20/02/2011
Arianna Follis con la sua medaglia d'oro.
Addirittura terza, soltanto terza, normalmente terza l’Italia nel medagliere dei Mondiali di sci alpino a Garmisch, Germania. Un oro, due argenti e tre bronzi, dietro all’Austria (4-3-1) e alla Francia (2-1-1, l’oro doppio conta doppio), ma davanti a Stati Uniti e Svizzera, tanto per stare al Gotha consolidato.
Un candidato alla successione di Alberto Tomba: è altoatesino, ha 24 anni, si chiama Christof Innerhofer, tre medaglie, ha vinto nel supergigante, è arrivato secondo nella discesa e nella supercombinata. Da Peter Fill e Manfred Moelgg (slalom) altri due secondi posti, da due altri altoatesini. Il bilancio femmnile salvato come “presenza” nel palmarès da Federica Brignone mezza milanese mezza valdostana, figlia di Ninna Quario che fu azzurra fortissima, seconda a sorpresissima nel gigante. Un grosso progresso rispetto ai Giochi olimpici del 2010 a Vancouver, Canada, dove soltanto all’ultimo giorno Giuliano Razzoli, emiliano, fece “esistere” la squadra italiana, con una medaglia d’oro nello slalom.
Il bilancio azzurro di uno degli sport sino a poco tempo fa tra più popolari nel Bel Paese è buono, ma ci sembra giusto affrontare un discorso più vasto: quello appunto della popolarità, nel senso che ormai tutte le discipline sportive, in Italia, a parte la Formula 1 che vive in un pianeta suo, il pianeta Ferrari, e in speranzosa attesa che nasca il pianeta Ducati con il suo abitatore Valentino Rossi, sembrano impegnate in una guerra di sopravvivenza economica e psicologica e se si vuole anche sociale. E questa guerra viene combattuta da tutte esse, però assolutamente non unite, contro il calcio.
Lo sci patisce la Crisi cosmica, che è anche crisi di turismo bianco e di industria della neve, i campioni eventuali, embrionali di oggi non possono certamente essere seguiti, coccolati, foraggiati come quelli di ieri, i guadagni di un Innerhofer fanno ridere di fronte ai guadagni di Tomba. E i gornali dedicano sempre meno spazio allo sci (quello nordico poi, lo sci di fondo, sembra sparito, e pochi si sono accorti che nei giorni di Garmisch una italiana che si chiama Arianna Follis vinceva nella Repubblica Ceka il titoloo mondiale di sprint).
Sul piano caratteriale, mediatico, popolaristico Innerhofer è personaggio semplice, e fa dunque parlare assai meno di Tomba, anche se il suo italiano grattugiato (è di madre lingua tedesca) suona quasi sempre più consistente dell’allegro ma scombiccherato italoemiliano dell’Albertone. Gareggia per le Fiamme Gialle, non è assolutamente allineato al separatismo della sua provincia (Bolzano), non canta l’inno di Mameli perché è stonato e non conosce bene le parole. Dicono che avrebbe un avvenire se facesse il tronista, a noi sta benissimo così. Ma per gli sponsor ricchi non basta, e pare che senza sponsor ricchi ormai nessuno sport possa garantire ai suoi adepti una vita grassa, grossa, insomma speciale e invidiabile, tale da calamitare attenzione ed anche emulazione.
Pochissimo dopo la conqusta dell’argento mondiale nello slalom da parte di Moelgg accadeva a Verona che un calciatore del Milan, Robinho, segnasse un gol al Chievo, gol decisivo per il successo rossonero e dunque la felicità del presidente Berlusconi, aiutandosi con la mano, e nell’immaginifico sportivo questo evento sembrava da subito prenotare tutte le discussioni della domenica e anche della settimana, insieme se si vuole con l’uso della mano fuori area di Buffon in telediretta all’ora di pranzo: espulsione giustissima, Juventus messa sotto dal Lecce. Due colpi di mano, sul palcoscenico dell’interesse, del calcio contro i giochi di gambe dello sci, per prendersi tutta la scena. Sembra un divertente gioco di parole, purtroppo non è così.
<Abbiamo tanto sport che insiste, resiste, vince o comunque si comporta bene. Abbiamo un ciclismo che si fa male col doping ma riesce a conquistare in un anno (il 2010, massì) due grandi corse a tappe su tre, ma ormai pure quelli della bicicletta sono al confino dell’interesse ed anche degli interessi, che sono un’altra cosa. Ma si vuole accorgere qualcuno che, quando è di scena il calcio, e più che mai se con teletrasmissioni dirette cattivanti, quelli degli altri sport nostrani appaiono, sul video che è poi il posto vero della vita, dimessi e quasi dismessi, con la faccia di chi sa che tanto delle loro eventuali performances non importa quasi niente a quasi nessuno? Ma non avete mai notato che quando c’è, mettiamo, in televisione il festival di Sanremo, che è poi un omologo del calcio per la diretta generalista, festaiola, le altre dirette su tulle altre televisioni sono piene di facce stanche di chi sa che sta parlando per nessuno, per niente?
Gian Paolo Ormezzano