02/03/2012
A sinistra: il simbolo storico della squadra di calcio del Real Madrid, con la croce sopra la Corona del Re di Spagna, Paese da sempre fortemente cattolico. A destra: il simbolo dopo il "maquillage". E' sparita la croce per compiacere gli emiri con i quali il Real è in affari.
Si potrebbe scomodare
l'anima in vendita, e chiedersi se vale o non vale un Resort, ma siamo nel
pallone, e i colori sociali stravolti e rinnegati, in improbabili accostamenti
da trasferta in nome di una maglia venduta in più, la dicevano già lunga. Si
potrebbe scomodare il concetto di integrazione, di interrelazione tra culture,
ma parlare di cultura in un ambiente dove spesso la principale occupazione
intellettuale è rappresentata dalla playstation è quantomeno
sovradimensionato.
Fatto sta che il Real Madrid
ha scelto di eliminare la piccolissima croce che dal 1920
appariva sul suo stemma per non
correre il pericolo che rappresentasse un ostacolo alla costruzione di un
fantasmagorico impianto turistico miliardario nell'isola di
Ras-al-Khaimah degli Emirati Arabi Uniti. Stando alla ricostruzione del quotidiano spagnolo Marca, «i responsabili
del club hanno deciso di «prescindere
dalla croce che c'è sulla corona dello stemma per evitare in questo modo
qualsiasi tipo di confusione o di cattiva interpretazione in una zona con una
grande maggioranza della popolazione che professa la religione
musulmana».
Insomma una sorta di favore non richiesto, un
passo indietro sulla propria storia: la quintessenza dell'autocensura
preventiva.
Eppure quella croce, che prima di essere un
simbolo cristiano è parte dello stemma araldico della Corona di Spagna, era davvero un pezzo
di storia: il segno dell'investitura reale di Alfonso XIII.
Ed ecco il nuovo logo del resort con il marchio del Real Madrid già senza croce.
Ma il calcio non si pone di questi problemi: in
nome dei quattrini degli Emirati rinnega il proprio simbolo e in nome
dei soldi
degli abbonamenti non prende le distanze dai buuuu razzisti della curva,
senza preoccuparsi della contraddizione. Non c'è valore che non
soccomba a una
robusta iniezione di dollari, non c'è occhio che non si chiuda.
Quando qualcuno chiederà conto di quel favore non
richiesto al club madrileno, probabilmente, senza dire in latino che pecunia non
olet, scomoderanno il dialogo, senza sapere che viene dal greco dialégomai, "ragiono con", senza rendersi
conto che non si ragiona con nessuno e che non c'è spazio di integrazione, né di
dialogo, dove si rinnegano le proprie radici senza conoscere le radici degli
altri.
Ancora meno disconoscendo, nel trasformare il "politicamente
corretto" in "politicamente ignorante", quel che nelle radici c'è di
comune. Se gli arabi pensassero di cancellare le loro tracce dalla
Spagna, per
non urtarne la sensibilità, cancellerebbero un numero di parole
significativo
dal vocabolario castigliano e abbatterebbero una quantità imprecisata di
palazzi meravigliosi. Ma questo chi contratta nel pallone non lo sa:
guarda il
mondo da un rettangolo di prato e non conosce architettura al di fuori
degli
stadi.
Elisa Chiari