28/06/2012
Paulo Bento, ct del Portogallo, consola Cristiano Ronaldo dopo l'eliminazione da Euro 2012 (foto e copertina Reuters).)
La Spagna è finalista del quattordicesimo campionato europeo, gioca adesso per il titolo contro la vincente di Germania-Italia, impone alla conclusione della semifinale la sua magnanimità di lombi (campione europea uscente e campione mondiale in carica) con rigori chirurgici, ma patisce per 120 minuti, dunque tempi supplementari compresi, il Portogallo.
Anzi patisce Cristiano Ronaldo, stella portoghese del Real Madrid spagnolo, Cristiano Ronaldo che da solo terrorizza la più portentosa macchina da gioco degli ultimi tempi, cioè la Nazionale delle Furie rosse.
A proposito: al via della competizione, la Spagna era nel girone con noi, e la Germania stava con il Portogallo, dunque sono quattro semifinaliste espresse da due gironi, da metà cartellone, il resto sparito.
La Spagna era favorita, la Spagna è in finale, la Spagna però non è più la Spagna. Il gioco a tocchetti brevi e secchi del Barcellona ha contagiato tutti e intanto si è come avvitato su se stesso, è diventato prevedibile, gli stessi suoi autori sono sembrati stanchi o stufi di applicarlo. Non diverte, ecco, se non porta spesso e facilmente al gol. Sacrifica il bomber, tiene in panchina marcantoni che una volta facevano eccome i centravanti.
Stiamo enfatizzando e radicalizzando, ma per evidenziare meglio la situazione. Chiaro che il grande gioco spagnolo di questi ultimi tempi non può essere messo in discussione da una sola partita.
Diciamo, ecco, che adesso ci divertiremo a vedere come il grande calcio mondiale tutto saprà elaborare la dilagante imperante barcellonamania e farne un verbo definitivo, ancorché non perentorio ed unico, invece che accettarla e praticarla come una simpatica altrui magia di passaggio.
Il Portogallo, eliminato ai rigori dopo una forte bella partita, ha giocato alla spagnola ma con stile portoghese,meno orpelli più sommarietà. Viene il sospetto che noi italiani si stia giocando alla spagnola però con stile nostro e dunque nostri accorgimenti, nostri adattamenti.
Cosa vuol dire giocare alla spagnola restando se stessi? Vuol dire riscoprire, riamare, riprivilegiare il passaggio corto, il calcio ricamato, ma non farne la sola ragione di una partita.
Così almeno scriviamo dopo il successo della Spagna sul Portogallo, dopo la delusione personale di Cristiano Ronaldo il grande, e prima dell’irrompere di considerazioni assortite, variegate, gratuite o doverose su cosa vuol dire una Spagna che non segna più come e quando vuole.
Gian Paolo Ormezzano