Sei Nazioni, grande Italia

Il migliore Sei Nazioni da quando l'Italia ha cominciato a partecipare. L'impatto dell'allenatore francese Brunel.

17/03/2013
(foto Reuters).
(foto Reuters).

L’ultimo sigillo per un grande Sei Nazioni. Il più bello, da quando l’Italia c’è sbarcata. Due successi, come già accaduto una volta in passato. In più, gioco, entusiasmo, solidità, le prerogative giuste per guardare al futuro con rinnovato ottimismo. L’Italia ovale è diventata grande, come altre volte in passato, Stavolta di più, dimostrando di poter camminare a braccetto con le migliori. Cuore e gioco, volontà e schemi. Un pomeriggio di gioia, a testimoniare la crescita.


L’Italia chiama, il pubblico risponde. Un magico pomeriggio romano. Con l’Irlanda, la prima vittoria, almeno a livello di Sei Nazioni. E alla fine, il cielo è sempre più blu, come cantano gli oltre 74mila dell’Olimpico, sulle note di Rino Gaetano. E’ finita così come era cominciata: il secondo successo, dopo quello al debutto, contro la Francia. La Francia e l’Irlanda, che ci toccheranno pure alla prossima Coppa del Mondo. Il sorteggio ce le ha messe di fronte, l’Italia ha fatto in modo da mandar loro più che un avvertimento. Il futuro è azzurro, il messaggio che arriva dall’Olimpico. Una prova di maturità, quello contro i verdi d’Irlanda. Troppi esami falliti, quando ci si attendeva il salto di qualità. Come con la Scozia, dopo il trionfo con la Francia. Sembrava un tarlo, uno di quelli che ti impediscono di crescere. Grande Italia, quando partiva da sfavorita. Piccola Italia, quando la bilancia del pronostico era in equilibrio. Non più, adesso. Prima, la bella prestazione di Twickenham, mettendo paura all’Inghilterra, in disperata trincea nel finale. Poi, il successo sull’Irlanda, a conquistare il quarto posto in classifica (solo per differenza punti con la Scozia, a pari punti con gli azzurri), mai così in alto nella storia del Sei Nazioni. 

Una chiusura coi fiocchi per Andrea Lo Cicero, guerriero di più di cento battaglie, all’ultima recita in azzurro e acclamatissimo dalla folla, all’inizio quando è entrato in campo per primo, poi alla fine al momento della sostituzione. “Ho chiuso da Barone”, il suo commento, in linea con il suo soprannome di una vita da pilone. Un grande gruppo, quello degli ultimi anni. E un nuovo condottiero, l’uomo della svolta, Jacques Brunel, a conferma che sono i francesi a saper tirar fuori il meglio del rugby italiano. Alla fine, s’è tuffato nella festa. E s’è lasciato andare: “Tra due anni, lo vinceremo noi, questo torneo”. E avanti, con elogi per tutti: “Abbiamo una grande squadra e un grande pubblico”. E’ lui, l’uomo nuovo. Alla seconda stagione, il capolavoro. Se l’Italia è una grande squadra (parole sue), con grandi giocatori (su tutti, capitan Parisse, senza dimenticare guerrieri come Castrogiovanni e Zanni), lui è il valore aggiunto. 

Monsieur Brunel l’ha presa un anno fa, la plasmata, le ha dato identità e gioco. Una nuova mentalità, per non restare fermi: gioco da proporre piuttosto che da subire, per crescere partita dopo partita. I risultati, la logica conseguenza di questo mix vincente: ottimi giocatori, grande allenatore, mentalità (finalmente) vincente. Prestazioni eccellenti, in occasione dei test-match autunnali. E ora, il miglior Sei Nazioni di sempre. Con un roseo futuro in vista. Senza dimenticare il contorno, importante anche quello. Oltre 200mila spettatori all’Olimpico per le tre sfide casalinghe del torneo, dopo i pienoni delle sfide internazionali dello scorso novembre. E adesso, arrivano nuove sfide. Allargare una base qualitativamente eccellente, continuare a scalare le classifiche mondiali. Il Sei Nazioni appena chiuso, un ottimo viatico. Il migliore di sempre, per guardare al futuro con fiducia massimale.

Ivo Romano
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