furboni.
Moratti nel passato non ha mai brillato per coerenza, ma si deve anche dire che forse non aveva mai toccato come quest’anno quel fondo dal quale si può prendere la spinta per risalire.
Bisognerebbe isolare Moratti da Guardiola. E da Vilas Boas l’erede, molto presunto e molto presuntuoso, di Mourinho. E da Mourinho che a Madrid si sente poco creduto, a Milano è sospiratissimo. Bisognerebbe aiutare Moratti a capire, ad ammettere quello che molti sanno e quasi nessuno scrive: essere Milano il male, il problema che fra l’altro potrebbe presto disfare il Milan, Milano dove si è spostata la dolce vita dei calciatori (a confronto Roma è un convento), dove o sei uno Zanetti o ti perdi e comunque ti disperdi.
Forse il problema è troppo semplice. Non affascina, non diverte, fra l’altro. A Torino la Juventus risorge facendo fuori i divi, compreso fra poco Del Piero che comunque è il divo più serio di tutti, e Conte manda in campo una truppa più che una squadra, e sbattendo fuori i calciatori che la domenica sera vanno a Milano.
Auguri a Stramaccioni, col suo plebeo cognome da giochi di parole (il Milan fra l’altro ha un Ramaccioni dirigente storico). E’ persino laureato in legge, un possibile handicap per il calcio delle fate ignoranti. Personalmente noi pensiamo che l’allenatore sia in genere supervalutato, serva soprattutto per la stampa, per le pierre più che per il campo, dove fra l’altro è quello che vede meno bene la partita. Serve al presidente che si mette il fiore all’occhiello.
Il grande Nereo Rocco diceva: “Importante è che noi non si faccia troppi danni”. L’allenatore purtroppo non fa lui i gol, purtroppo fa spesso lui le scelte sbagliate. Pensiamo di contro che il preparatore atletico e casomai anche il maestro di vita sia sottovalutato: Stramaccioni potrebbe avere qualcosa di uno e dell’altro. Poi serve quello che individua i talenti in giro, quando costano poco. E quello che fa i talenti in casa, alla Stramaccioni.
Il mister spesso è tanta fuffa, come dicono a Milano. O come dice una certa Milano, che non è da bere e non la beve.
Gian Paolo Ormezzano